mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

Black Mamba. Vino biodinamico, che bello avere torto (ogni tanto)!

giovedì, 10 Marzo 2011 di

svinando

Qualche tempo fa esordivo su questo web magazine con un post dal titolo: “Perché il Sangiovese mi piace sempre meno?” La scorsa settimana, invece, mi sono lasciata trascinare in una discussione (avvincente a dire il vero!) che nasceva da una personale ammissione. Per sommi capi, suonava così: sono refrattaria ai vini ossidativi e tengo a debita distanza il vino naturale o biodinamico, quando fa scopa con l’ideologia perché non amo in generale la difesa di posizioni ideologiche solo in quanto tali. Bevo il vino che mi piace, se poi è naturale, biologico o biodinamico lo scopro dopo, non voglio riconoscere il metodo nel bicchiere. Molte riflessioni su Scatti di Vino sono state giustamente avviate da un post bellissimo di Paolo Trimani di alcuni mesi fa dal titolo “Naturali o gasati”, di argomento decisamente attuale. Senza sentire la necessità di ribadire che sono protettrice della laicità e non solo nel vino, ma come atteggiamento generale nella vita (concetto che ho chiarito più volte) prendo spunto dalle recenti discussioni per concludere che nulla ha più intima bellezza dell’avere torto e io spesso ho torto, è uno dei miei talenti inutili. Ne ho avuta chiara persuasione l’altra sera al Goccetto di Roma, la mia mescita di elezione, dove mi rifugio spesso e volentieri alla ricerca di vino buono, in santa pace, con facce amiche (e amici veri più delle facce!) e dove, non di rado, Sergio Ceccarelli, mi insegna qualcosa che non sapevo. Sergio questa volta mi ha fatto provare un vino che non bevevo da almeno tre anni, il Chianti Classico di Querciabella. Ho assaggiato l’annata 2008…Biodinamico! Ah Ah!

Principiamo col dire, per fugare ogni dubbio e riagganciare il monito del mio amico Crotalo il quale ricorda: i vini buoni sono quelli che finiscono, che fra una chiacchiera e l’altra con Anna e Sergio, mi sono scolata quasi due bottiglie da sola. Questo vino è perfetto, pulito, netto, tipico e riconducibile al suo territorio. Ha un frutto generoso mai sovrabbondante, elegante, gestito con una maestria che mi ha riportato ad altre grandi bottiglie di Querciabella, come Camartina, che è un bel vino e meriterebbe di essere ricordato più spesso. Il Chianti Classico Querciabella 2008 è un Sangiovese fuoriclasse, un esempio di equilibrio perfetto fra struttura, acidità, alcolicità e aggiungo beva, perché la bevibilità di un vino è un canone di preferenza, secondo me, con buona pace della curva sud.

In un attimo solo ho fatto pulizia di tante polemiche fra naturali o gasati, per dirla con Trimani che vi invito a rispolverare su Scatti di Vino, e ripensandoci, quest’anno mi sono imbattuta in grandi vini che per un verso o per l’altro si inseriscono nella categoria naturali. Bourgogne Coche Dury 2001, bevuto da Massimo Bottura all’Osteria Francescana di Modena, fantastico ed è solo il vino base, diciamo. Dovrei evitare la citazione di vini abruzzesi perché sono stata tacciata di simpatie eccessive nei confronti dell’Abruzzo, quando invece credo sia molto più serio arginare i dubbi e lasciare spazio a chi non dimentica una regione che solo due anni fa è stata messa in ginocchio da un terremoto devastante e che sta tuttora pagando il prezzo di una terribile calamità naturale contro la quale nulla possiamo (ahinoi quanto siamo piccoli!) Parlo di un’economia messa ko i cui effetti sono ancora in pieno corso, e di una stampa, che spreca quintali di carta per parlare di Ruby relegando l’Abruzzo all’oblio, dimenticato da tutti, come se nulla fosse successo, …Black Mamba, a tal proposito, taglia le polemiche, si fregia di infischiarsene e parla ancora una volta di un vino abruzzese: Montepulciano d’Abruzzo Valentini 2006, un gigante…Fatevi sotto stavolta, se ne avete il coraggio!

Valentini 2006 mi ha accolta alla Reserve di Alessandro Bocchetti, uno dei centri termali più belli d’Italia, dove ovviamente Black Mamba non si reca per fare trattamenti ma per partecipare a degustazioni (Très chic!). Ricordo volentieri quella sera dello scorso mese di Luglio. Sono partita da Roma dopo acconcio aperitivo da Roscioli, ascoltando Franck Zappa a tutto volume, col navigatore più sbronzo di me che mi ripeteva di fare inversione a U senza una vera ragione (cosa che ho compreso per prove ed errori solo dopo 18 tentativi…Quindi la mia intelligenza è inferiore a quella dei topolini di Spitz!) Mi sono persa fra gli orsi marsicani i quali non parlano (non so se lo sapete) e in situazioni come questa raggiungono il loro massimo grado di inefficienza e inutilità. Un cinghiale con aria saccente mi ha fatto cenno in una direzione, ma io, da quella perspicace che sono, fissando il suo sguardo e reputandolo infido (se c’è una cosa che ho imparato nella vita è a non fidarmi dei cinghiali!) ho preso la direzione opposta e dopo 7 ore sono arrivata a destinazione…Ora che ci penso a mente fredda, non senza autocritica, concepisco la remota possibilità che il cinghiale non avesse tutti i torti. All’arrivo gli amici mi attendevano con la bottiglia aperta, a quel punto sufficientemente ossigenata e mi sono imbattuta in un vino spaziale e la morale di questa storia è che né orsi, né cinghiali hanno chiara percezione di quale orribile condanna sia l’essere astemi. Peggio per loro!

Premesso che Francesco Valentini rifiuta qualsiasi etichetta di produttore di vini naturali e si considera un tradizionale ( ma io dico che lui è Valentini e basta!) mi sovviene una riflessione alla quale non posso sottrarmi. Come devo considerare il fatto che questi vini mi piacciano molto? Devo inserire il dato nel registro delle anomalie o ripensare il mio punto di vista sui vini naturali? Se dico che Querciabella è molto buono, devo di conseguenza mettere in crisi il mio punto di vista generale? E’ più facile deformare il giudizio sul caso specifico, no? Lo chiedo anche a voi: esiste uno stilema? Non è facile darsi una risposta, forse è vero che non esiste il vino buono per come è fatto, non è il metodo che decide. Anzi, aggiungo che il metodo non voglio nemmeno riconoscerlo. Non posso giustificare un difetto con la naturalità, un difetto è un difetto e quindi il vino non mi piace. Querciabella non ha difetti, è solo molto buono! Nelle grandi opere, se ci pensate, il metodo è nascosto. La città di Venezia è stata fatta deviando il fiume Po, pensate che opera incredibile! Ma voi dinanzi a sì tale meraviglia dite che è bella e basta, avete solo una percezione estetica ed estatica. Il metodo non si vede, si dimentica e io penso che questo dovrebbe valere anche per i vini.

Tempo fa da Settembrini a Roma ho riassaggiato la Malvasia di Skerk, accidenti che vino! Una malvasia istriana del Carso che stupisce per quanto sia cristallina in barba alla macerazione sulle bucce che in genere non amo. Vino asciutto, dove si sente la roccia, cioè il suo territorio. Attenzione, ho detto il “suo territorio”, che è diverso da dire “il territorio”. Quando bevo Barolo Brunate Le coste di Giuseppe Rinaldi, sento la sua terra. Lo stesso potrei dire, volgendomi al sud, di Es di Gianfranco Fino, tradizionale, quindi al confine con la definizione di naturale ( che in fondo continua a non convincermi) ma prodotto con viticoltura rigorosa e attenta nonchè lieve mano in cantina. Per me questi sono vini eccellenti, mi piacciono e li bevo. Il metodo, mi riguarda ma solo dopo essermi accorta della bellezza di quel vino. Come a Venezia, tale e quale!

Temo che questa faccenda del vino naturale in Italia sia prevalentemente un problema di marketing e per questo non mi convince. Il buono non è detto che abbia a che fare col giusto…La natura nasce storta, sono gli uomini che la raddrizzano. Violentare il naturale per forgiarlo…Occhio Confucio, perché mi devi un Crodino!

Amici, assaggiate il Chianti di Querciabella 2008 se non l’avete già fatto e sentite cos’è. Che bello non aver paura di avere torto!
Parola di Black Mamba!