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4 | Vinitaly live blogging. Le nuove degustazioni di scattidivino

domenica, 10 Aprile 2011 di

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La serie Franciacorta con esperimenti di Uberti

Il tuffo in una delle serie più… serie e insieme divertenti della Franciacorta. Uberti è così. La serafica affabilità dei coniugi patron contiene una volontà che muoverebbe un pianeta. E in un certo senso, lo ha fatto. Senza spender troppe parole, ecco i vini:

Brut: approcciabile e giusto appena “liqueurato”, ma già gradevolissimo. 2 scatti.

Extrabrut: fa festa già dal naso, più incisivo, meno coperto. Anche qui c’è apporto, ma la sua limitazione allunga la beva, paradossalmente, limitando un filo la dimensione orizzontale. 2 ½

Rosé: vinoso e più estrattivo, com’era attendibile, ma freschezza in bocca più di quanto t’aspetti, che bilancia e chiude come si deve. Appena incipriato in finale di beva. 2 scatti abbondanti e in progress.

Magnificentia 2006: il naso è quel che t’aspetti e ti ricordi in questa fase da questo vino, ma stavolta (sarà effetto 06?) la beva è leggermente più austera, piena, ma di spina dorsale dritta, già in linea. Un Magnificentia atletico e insieme fine. 3 scatti e ½.

Comari del Salèm 2005: la “reserve anglaise” di Uberti sa di sale. Ma non come lo “pane altrui”, così amaro per l’Alighieri. Qui lo Franciacorta nostro (confesso che a casa da anni una boccia non manca mai, aperta però con retard programmato di 18 mesi almeno sull’uscita ufficiale) sa di netta bolla italica di classe. Agrumi maturi e miele di zagara, frutta secca di sfondo e… Quasi 4 scatti, conquistabili con buona verisimiglianza.

Sublimis 2004: la crescente tensione a “più tempo e lieviti”, salita consapevolmente negli anni in casa Uberti, trova un primo rampino forte (in attesa dei due futuribili 5 e 10 anni… “solera”, il primo dei quali, vendemmie 2002-2006 in cuvée, atteso tra circa un anno al debutto) si sostanzia nella avvolgenza a bolla bassa (ma coerente, sensibile) di questo vino. Mandorle, fiori, miele (buono e tanto), e gentilezze. 3 scatti amabilissimi, per persistenza anche mezzo scatto in più.

Anteprima ‘5 annate’ (nome non deciso): 100% legno grande in fermentazione ed elevazione. E che bel trailer per un progetto che mette insieme le idee e la storia dell’azienda, e testimonia (meriterebbe un’etichetta apposta!) la caparbia tenacia di chi la conduce, illuminata però da una tensione alla qualità che ormai non ha ombra di dubbi a velarla. Non diamo scatti. Solo un segnale… 🙂

Ps in corso d’opera anche prove di fermentazione “naturale” su singole annate e piccole cuvée con lieviti spontanei. Ho assaggiato qualcosa. Vi terremo informati.

(A. Paol.)

Il Trebbiano che cresce

Lo confesso sono di parte! Questo vino l’ho visto nascere, seguito e studiato, come un bambino ai primi passi, poi prendere sicurezza e incedere sicuro. Il Trebbiano Vigne di Capestrano di Valle Reale, un bianco autoctono della montagna abruzzese, da fermentazione spontanea e non filtrato per preservarne tutti gli aromi. La ricetta è semplice, uva di prima qualità, altitudine e intervento dell’uomo ridotto all’osso ma vigile e costante. Il risultato è un trebbiano che ci colpisce ogni volta per integrità e finezza. Il millesimo 2009, ancora in vasca, è molto promettente, ancora in viaggio come giusto che sia, ma già interessantissimo e fiorito al naso. All’assaggio poi i consueti toni tostati, tipici del vitigno, insieme a profumi di Prato e di fiori selvatici. Colpisce la pienezza della beva. 3 scatti immaturi in forte e rapida crescita.

(A. Bocch.)

Champagne storici

Parliamo di una maison storica in Champagne: Joseph Perrier, Cuvée Josephine 2002, ultimo millesimo uscito. Il vino è ricco di struttura e fine in bocca, con note elegantissime di frutti bianchi, pesca e susina. In bocca è lunghissimo e con un’acidità fresca e aggraziata. Una grande complessità per uno Champagne forse dimenticato, ma meraviglioso e che ho riscoperto con immenso piacere. E’ distribuito da Banfi, quindi certamente avrà una forte ripresa sul mercato italiano, visto che Banfi ha una rete distributiva formidabile. Grande bottiglia e grande millesimo! 4 scatti

(C. Lauro)

I vini ‘in’ di Elio Grasso

Ancora Langhe e ancora Barolo… da Langhe in. E’ la volta di Elio Grasso, un’azienda familiare e sempre in prima linea in Langa. Mi piace questa cantina austera e di antica cortesia. La batteria dei nuovi vini dal Dolcetto 2010, fino ai più blasonati Barolo è interessante e valida. Il Nebbiolo Garavini 2010 ancora in vasca sembra molto promettente, già buono ma in bottiglia si farà. Il Garavini Chiniera 2007, al naso molto tipico e integro, aromi di rosa e mentolati. Austero e scabro. In bocca è elegante e sottile, i tannino sono vivaci ma composti. Una beva molto langarola e piacevole. Rinfrescata da una nitidezza di frutto interessantissima. 3 scatti abbondanti

(A. Bocch.)

Un Amarone naturale Puro e Sincero nel prossimo futuro

Tenuta Sant’Antonio è un’azienda della Valpolicella, a conduzione familiare, nota per l’Amarone Campo dei Gigli, vino che ha ricevuto i massimi riconoscimenti dalla critica di settore a livello mondiale. Ora in cantina stanno iniziando a eliminare tutte le sostanze chimiche come i sali ammoniacali e la solforosa aggiunta. Quindi vengono sostituite le sostanze di natura chimica con sostanze di natura organica derivate dal lievito. Ciò comporta un abbattimento dei residui pesticidi, delle ammine biogene e il risultato è l’espressione dell’uva nel bicchiere senza sostanze chimiche. Sono quindi vini naturali caratterizzati da una buona longevità oltre all’eccellente espressione del frutto. Ho provato il Sincero 2010, vino bianco da uve di Garganega 70% e 30% Chardonnay. Bottiglia con etichetta provvisoria. Vino fruttato, freschissimo, minerale con acidità ben equilibrata. E’ molto definita e chiara l’espressione dell’uva, grazie a questa riduzione di interventi chimici.Un vino molto agile che costa circa 12 euro in scaffale. Poi ho provato il Puro 2010, vino rosso da Corvina, Corvinone, Rondinella e Croatina, quindi un Valpolicella. Ancora in botte grande, uscirà l’anno prossimo, ma lo segnalo perché è un vino molto buono, morbido e accattivante per la freschezza. La nota vegetale e il suo frutto, tipico e riconoscibilissimo, libera espressione della sua identità. L’azienda porterà tutta la produzione su questa direzione di vini naturali.

(C. Lauro)

Stregati dal Barolo

Rapida incursione in Piemonte, per assaggiare i vini di Brezza. Uno dei produttori che al momento più mi appassionano in Langa. Ricordo ancora il loro Nebbiolo che nella degustazione di scatti ci impressionò per piacevolezza.

Una sicurezza i vini di Brezza, uno stile tradizionale, ma privo di rusticità, molto caratteristico. La batteria ci colpisce nel suo complesso dall’immediato dolcetto San Lorenzo 2010, via via sino al complesso Barolo, la ricetta è sempre quella rispettosa delle tradizioni: lavoro attento in vigna, lunghe macerazioni, legni grandi e una mano in cantina poco invasiva, ma il tutto vestito di una moderna pulizia e fragranza di aromi e sapori. Ma quello che più ci ha stregato è  Barolo 2007 Bricco Sarmassa, al naso profumi frizzanti e balsamici, netta la menta tipica dei barolo di casse, poi vira su un tono floreale e struggente. In bocca austero e intenso, buon corpo e struttura, il tannino è vivo e integrato nel corpo. Ancora giovanissimo, già buono ma diventerà buonissimo. 3 scatti verso i 4

(A. Bocch.)

Colazione con parmigiano e Lambrusco!

Fino a qui tutto bene, diceva quel tizio cadendo dal settimo piano, poco prima di toccare il terreno. Noi continuiamo e apriamo la quarta giornata veronese. Il clima è più fresco e iniziamo dal candido padiglione emiliano. Lo stand Vita, Unione di produttori privati d’eccellenza lungo la via Emilia.

Colazione dei campioni, con mortadella dolce e sublime e una selezione di parmigiano da sballo che conclude con un eccezionale 110 mesi del caseificio Santa Rita sull’Appennino modenese, un esplosione di gusto, prima la forza e poi la delicatezza, persistente e intenso, in bocca non finisce più di viaggiare, indimenticabile! Ma sono qui per assaggiare i vini della nuova avventura di Christian Bellei, che inaugura la cantina della Volta. Un pezzo di storia del lambrusco, siamo impazziti per il suo metodo ancestrale, un vino che flirtava con la rusticità in una maniera sublime. Oggi ci affascina molto il suo Rimosso 2009, Sorbara rifermentato in bottiglia, una delizia: al naso profumi frizzanti di frutto e una fresca nota erbacea assai piacevoli, all’assaggio molto netto e affilato, il frutto è preciso e nitido, l’acidità è netta e piacevole, un bel Lambrusco efficace, perfetto sulla mia colazione. 2 scatti + secchio per la piacevolezza. Occhio a questa cantina fortemente voluta da Christian che riesce a conciliare modernità e tradizione con una ricerca della pulizia e nettezza che strabilia e rende giustizia di tanta retorica sulle rifermentazioni in bottiglia.

(A. Bocch.)

La Puglia da mettere in evidenza

Ogni Regione, ogni area, ogni Consorzio o quasi, tenta, al Vinitaly di interfacciarsi non solo con il business in ogni sua forma e incarnazione, ma anche ovviamente con i media e critici specializzarti. Tra le più originali e divertenti delle metodologie escogitate, ecco quella della Puglia. Tavolini “one to one”, di qua un produttore con due vini scelti a suo giudizio insindacabile per rappresentarli, di là un critico che li assaggia e, faccia a faccia, senza astanti o intermediazioni, chiede e “risponde”, dando il suo giudizio. Una sorta di “clinic” che ha il doppio risputato di far conoscere meglio e memorizzare (al critico) singole aziende e aree particolari di produzione, e al vinnaiolo, oltre, nel migliore dei casi, a qualche indicazione operativa, anche una preziosa “carota” sul modo in cui le sue creature, ai suoi occhi indiscutibili, potranno essere valutate quando saranno “lanciate” nel mondo.
Dal “mio” round di clinic, ecco allora alcuni vini, uno per produttore, che hanno intrigato me, e penso valga segnalare.

Franco Di Filippo è produttore a Trani. Giovane come attività, iniziata nel 2005. Ma il suo Estasi 2007. Moscato di Trani Doc, da pergola pugliese a due tralci, terra di tufo e calcare, grappolo serrato e acino puntellato rosso ruggine, primi appassimenti fine agosto, due vendemmie per avere tutti i livelli di freschezza e di appassimento, raccolta finale fine ottobre-primi novembre, manuale, 12 euro franco cantina, 16-17.000 mezze bottiglie prodotte, due anni in acciaio, sei mesi i bottiglia, Cina, Usa Inghilterra tra i clienti e in Versilia un piccolo feudo nei migliori locali, sorprende e convince. Impressioni gustative molto buone, finale amarognolo come da copione, freschezza e acidità sufficienti, piccolo alcol di sottofondo. Naso un po’ vegetale, mentre il retro palato è lungo e burroso, farcito di albicocca frutta tropicale, fiori gialli. 2 ½ scatti larghi.

Da Ferri, invece, che lavora a Valenzano, alle porte di Bari, da dove ai tempi della fillossera in Francia partivano stravagonate di Primitivo dirette lassù, arriva un centrato rosato, il Rubeo, da uve Nero di Troia (prezzo: 4 euro, più scoutistica, per i professionisti!). Ovviamente fa solo acciaio, sta sulle fecce fini 3 mesi, lavorato con batonage. Ha ph 3,20 e si sente, regala pulizia e freschezza,non è particolarmente floreale, ma netto e soddisfacente insieme. Triglie, moscardini, polpo lo aspettano e ringraziano. 2 scatti. Buono anche l’ambizioso rosso Oblivio, stessa uva, altra solfa. Ne riparleremo.

Ha faccia giovane e cuore e vigna “antichi” in quel di Nardò la Schola Sarmenti, 40 ettari tra proprietà e affitto, ex fornitori di cantina sociale, oggi produttori indipendenti grazie all’apporto esperienziale di uno di famiglia riemerso da un lungo lavoro di operatore in cantine altrui. Qui la vite è ad alberello, con sistemazione a sesto antico e irregolare, basse rese esasperate dalla vendemmia verde. Punte di 80 anni d’età, media a 35, per i vini top a 65 anni. Tipo l’Artetica, allevato per 8 mesi in tonneau, 70% Primitivo e 30 Negroamaro, sapidità, il fiore del primitivo, la frutta, anche il legno, ma senza eccessi, 2 scatti pieni. E un filo di più considerato il prezzo (5,90 più iva) il Doc Riserva 2006 Nerìo, 80% Negramaro e il resto Malvasia Nera (il veecchio uvaggio delle vigne miste di lì), due anni in acciaio, una spolverata (sei mesi) di legno, tannini medi, calore intenso, buon frutto,finale mandorlato.

Castel di Salve ha la cantina più a sud d’Italia e la vigna più a Est. Un doppio record per questa label che opera a Depressa, dalle parti di Tricase (ma non lo è affatto) e appartiene alla famiglia Winspeare, quella (tra gli altri) di Edoardo, regista e attore. E’ creatura nuovissima (2010) l’Armecolo, campione di vasca chhe mi viene proposto, Negroamaro da vigna vecchia rinfittita a 5700piedi per ettaro, lavorato in criomacerazione a 5° pulito, sapido, acido, ciliegioso, 3 scatti sfiorati e meno di 6 euro più Iva a boccia. E sale anche oltre il Cento su Cento, Negroamaro 2008 fermentato in ambiente chiuso (solfidrica) sul cappello, 15° di allcol che non sfondano in beva, vigne di 35 anni 45 quintali di resa per ettaro, lieve surmaturazione, che normalmente non ci attizza, e qui ci sta. 10 euro al pezzo.

Nome di lusso, poi per Li Veli, l’azienda di Puglia che ha visto aoprodare gli ex tycoon di Avignonesi i Falvo. Qui, tra Cellino e Campi, da uve Susumaniello (mezzo ettaro di alberello sistemato a settonce) si tira fuori un Salento Igt che fa acciaio e nove mesi di tonneau (ma un 20% barrique) che stupisce per acidità drastica, profumi… nordici, e sapore che non t’aspetti. 2 ½ e mezzo secchio: tutto per 6 euro…

Infine, Mocavero, solida realtà di Arnesano (Salento pieno), 35 ettari ad alberello in buona parte, Negroamaro tra i 40 e i 50 anni le piante più vecchie, vigne trattate senza diserbo. Quattro generazione al lavoro, ora due ragazzi giovani e il papà a fare squadra in campagna, producendo anche olio, frutta, ortaggi. Da un’impostazione ragionevolmente tradizionale viene su il Curti Russi, assaggiato in versione 2007 (prezzo 5 euro!). Negroamaro in purezza dopo rinuncia al blend con Primitivo, 30.000 bottiglie di un vino leggermente scabro, ma poi fuso al fondo, non “spalmato” di legno, solo otto mesi di ofndenza in grandi botti storiche da 30 e 50 hl. L’80% va all’estero (Germania, Svizzera, Canada, Usa) e chi lo compra… non è fesso! 2 scatti pienissimi.

(A. Paol.)

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