mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

A belli!!!!! O degli chef e delle Guide dei ristoranti 2011

domenica, 10 Ottobre 2010 di

Il progresso è diventato una sorta di “gioco delle sedie” senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed esclusione irrevocabile. Invece di grandi aspettative di sogni d’oro, il “progresso” evoca un’insonnia piena di incubi di “essere lasciati indietro”, di perdere il treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta. (Zygmunt Bauman. Modus vivendi)

Il vagone mi dondola incessantemente, gli effluvi di un pranzo non leggerissimo dal Picchi mi tengono compagnia, nell’incessante campagna italiana. Guardo fuori dal finestrino che da Firenze mi riporta a Roma e penso…

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Sarà che è fresca la memoria delle parole di Matteo Renzi, giovane sindaco che questa città l’amministra, e bene. Saranno le citazioni di Croce dal palco di oggi che mi risuonano nelle orecchie (cosa consigliare ai giovani? Invecchiare). O magari l’immagine bellissima e fresca di un’Italia vincente, Niko Romito e Pier Giorgio Parini emozionati e belli sotto il palco prima della premiazione (pranzo dell’anno e miglior emergente). Sarà quelchediaminevolete, ma non mi sento troppo bene…

Mi torna in mente la frase di un grande (Pablo Picasso), ci si mette molto tempo a diventare giovani e penso che purtroppo questo nostro paese non è un paese per giovani!

Un paese per vecchi, bloccato e stanco. In cui nessuno vuole cedere il proprio posto per diventare un Maestro, per ritirarsi in una atarassia epicurea, ma invece restare incessantemente sulla palla. Nel mondo i maestri hanno quarant’anni, sono snelli e in forma, affascinanti nella loro giovanile saggezza. Hanno il mondo ed il futuro in mano, come Obama o i giovani Milliband.

Da noi, invece, a quarant’anni sei un ragazzo (sigh), da poco lontano dalle gonne di mamma, lo resti a cinquanta e magari sessanta e a settanta ti trovi ancora nel pieno dell’agone. Manco nell’unione Sovietica dei Soviet. In questo paese bloccato, la nuova cucina italiana, sta faticosamente trovando con le sue forze una apertura. Una leva con cui forzare anche la diffidenza dei più conservatori.

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Massimo Bottura, con la sua Francescana ha il fisique du role di un maestro, di un apripista. Un magnifico quarantenne in maglia di Margela e Sneakers ai piedi, deliziosamente brizzolato. Rappresenta bene una maniera alternativa di grandezza a quella gommata transalpina e ai suoi scimmiottamenti italici. Lo diciamo spesso su queste pagine, l’idea di lusso e di eccellenza sta cambiando, con fatica e lentamente tra mille incomprensioni e difficoltà, ma inesorabilmente. È il senso del tempo che lo richiede e quando l’ora scocca sapete la novità? Non c’è niente da fare… Magari sarà un poco più difficile (e diamine se lo è!), ma inarrestabile.

Massimo è l’apripista di una generazione di cuochi, che per la prima volta stanno veramente facendo gruppo, al di là di invidie e gelosie. Che hanno capito dove risieda il contemporaneo e la modernità. Un gruppo appunto, i nomi sono sulla bocca di tutti: Gennarino Esposito, Mauro Uliassi, Niko Romito, Pino Cuttaia, Norbert Niederkofler, Max Alajmo (solo per citare i primi che mi vengono in mente), dietro di loro altri giovani e bravissimi come Parini, Fossaceca, Agostini, Spadone, Vitale ecc, e poi ancora giù giù in una filiera che raccoglie una cucina italiana che si sta fondando su una maggiore sostanza e una minore polvere di stelle, su una aderenza al territorio, ai prodotti, alla ospitalità, ai saperi: in una parola Heimat. Un movimento tellurico lento e inarrestabile che riguarda tutti, dal vertice alla periferia, dal ristorante pluripremiato alle moderne gastrotrattorie, non c’è confine ne limite. È tutto un unicum inscindibile e potente. Non importa se qualcuno non capisce, se ancora si cerca di giustificare tutto e il suo contrario… sono moti di reazione e conservazione inevitabili.

Il dado è tratto! Non è il momento di mediazioni, di inviti alla temperanza e alla pazienza, come ascolto sgomento di qua e di là. È il momento per agire e schierarsi, per cercare quella potente innovazione che almeno in questo campo sembra possibile. Non è una questione di poltrone e posizioni da difendere, ma di essere contemporanei e pronti! E, talvolta, persino generosi come si confà ai maestri 😉

Il mio treno è arrivato a Roma, ora scendo…

Foto: Elisia Menduni