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Grandi bottiglie. Oenotheque ’73, La Passion Haut-Brion ’55, Gruaud Larose ’45

lunedì, 10 Ottobre 2011 di

svinando

Ci sono ristoranti classici dei quali vado pazza e uno di questi è senza dubbio il Principe Leopoldo di Lugano, sulla Collina d’Oro che si sporge sul lago.

Al Principe Leopoldo il servizio è quello di una volta, delle grandi scuole, dei maitre d’hotel e della sommellerie esperta che non segue le mode e non desidera imporre ma suggerire. Semplicemente perché sa. Diffido dei novizi che dopo il terzo livello al corso per sommelier presumono di insegnare cosa si deve bere e come farlo, perché ne consegue la rapida diffusione di un gusto modaiolo, forse informato, ma di certo poco formato. Per conoscere bene il vino bisogna prima di tutto bere, come ci insegnano i grandi maestri…Io poi ho esagerato nel prenderli alla lettera, ma questo è un altro paio di maniche.

La cantina qui è storica e pregiata. Non di rado Gabriele Speziale ci ha suggerito annate di grandi vini che non avevamo ancora provato. E’ stato lui a mettermi la pulce nell’orecchio su Dom Perignon Oenotheque 1973, dopo avermi vista bere alcuni altri millesimi. A seguito di un botta e risposta con un lettore di questo blog, uno che fatica a trattener le risa indipendentemente dall’argomento in questione (bontà sua!), ho intervistato Antonio Paolini che sapevo aver partecipato recentemente ad una verticale di questo grande Champagne, il quale non ha fatto altro che alimentare la mia curiosità.

Tant’è che al Principe Leopoldo, pochi giorni fa, ne abbiamo provata una bottiglia con sboccatura del 2006. Amici, questo champagne è fantastico! Ha una struttura di grande importanza con un perlage ancora integro e possente. A dire il vero qualche lieve sentore di ossidazione, nient’affatto spiacevole, si iniziava a percepire. Tant’è che il nostro commento è stata più che altro un’ammissione: a degustazione coperta, per questa caratteristica, lo avremmo avvicinato a un Krug, che in genere tende più allo stile ossidativo. Direi comunque che si è trattato di una bevuta eccellente, anche se confermo l’annata ’75 in vetta alle mie preferenze sui millesimi di Oenoteque che ho provato. La trovo più elegante, più aggraziata. Una dea.

A seguire Claudio Recchia, un altro valido esempio di alta professionalità (e di simpatia, come notazione personale) ha aperto, non senza un visibile impegno, un paio di tappi tutt’altro che agevoli e devo ammettere di essere rimasta a bocca aperta dopo l’assaggio dei vini che ci ha presentato.
La Passion Haut-Brion 1955 e Gruaud Larose 1945. Il primo è uscito di scena da parecchi anni, pertanto vi parlo di una bottiglia introvabile.


La Passion Haut-Brion ha necessitato di una decina di minuti di ossigenazione nel bicchiere (al bando i decanter! ) prima di esprimere la sua indubitabile maestosità. Evidentemente affumicato, tannino compiuto con una spina acida ancora percettibile a renderlo miracolosamente giovane. E’ incredibile cosa riescano a fare i francesi pur di mantenersi floridi! L’ho adorato per parecchio tempo nel bicchiere, prima di farlo mio.

Gruaud Larose è un 2ème Cru Classé, di St. Julien. Ricordo di aver assaggiato lo scorso anno il 1928 dalla collezione privata di Maurizio Paparello in una magica serata in cui quel geniaccio tirò il collo fra gli altri anche a un Talbot ’45 che, ovviamente, assaggiavo per la prima volta. Perfettamente integro, con spiccati sentori di spezie, una complessità manifesta all’olfatto, acidità e freschezza (pensate un po’!) armonizzate in una bocca ricca, dalla grande struttura tannica e perfettamente matura.

Grandissimi vini, amici. E’ stata una giornata davvero speciale, in una cornice tradizionale di tutto rispetto. A me piace questo tipo di ristorazione, soprattutto se la misuro con alcune espressioni odierne del “nuovo” che avanza e sul quale personalmente stenderei un velo pietoso. Purtroppo devo dire lo stesso anche di alcuni vini. Sarò antica, ma la penso proprio così!

E mi raccomando, non dimenticatevi di Black Mamba !