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Black Mamba. Allarme! Un Borgogna sotto i 40 euro non è vero amore!

giovedì, 05 Maggio 2011 di

L’altro giorno a passeggio per il centro di Roma ho incontrato un amico che si aggirava spaesato e depresso, con quell’aria drammatica di chi era sopravvissuto a una catastrofe di fronte alla quale i suoi affetti più cari, purtroppo, non ce l’avevano fatta. A me sembrava sull’orlo del suicidio, cosa che ho scoperto, di lì a poco, essere dovuta al fatto che non aveva trovato posto dal barbiere.

In virtù di una solida amicizia, ho sentito il dovere di dargli una speranza, uno spiraglio di luce, con un sorriso, una battuta idiota che di solito mi riesce bene, qualunque cosa, pur di restituirgli quella porzione di gioia che il suo barbiere gli aveva ingiustamente sottratto. Così, senza troppi giri di parole, l’ho trascinato in un’enotechina (badi bene il lettore, perché il suffisso è importante!) dove non avevo mai messo piede prima (e ora so anche il perché) e dove mi hanno suggerito un vino rosso di Borgogna a me ignoto (e anche su questo, adesso, ho una spiegazione che mi soddisfa) al costo di 45 euro. Una porcheria, ovvio! Dopo aver sfiorato l’ipotesi alternativa di rientrare a casa per seguire in TV un’interessantissima partita di Pelota Basca (uno sport veramente intelligente, il mio preferito che vi invito a scoprire se non ne siete già invaghiti) mi sono lanciata in una sintetica quanto efficace riflessione: adoro la Borgogna, ma posso berla solo quando è grande, se non lo è, non ne sento la necessità.

Le gioie vere me le hanno date solo i giganti. Domaine Leroy, D’Auvenay (grandissimi Puligny Montrachet e i bianchi in genere) Rousseau, Leflaive, coi suoi bianchi spettacolari, insieme a Comtes Lafon. Domaine Ponsot, D’Angerville, Coche-Dury, Henri Jayer, il mio preferito, se avete la fortuna di trovarlo e quattrini a sufficienza per saldare il conto.

Poi altri ancora, secondo lo stile elegante, unico e meravigliosamente riconoscibile che è la cifra dei grandi vini francesi, soprattutto di questa zona. Quante volte, tuttavia, per seguire i suggerimenti di consiglieri novizi, mi sono imbattuta nella Borgogna minore, quella sotto i 40 euro e che delusioni! Che voglia di bere italiano, accidenti!

Diciamo la verità, la Borgogna dal punto di vista climatico è una zona sfigata, solo in Champagne riescono ad avere inverni più freddi. In questa regione il vino è un’invenzione, non esisterebbe se non forzosamente. La vite in Borgogna necessita di molte cure, va accudita con diligenza e rigore perché se potesse scegliere, se ne starebbe altrove. Sempre più frequentemente mi capita di avere a che fare con appassionati che impazziscono (ma forse mentono) per alcune denominazioni regionali: Bourgogne, Hautes Cotes de Beaune, Hautes Cotes de Nuits…Tutta roba che fino a pochi anni fa era perfetta per lucidare le argenterie e oggi improvvisamente rivalutata, riscoperta con una dose di entusiasmo che, francamente, non mi convince.

In Borgogna i vini negli ultimi anni sono più spessi, più grossi e concentrati, ma ricondurre le cause ancora una volta al cambiamento climatico, divenuto oramai il maggiordomo cinese, è troppo facile ma soprattutto non spiega. Penso a bottiglie che ho aperto negli ultimi mesi e non mi sono piaciute. Ricordo Fourrier, a Gevrey Chambertin, Paul Puillot a Chassagne Montrachet, oppure Raphet 2008, provato poche sere fa con Maurizio di Roscioli e Paolo Trimani, entrambi concordi con me nel riconoscere un’interpretazione rigorosa dell’annata ma con un risultato un po’ anoressico, scarno, povero. Una specie di Monprivato in Borgogna che quindi non mi piace. Io in genere non amo i vini dei negociants e dico che il vino in Borgogna è buono solo quando è grande, quindi costoso. Anzi, è unico, il migliore, ma non è facile che venga buono. Si fa presto a dire Borgogna, per me sotto i 40 euro non è vero amore. Quindi bevo italiano e lo faccio volentieri.

Parola di Black Mamba!

Foto: armadillobar.blogspot.com, Gérard Lecomte/photos.linternaute.com,
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