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Guide dei vini, radical chic o nazionalpopolari. E tu di quale club sei?

venerdì, 16 Settembre 2011 di

Corrono in questi giorni le anticipazioni sulle guide 2012 di bocca in bocca. Chi saranno i trebicchierati? E le chiocciole di Slow? Le eccellenze dell’Espresso? e così via in un valzer di nomi e etichette, a chi la spara più grossa. I nomi si sanno già. In buona parte, sono già stati comunicati ai produttori e la macchina commerciale è già in movimento. Ancora pochi giorni, forse ore e gli enotecari, ristoratori e poi via via tutti sapranno tutto.

Più che le previsioni ci divertono le manie e i piccoli vezzi del mondo enologico italiano. Sempre più il mondo degli enoappassionati si divide in club, in stili che assecondano questa o quella pubblicazione.

Parliamoci chiaro: il resto del mondo, la maggioranza delle persone se ne infischia! Approccia il vino seguendo come sola bussola un nome divertente o un prezzo giusto, la confezione invitante o lo status. Insomma tutto tranne i criteri con cui ci muoviamo noi fissati della bottiglia, che continuiamo allegramente a danzare sul Titanic incuranti che l’iceberg si avvicina.

Siamo sempre più presi dalle nostre manie, dai nostri riti, senza accorgerci che sono importanti solo per un piccolissimo gruppo. Intanto il mondo beve meno, peggio e vi sfido a trovare un ventenne che consideri il vino una cosa giusta e non una mania per matusa. Ma a noi cosa importa, ci interroghiamo su lieviti, portainnesti, terreni calcarei, mineralità e autoctoni, seguendo l’ultimo vezzo e l’ultimo strillo.

Non conosco un’altra nazione dove gli appassionati siano così divisi in riti e manie. In tribù con le proprie regole e fisime, assolute e irrinunciabili e con i propri testi di riferimento. Quali sono:

  • Tendenza Slowine. Siamo nazionalpopolari e insieme seminali, insomma una specie di Baricco in letteratura. Non ci accorgiamo in realtà di essere terribilmente mainstream, indecisi tra la chiocciola ai soliti nomi e i vini di nicchia. L’icona del territorio sopra tutto e tutti, in una idea di naturalità molto convenzionale e generalista, un poco dopolavoro ferrovieri.
  • Tendenza Espresso. Siamo i veri radical chic del vino. Il culto della nicchia e del produttore nascosto, ma questo soprattutto nelle zone importanti, nelle altre zone una tendenza pericolosa a privilegiare vini dalle maturazione spericolate che flirtano con la surmaturazione e rossi potenti e concentratissimi. In realtà molto più anni ’90 di quanto non crediamo. Insomma tra Carlotto e Cappelli.
  • Tendenza vini buoni. Lo famo diverso. Praticamente ci piace quello che non piace agli altri. I nomi sono gli stessi, ma magari i vini scelti diversi. Dietro l’adesione assoluta agli autoctoni si nasconde un desiderio di diversità ad ogni costo e anche di riconoscibilità. Tra Fabio Volo e Aldo Busi.
  • Tendenza Gambero Rosso. Cerchiamo una difficile alchimia tra mercato e qualità e coltiviamo l’ambizione di essere generalisti, ma il rischio è di essere solo commerciali. Come è e non è (lo so sono di parte) la sola tribù fatta per il consumo. Tra Ammanniti e Faletti.
  • Tendenza Duemilavini. La guida dei sommelier, un target preciso e netto. In giacca nera e taste de vin d’ordinanza. Le scelte sono solide, mai troppo ardite, ma istituzionali e classiche. Non cerchiamo sorprese e avanguardismi, ma la sicurezza di stappare la bottiglia giusta al momento giusto. Insomma tra Bevilacqua e Tamaro.
  • Tendenza anarchica. Quelli che le guide so tutte un magna magna, che tanto lo sappiamo che i premi si comprano. È chiarissimo quello che non sopportiamo (tutto) meno quello che propongono (poco). Di solito piccoli produttori sconosciuti che non appena vengono individuati da più di dieci persone, passano di moda. Tra Corona e De Luca.

Un giochino che ci ha assai divertito, tra gioco e realtà, da non prendere troppo sul serio, ma neanche sottovalutare. E voi di che partito siete? Qual è la tendenza SdG?