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Un marziano a Roma/5 Il Goccetto hic! et nunc

mercoledì, 20 Ottobre 2010 di

Non immaginatevi un luogo di culto, quasi asettico, dove ci sono persone che assaggiano in silenzio. Il goccetto somiglia più ad una bolgia dantesca (D. Cernilli, Memorie di un assaggiatore di vini)

Solo Qwerty, poteva non conoscere il Goccetto! Sapete lui viene da Alfa Centauri… E uscito soddisfatto da Armando e bighellonando lungo le vie di Roma viene incuriosito dall’allegro vociare di questa piccola bottega.

Pochi locali hanno segnato la storia del bere come questo piccolo vino ed olio nel cuore della Roma barocca. Incastonato in una via defilata tra la Chiesa Nuova, piazza Farnese e via Giulia, dal 1981 sta lì. Al Goccetto è cambiato poco o nulla in questi anni: malgrado la fama e il successo (ininterrotto) è rimasto sempre lo stesso nello spirito e nella forma. I cambiamenti in realtà ci sono stati eccome, ma sempre discreti, per conservare quello spirito di immobilismo che tanto piace a patron e clientela.

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In un palazzetto che è un gioiello, firmato Antonio da Sangallo una bottega che ha il sapore di una volta: la vecchia insegna vino e olio, sembra uscita da un film di Magni (anche se è stata dipinta da poco da un giovane pittore tra i più in evidenza. Il soffitto a cassettoni affrescati è vincolato dalle Belle Arti. Dentro legno, marmo e scaffali pieni di vino, che tappezzano letteralmente tutte le pareti da terra a soffitto. In esposizione, e pronte per essere assaggiate, il meglio dell’enologia italiana al gran completo e un’attenta selezione di vini francesi e dal mondo. Ma soprattutto tanta gente con il bicchiere in mano, sembra quasi di essere in una vecchia stampa di Roma Sparita del Pinelli.

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A vederlo alle otto di sera, ora dell’aperitivo romano, mai diresti che questo negozietto sia stata l’università del vino romana. Al bancone della mescita si sono formati tanti degustatori e appassionati: in un’età romantica in cui ancora si beveva free, prima di etilometri e consumi consapevoli. A questi tavoli sono nate le prime edizioni della guida dei vini d’Italia Slow Food e Gambero Rosso, si sono succeduti giornalisti, produttori, appassionati e semplici beoni. Sergio tiene banco e smista i bicchieri senza fretta, apparentemente impermeabile al simpatico casino che gli sta attorno, ma invece attento e partecipe. Si perché la vera differenza in questo posto la fa il suo personale divertimento, la passione con cui dopo tanti anni ancora fa questo lavoro, con l’aiuto della moglie Anna complice di vita e lavoro.

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Se sarete fortunati e non c’è troppo casino, potreste mangiare qualcosa, non pensate chissà quali piatti cucinati: qui siamo nel prototipo dell’enoteca, prima che divenissero ristoranti mascherati, prima delle zuppe o polpette scaldate al microonde. Da mangiare solo formaggi italiani selezionatissimi, salumi di vaglia, sottoli golosi e qualche preparazione tra cui spicca la strepitosa tiella di Gaeta, sorta di pizza rustica con i ripieni più vari di pesce e verdure, il cibo è una scusa al servizio del vino.

La vecchia lavagna indica le proposte a bicchiere, mai meno di una cinquantina, che ruotano frequentemente. Seguendo la mescita ci si può fare un viaggio nell’Italia enologica e seguendo le chiacchere scherzose intorno al bancone un master di degustazione. Ma non aspettatevi un luogo serioso o barboso, in realtà è una bolgia dantesca, molto divertente e per nulla paludata, dove le battute ciniche e romanesche si intrecciano a discorsi sulla fermentazione spontanea o sulla freschezza di un vino. Dove tra una cojonella e l’altra, si possono avere più spiegazioni che in un’intero corso di degustazioni.

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Insomma quello che dovrebbe essere il vino, e che è stato per anni: Dioniso! La scusa per una convivialità divertita e piacevole. Poi sono arrivati i consumatori critici, gli intellettuali del girar bicchieri, i declamatori di profumi, gli Einstein della vite, i difensori mascherati del terroir o del vitigno secondo bisogno e hanno fatto del vino qualcosa per marziani. Se siete di questa pasta, non sedetevi qui. Non è il posto per voi, rischiereste di veder smontate (tra lazzi e piriti) le vostre olimpiche certezze. Se invece cercate la cultura orale dell’osteria, il divertimento colto di una bottiglia di vecchio nebbiolo o di montepulciano firmato è il posto per voi. Sedetevi al banco, guardatevi intorno, ordinate un bicchiere dalla formidabile mescita e chissà…

Foto: Vincenzo Pagano