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Il risotto svelato ha la sua stella. I fratelli Costardi da Cinzia

venerdì, 18 Dicembre 2009 di

svinando

Certo, sembra facile e banale: oggi mi va di mangiare qualche risotto. Dove vado? A Vercelli. Sì, ma c’è un problema. A Vercelli c’è il riso, ma non il risotto. E perché? Perché non esiste un ristorante o trattoria o osteria, insomma non c’è un cristiano, ma neanche un ateo o un buddista che ti facciano un risotto decente. La storia è lunga, lunghissima, ma facciamola breve: ci vuole uno/una che sta lì su un fuoco con la casseruola e si danna per 12-14-16 minuti mentre magari la trattoria è piena e devi fare altre cento cose e il caposala ti guarda male ed il cliente del tavolo 9 si è rotto di aspettare il suo stufatino con polenta che vivaddio, pensa lui, l’avranno anche già cotto da un po’ e quindi che ci vuole a scaldarlo e a metterlo in un piatto?

Era un dialogo che facevo io maffi con maffi medesimo, passando dal vercellese e diretto nel Piemonte più pieno; il maffi pusher di montres (orologi da polso, che avete capito?) che voleva soddisfare il maffi drogato di risotti. Insomma alla fine, dopo qualche tentativo finito a mangiare malconsigliato in posti innominabili e che nemmeno ricordo, rassegnato dovevo aspettare di tornarmene a casina e farmelo per conto mio, un risotto da otto carnarolato o nanetto. Almeno un du’centcinquanta grammini da dopatura totale: milanesa, parmesan, mascarponato in pieno inverno, creste di gallo e vino rosso se il Piemonte appena visitato mi lasciava voglia di sè, tartufatissimo a fine novembre; con le verdurine in primavera se stavo a dieta (oh, ma sempre du’centcinquanta però), fiori di zucca e gamberoni se mi sentivo ricco.

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Torniamo a Vercelli, ai risotti, ad oggi: www.hotel-cinzia.com, in cucina i giovani fratelli Costardi, Christian&Manuel. Stanno in un hotel, vintage come dicono loro, ben strutturato e con tutte le necessità odierne. Non ci ho dormito e quindi non ve ne parlo. Ma sembra affidabile, lindo e a prezzi equi. La sala ristorante è bellina, curata il giusto. Quindi si sta bene e non disturberà la mia gola, concentrata sul chicco, non quello londinese. Tento di svicolare da ogni pre-tentazione ma è impossibile. La lista, i percorsi del menu sono tentacolari e ti avvolgono di voglie supplettive. Decido per una lingua di vitella piemontese e la sua frutta di mostarda e poi mi concentro sui 25, diconsi venticinque, risotti presenti nella carta. Mentre rischi di non scegliere, le due assistenti di sala mi portano un bel bicchierozzo di champagne Thienot, una crema di patate (di alajmoniana memoria), nero di seppia e baccalà mantecato, golosissima.

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Questi sono matti, mi vien da pensare, ma matti veri. Se qui entrano 25 clienti ed ordinano 25 risotti diversi, Christian glieli fa. Uno così può essere solo pazzo, di quella meravigliosa pazzia data dall’età, dall’incoscienza e da quella giusta presunzione di sé che ne fa l’ottimo cuoco stellato che è. Qui si va dalla panissa classica a quella scomposta (ma l’ho gustata e meravigliosa a casa di un “vecchio” signore a pochi km da qui e ancora ne ho il gusto sul palato), al creativo Arborio con prosecco, rosmarino, limone e taleggio, al Martini bianco e pepe estremo di Sarawack con carpaccio di spigola ed emulsione alla rucola e mille altri, con incontri direi non sensazionali ma sensitivi.

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Arriva poi la lingua, buona ma non stupefacente e la sua mostarda di frutta , lavorata alla cremonese. Io, cresciuto a biberon e mostarda a Quistello, preferisco quella mantovana. Poi Christian mi omaggia pure di una animella, croccante il giusto, salsa al marsala, spinacino, pinoli ed uvetta: ragguardevole. Da un Barbera Massolino, solo buono, passiamo ad un Gisep Massolino Riserva sicuramente più consistente. Sul versante cibo si affaccia un Foie gras al vapore, granella di frutti secchi, mela e salsa al passito. Un boccone che stuzzica.

Ecco finalmente i risotti: ecco qui i lor signori. Me ne sono pappati 4. Saranno pure mezze porzioni, ma divine. 1. Riso carnaroli al coniglio e foie gras, crema di formaggi piemontesi e riduzione di vino. 2. Timballino al tartufo e toma. 3. Risottino al Parmigiano Reggiano di montagna, coscia di quaglia e salsa al Barbera. 4. Carnaroli allo zafferano, liquerizia e baccalà mantecato.

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Erano equilibratissimi, perfetti nelle cotture, accostamenti e nettezze di sapori, ricercati e non contradditori. Forse solo quella benedetta liquerizia stava un pelo sopra le righe parallele dello zafferano e del baccalà mantecato. Forse.
Poi, tanto per non pensare che qui si mangi solo riso, arriva una bella co(s)toletta avvolta nell’impanatura. Di Cazzamali e molto buona.
Insomma, ragazzi. È un luogo dove tutti gli amanti di quel benedetto chicco devono assolutamente venire. Non importa se partiate dal Manzanarre o dal Reno. E poi magari la carta potrebbe riservarvi ulteriori splendide sorprese.

Il fratellino Manuel mi costruisce una panna cotta perfetta ed una sfogliatella con ricotta di bufale di Paestum, ben conosciute, che gareggerebbe con quelle di alcuni colleghi stellati campani.

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Forza, fratelli Costardi, avanti così ed anche meglio se riuscite. Applausi!

Ps: avrei speso 90 euri, se Christian, forse affascinato dalla mia gola e dal piacere provato nel vedermi così felice, non mi avesse fatto un bello sconto…..

Hotel Cinzia. Corso Magenta, 71 – 13100 Vercelli. Tel. 0161.253585

G.M. Foto: Francesco Arena/Scatti di Gusto