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Glass Hostaria | L’anima di Cristina Bowerman in 10 piatti

martedì, 27 Dicembre 2011 di

Il Glass Hostaria è un ristorante che mi è sempre piaciuto. E non ne ho fatto mai mistero. Anzi, ho tenuto il battesimo a Roma di Scatti di Gusto con una puntata di “Ti racconto una bufala“. L’essenza di questo luogo del cibo non è solo nelle architetture che Andrea Lupacchini su commissione di Fabio Spada ha disegnato in maniera atipica per il contesto. Lo spirito è quello che ha saputo infondere una chef parimenti atipica: Cristina Bowerman. Il disegno delle rette che si spezzano nei volumi di ferro e nei cilindri luminosi trova compimento nei piatti che la mano di Cristina riesce a tratteggiare con studio e intuizione.

Guardate la vetrata dall’esterno, dai vicoli della Roma di un tempo che sembra immota dai secoli addietro e indifferente al flusso di abitanti e turisti che la popolano e saprete cosa mangerete. L’innovazione, quella che come categoria è sempre difficile da inquadrare se non come contrapposizione al noto e al già conosciuto. Cristina Bowerman ha una mano determinata e la sua cucina cresce, a volte con balzi a volte quasi circospetta e attenta ai feedback che le arrivano dai tavoli di una sala che è sempre piena e gira bene.

Dalla cena primaverile e dai successivi appuntamenti a Vico Equense e da qualche altra puntata, per assaggiare ad esempio le tagliatelle panna e prosciutto, è trascorso quel tempo necessario per accorgersi che l’anima dei piatti di Cristina Bowerman è diventata più dolce. E più suadente. Sarebbero sufficienti i raviolini ripieni di parmigiano, un istant classic del Glass, per confermare l’andamento. Ma procediamo con ordine.

Amuse bouche alla zucca. Un assoluto con il cubo morbido e la chips, i semi e l’olio. Un gioco per dire buonasera e far sorridere pensando che una zucca può dare tanto.

Pesce bianco sotto sale e spezie, edamame, granita di mela verde e rafano. La spigola (in questo caso) è marinata con il coriandolo e accompagnata dl pepe di Sichuan. Un boccone generoso di iodio ma dolce. Mi piace il disegno e il sapore dei fagioli alla maniera orientale e della mela verde.

Gamberi rossi marinati, salsa di ostriche e lattuga, ricotta di bufala Barlotti e prosciutto disidratato. Ecco pieno il sapore dolce della ricotta di bufala che si armonizza con i gamberi. Un piatto buonissimo che ti prende già all’impatto di vista e di profumo. La ricotta di Barlotti (Capaccio – Paestum) si conferma una delle dieci migliori scelte nella zona di produzione salernitana.

Carpaccio di lingua, giardiniera, salsa al ciauscolo e gelato alla senape. Ancora un contrasto di temperature e un gioco dolce-acido. La marinatura nell’alloro della lingua la rende lunga e avvolgente, la senape provvede ad accendere un interruttore fresco e appuntito. Esecuzione che ha l’unica pecca di doversi confrontare con i gamberi della portata precedente.

Linguine, acqua di peperone, alici di Cetara. Un bel contrasto tra le noti dolci dei peperoni e la punta acuta ma calmierata delle alici. Il pan grattato è un richiamo alla tradizionale cottura dei peperoni. Cristina impiega le linguine e ha ragione, il miglior formato per trattenere sapore.

Tagliolini allo zafferano con porri, ostriche e olio alla vaniglia. Li avevo assaggiati in mood gnocchetti, ma i tagliolini si rivelano decisamente superiori in questo azzeccato cambio di formato. C’è anche un’aggiunta, l’olio alla vaniglia che conferma il percorso addolcito di Cristina. Che non significa, meglio precisarlo, minore personalità. Anzi, nella ricerca continua di acidità che spesso accomuna speranze ed esperienze a tavola, la nota diventa piacevole novità.

Raviolini di parmigiano 60 mesi, funghi di stagione, burro della Normandia. Eccolo il grande classico della tavola di Bowerman che si presenta nella veste invernale con i funghi al posto degli asparagi. Qui la dolcezza è nella perfezione della farcitura che perde il carattere forse troppo bon bon per assumere un’azzeccata corposità in una temperatura leggermente inferiore. La dimostrazione che il labor limae su un piatto è sempre il benvenuto e che l’ansia di novità va bene per scrivere ma non altrettanto per mangiare. Comunque irrinunciabile.

Cappesante, crema di pistacchi e funghi di stagione. Non smetterò di indicare la via alla possibile Conchiglia di San Giacomo quella che passa per Trastevere. Un piatto molto più semplice del Rossini ma che sottolinea tutto il possibile apporto di iodio. Quasi un confetto di mare.

Selvaggina, zucca e banana, salsa al vino speziato. Si potrebbe catalogare questo Germano Reale tra le portate internazionali rintracciabili senza precisa collocazione geografica. Ma l’espressione della selvaggina con la nota dolce della zucca e della banana caramellizzata, la cottura millimetrica e il sapore di terra del vino e della foglia di cavolfiore lo geolocalizzano alla perfezione nel percorso del Glass. Ragionato ed eseguito come ti aspetteresti dalla semplice lettura del menu.

Semifreddo allo yogurt, olio alla verbena e germogli. Provo a ripescare nella memoria i dolci di Cristina (la cui piccola pasticceria resta una chiusura perfetta) e mi rendo conto che questo semifreddo gentile di germogli ed acuto in bocca è quello che mi è piaciuto più di tutti.

La tavola di Cristina Bowerman assomiglia sempre di più al movimento di un metronomo che con tocchi precisi e puntuali scandisce ora un tempo più dolce. Una giostra su cui è piacevole salire per lasciarsi trasportare senza tema dalla mano di una chef che sa osare anche quando la corrente del gusto dei più sembra portare altrove.

Glass Hostaria. Vicolo del Cinque, 58. Roma. +39 06.58335903

 

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Tag: L’anima degli chef

 

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.