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Al Palio di Siena c’è un posto per il Ministro Brambilla

sabato, 14 Agosto 2010 di

Metti un ministro a cena…dove ? Ma ovviamente a Siena, l’unica città al mondo che riserva il tavolo d’onore al cavallo!

Il ministro lo sa che il 16 agosto si corre il Palio dell’Assunta, altrimenti non ne avrebbe parlato, ma si evince dal suo dire che non sa tutto. D’altronde lei va in vacanza in Provenza… e allora facciamo un riepiloghino.

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A Siena è tutto pronto: la piazza del Campo con i “palchi” (le tribune dove siedono contradaioli e spettatori), il tufo sul quale correranno i cavalli (reso tecnologico per la loro tutela), i fantini che sono ben allenati e i popoli che si riconoscono nei rioni delle 17 contrade, sia delle 10 che prendono parte alla Carriera, sia delle 7 che stanno a guardare aspettando l’anno 2011 per poter nutrire speranze di vittoria.

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E a proposito di nutrizione, ogni sera saranno ben oltre 30mila le persone che si metteranno a tavola lungo le strade illuminate e addobbate a festa che sono il cuore vivo e vitale di ciascuno dei 17 rioni: un miracolo mica da niente, che due volte l’anno si rinnova in occasione del Palio, ma che – spenti i riflettori – prosegue con toni più intimi e familiari.

Ecco, lasciando a scrittori ben più titolati la descrizione di cosa sia il Palio di Siena (Adriano Sofri su Repubblica del 12 agosto in primis), qui ci vogliamo soffermare sull’aspetto ludico/gastronomico/enologico della Festa.

Così che il Ministro sappia, perdindirindina!

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A cena in contrada si va sempre, quando c’è “la terra in piazza” o durante l’anno quando i rumori del Palio sono lontani. E non si mangia carne di cavallo, sebbene il cavallo non sia come il panda un animale in via d’estinzione e sebbene altrove la carne di cavallo venga servita a tavola. A Siena proprio no, impossibile: sarebbe cannibalismo i cavalli son più esseri umani degli umani, qui i nostri figli hanno il nome dei cavalli, e mica per scherzo!

Accade poi che nei giorni del Palio (dal 29 giugno al 2 di luglio e dal 13 agosto al 16 agosto) le cene diventano anche colazioni e pranzi perché nel rione di fatto si vive e arrivano anche coloro che stanno lontano, si riunisce la famiglia e come nella migliore tradizione italiana si riunisce a tavola.

La famiglia dei contradaioli della mia contrada conta oltre le 5 mila unità. Non è che sono tutti presenti, però le file si ripopolano quando rullano i tamburi e sventolano le bandiere e aumentano di conseguenza i coperti!

Si aprono così 17 cucine megagalattiche, e ogni sera, un gruppo di volontari che nella vita fa altro (dall’operaio al primario ospedaliero; dalla commessa alla magistrata), si occupa di preparare la pappa per tutti gli altri della sua contrada o per gli amici che simpatizzano o comunque per coloro che di persona vengono a vedere che cosa sia questo Palio di Siena.

Si perché prima di parlare, come afferma Stefano Caffarri uno dei migliori critici gastronomici italiani, bisogna provare.

Ergo, bisogna conoscere. E in questo caso, per i ministri e per i non senesi, è cosa buona il sedersi a tavola in contrada, ascoltare, mangiare, bere, ascoltare, parlare e ascoltare chi fa della contrada una cosa viva, vera, unica.

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Il Palio inizia di fatto con l’assegnazione dei cavalli in sorte (29 giugno e 13 agosto), momento clou ricco di pathos ed emozione che avviene verso l’ora di pranzo.

Ovvio che la sera prima le cucine sono già in movimento, perché i contradaioli sono già lì che attendono che la fortuna dipani i loro destini.

Quindi si fa un “cenino” benaugurale e si prepara la “trippa” per l’indomani mattina.

Dovendo saltare il pranzo ci si premunisce e si fa una bella colazione: la mattina dell’assegnazione dei cavalli, l’appuntamento in contrada è intorno alle ore 7, e si servono trippa (piatto tradizionale preparato con frattaglie), acciughine sotto pesto, uova sode e bomboloni caldi (una specie di brioche fritta e ripiena di crema pasticcera detta “bombolone” esattamente come il cavallo favorito “il bombolone”, ovvero quello che galoppa forte, inutile sottolineare il senso propiziatorio di tale ipercalorico e gustosissimo dolcetto).

Niente cappuccino. Chianti.

Sopravvivono e partecipano solo i più forti. Io, confesso che passo. Non ce la faccio proprio.

Poi nei quattro giorni della Festa si sussuguono pranzi e cene…anche aperitivi visto che in tempi moderni si è affermata la moda dell’happy hour, in genere vino, qualche Campari, i più trendy moijtos.

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Per andare a mangiare in uno qualsiasi dei rioni bisogna prenotarsi. Questo per permettere a chi è di servizio in cucina di mettere al fuoco le quantità giuste di cibo. Un po’ come accade in famiglia quando, per cortesia e garbo, si comunica alla mamma se siamo a casa per desinare o cenare, oppure no. Il pranzo a dire il vero è meno regolamentato, talvolta si butta la pasta e ci si contenta; la cena invece ha una sua liturgia e prevede un antipasto, un primo, un secondo e un dolce tutto espresso, fresco, hand made insomma. Le bevande sono incluse e generalmente si tratta di acqua e di chianti docg, con etichetta che indica il dove, come e quando della bottiglia che si beve e che democraticamente è uguale per tutti i commensali. I prezzi sono popolari e ci si attesta tra i 10 e i 20 euro a cranio, a seconda di quanto sia elaborato o meno il menù. Si tratta di un contributo per il rimborso della spesa. Un po’ di più invece costa la cena della vigilia, cioè la cena che segue la prova generale, ovvero la corsa di prova dei cavalli che si svolge in Piazza del Campo la sera prima di ciascun Palio (1 luglio e 15 agosto).

Per l’occasione c’è anche chi si veste elegante prima di prendere posto a tavola. E’ una cena dove il capitano, il priore (massime cariche del governo che ogni contrada elegge democraticamente) e il fantino di turno fanno le loro promesse e i loro auguri per l’indomani. Ci si emoziona, si canta, si mangia anche… ma è il cibo diventa un fatto decisamente trascurabile e secondario.

Il clima di attesa abbraccia tutti e qualcuno ha lo stomaco chiuso…peccato, perché anche l’accuratezza con cui si prepara il menù della cena della prova generale è massima, e nonostante si apparecchi per qualche migliaio di persone, in contrade come la mia (mi si permetta il patriottismo) non si bada all’economia: si mangia nei piatti di “coccio” e si beve nei bicchieri di vetro non di carta. Come dire…si tira fuori il servizio “bono”, mica bazzecole eh!

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Il giorno del Palio poi di mangiare non tutti hanno voglia.

Mangia solo il cavallo seguito da un’equipe veterinaria che gli misura anche le calorie. Il fegato insomma, lo rischiano i senesi, mica gli equini!

Poi c’è la corsa e dopo che quei tre giri sono finiti si aspetta che il sangue riprenda a girare e intanto si commenta: chi ha perso si lecca le ferite e talvolta la cena è solo quella. Chi ha perso in maniera meno eclatante ci sta pure che abbia fame prima o poi e allora arrabatta un piatto di pasta in fretta e furia, mangia in piedi o come viene, oppure (ma questo accade nella mia contrada, casa mia) si ferma lo stomaco con lo “zipillo” (panino del giorno ormai raffermo con dentro un affettato toscano). Chi ha vinto (beato lui!) di mangiare non ha certo voglia! Si dedica a un brindisi senza fine che si protrae fino al mattino. E il vino scorre a fiumi.

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In caso di vittoria, ad esempio, nella mia Chiocciola la “Fontanina” antistante la chiesa (che normalmente getta l’acqua con cui vengono battezzati “chiocciolini vita natural durante” i piccoli nati nel rione, con un rito assolutamente profano che però per il senese ha una sua totale sacralità), versa vino tutta la notte. Ed è gratis per chiunque ne abbia voglia.

Perché condividere la vittoria in un gioco dove chi vince non ha premi se non la gratifica dell’onore, ma paga tutti gli altri, non ha prezzo, è una soddisfazione che fa venire i brividi al solo pensiero, pura libidine!

Come si faccia festa nelle altre contrade non lo so. Non intendo manco saperlo, perché io penso alla mia. E basta. E a Siena vince uno solo, gli altri perdono tutti!

Però so che in tutte e 17 le contrade la cena della vittoria, la più bella e attesa di tutte le cene, vede “sedere” a tavola, in un posto d’onore il cavallino vittorioso, unico protagonista di questa corsa dell’anima.

Perché la vera durezza del Palio sta nel fatto che questo è un gioco che diventa vita vera: si vince e si perde, si sbaglia e si indovina, si cade e ci si rialza e si procede sempre guardando al futuro come una sfida da vincere, nonostante tutto. Qui si impara che la vita è bella e vale la pena di essere vissuta totalmente, gioie e dolori compresi nel prezzo. E va gustata a piccoli sorsi come un buon rosso DOCG.

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E allora ministro, anche a Palio terminato, venga a cena in contrada così che non abbia più a dire cose che con la festa senese proprio non ci combinano niente. Se cerca di me, è ospite mia. E stia certa che uno zipillo e un “gotto” di vino c’è anche per lei.

Perché ricordi: prima provare, poi parlare.

(Sonia Corsi.  Fiera contradaiola della Chiocciola, senese orgogliosa, giornalista di necessità. Non troppo buongustaia a dire il vero… ma si sa, nessuno è perfetto!)

[Immagini: perbo.it, Simeone Huber—Stone: Getty Images, societaonda.blogspot.com, Studio Lensini, contradadellachiocciola.net, il Giornale]