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Foodblogger. Le Golosotte e il meglio di Identità Golose 2012

Identità Golose Milano 2012 con i migliori post dai foodblogger, le quote rosa, le Golosotte e le idee per stare oltre e dentro il mercato
lunedì, 13 Febbraio 2012 di

Identità Golose e le donne, non solo ma soprattutto, nel ruolo di chef e di foodblogger. E anche di figure di supporto al congresso gastronomico che nella piazzetta del MiCo ho battezzato, in maniera del tutto estemporanea, Golosotte. Il meglio dai foodblog questa settimana non può che riavvolgere il nastro della manifestazione organizzata da Paolo Marchi che ha catalizzato l’attenzione dei giornalisti e dei blogger sciamati in 900 (no-ve-cen-to!) nei padiglioni di via Gattamelata. Ho letto molto e prima di lasciare la parola agli interventi che hanno maggiormente illuminato il firmamento della blogosfera, permettete un paio di riflessioni.

Due i temi principali di IG 2012: Oltre il mercato e, appunto, Identità Donne, chef e non più angeli del focolare.

Oltre il mercato perché la grande cucina e la migliore pasticceria non devono più limitarsi a ordinare ottime materie prime, questo lo dobbiamo dare per scontato, ma devono andare direttamente alla fonte, alla produzione e cercare il massimo e su quello intervenire per dare forma a questa o quella preparazione, un cogliere l’essenza, l’anima di un prodotto in una ricerca del gusto che sia concreta e senza furberie.

Lunedì toccherà a Identità Donna, dinamiche donne chef, protagoniste in prima fila, e non angeli del focolare, dedite, a volte passivamente, al culto della tradizione.

Oltre il mercato. La presentazione di Paolo Marchi sembrerebbe quasi una contraddizione con la presenza di espositori come Longino&Cardenal piuttosto che di Selecta o di Jolanda de Colò che sono selezionatori e quindi il loro mestiere è proprio “interrompere” la catena tra chef e fonte diretta. Ma non cadrei nei talebanismi con la preoccupazione di un gusto omologato dalle Alpi alle piramidi. Sarebbe come dire che esistendo solo 7 note la musica è tutta omologata. Piuttosto, avrei pensato a un tema giustapposto, “Dentro il mercato” che potrebbe diventare nel 2012 la principale preoccupazione dei ristoranti. Restare dentro il mercato per avere la sala piena. Per far questo occorrono idee nuove e vincenti che andranno sempre di più oltre il piatto per comporre una visione come quella di Massimo Bottura che racconta a IG e apre la Franceschetta subito dopo aver guadagnato la terza stella Michelin. È un esempio e altri potrebbero essere indicati.

Gli angeli del focolare. Gli interventi sulla cucina al femminile sono stati diversi. La mia impressione è che involontariamente Identità Golose abbia creato la figura dei “Golosotti” e delle “Golosotte” criticata da Valerio M. Visintin e da Angela Frenda entrambi sul Corriere della Sera. Non voglio indagare sul perché Visintin non vada a IG (non gli piace ma dovrebbe anche fabbricarsi una falsa identità per preservare la sua reale), mentre l’affermazione di Angela Frenda ho avuto la prova del ghetto nel quale, a volte, ci andiamo a ficcare da sole rende evidente il boomerang che ha generato le discussioni sul tema. Le quote rosa esistono anche in cucina causa fatica? Probabilmente sì, se alla fine abbiamo assistito a perigliose scalate di specchi per giustificare che in sala rossa ci fosse il sold out per Massimo Bottura mentre Cristina Bowerman da lupa alpha dirigeva le operazioni di cucina davanti a un pubblico più ristretto. Insomma, il caso è sollevato ma non occorrevano le osservazioni anatomiche di Marianna Vitale che hanno fatto arrizzare le antenne dei voyeur della rete nè la considerazione di Viviana Varese (Cucinare nasce femmina. Ma il mestiere di chef è maschio. Perché è fatica) per la conclusione che un piatto è buono a prescindere dagli ormoni che lo hanno generato. Il nostro provincialismo da superare indica che bisogna andare Oltre le Identità Donne e che sarebbe meglio per IG 2013 mixare maschi e femmine ed evitare le classi separate in voga nelle scuole di tanti anni fa? La decisione è degli organizzatori. Per me resta “l’aggravante” delle Golosotte rispetto ai Golosotti. Sono le foodblogger e le giornaliste finite sul palco del Milano food&wine a presentare gli chef (tranne uno, maschietto, come spiegato dalla newsletter), ma il criterio della scelta oltre a quello tardo-velinico proprio non riesco a comprenderlo (anche se la competenza è indiscussa).

Mercoledì 1 febbraio. Si inizia con l’avviso ai naviganti. Italia Squisita pubblica il calendario dei lavori e avverte che Carlo Spinelli aka Doctor Gourmeta registrerà video agli chef nella postazione acquario. Attrezzatura leggerissima e una lettino contemporaneo da psicanalista dove far accomodare gli chef per un’intervista. A questo link al canale youtube della rivista trovate tutto quello che è stato prodotto. Io vi consiglio l’intervista a Scabin/Bottura se volete restare sul tema Sono Pazzi Questi Gastromaniaci.

Sabato 4 febbraio. Roma è semi sepolta dalla neve e l’idea di partire per Milano in condizioni di gelo viene rimandata di 48 ore. Su Vanity Fair c’è il post che annuncia Identità Golose 2012 (ok, sono tranquillo, non solo l’unico che continua a chiamarlo così invece dell’ufficiale Identità Milano). Fatevene una ragione, l’appuntamento è modaiolo. E si può seguire la social-diretta delle blogger milanesi di Phood. Loro, videocamera, macchina fotografica e smartphone in spalla seguiranno ogni evento con occhi attenti ma casalinghi, tweet dopo tweet. Mi chiedo gli occhi nostri nelle dirette del 2011 come saranno stati.

Martedì 7 febbraio. Non so come sono gli occhi casalinghi, ma l’attrezzatura delle foodblogger è di tutto rispetto. Sarei curioso di guardare ogni singolo schermetto per vedere cosa hanno ripreso e fare subito un confronto con quello che ho scelto io. Nel mio primo giorno di Identità (che è in realtà il secondo) saranno state scattate 1 milione e mezzo di foto. Salto sul web e dò un’occhiata ai preferiti. Mi fermo su The chef is on the table. Cavoli Mericler ha già dato la sua chiave di lettura del nuovo IG. Un po’ mercantile, forse per l’ingresso nell’ala con gli espositori, con molto show e con la possibilità di mischiare ancor di più chef e blogger, professionalità e passione. La parola chiave è grimaldello. Ho forse qualche dubbio per via dell’arrosto e del fumo. E mi metto nei panni di uno chef che deve essere anche comunicatore o avere un addetto stampa. E forse un esperto di social media. Per dialogare con tanti blogger, giornalisti, appassionati nella maniera corretta. Però un punto mi è chiaro. Non esiste più la casalinghitudine con buona pace di Vanity Fair e degli occhi.

Martedì 7 febbraio. Mi sono appena accomodato nel posto fortunosamente trovato sul Frecciarossa che non è stato cancellato al contrario di quello che avevo prenotato. Leggerei qualcosa su Identità Golose. Mi aiuta Visintin con il post che ricordavo prima:

C’è da domandarsi perché Identità Golose regali un ingresso da 145 euro a tutti i foodblogger? Semplice. Sono proprio i fanatici del food i veicoli inconsapevoli del business; sono i corrieri di un mercato che li manipola.

Non è che mi consoli il tesserino. E nemmeno la figura di corriere. Vuoi vedere che gli assenti al Circus abbiano visto che questa manipolazione sia tutta una zuppa in cui intingolare critiche? Conto gli assaggini con il senso di colpa di chi dovrebbe stare a dieta. Ma sono convinto che lo rifarei e chiederei l’accredito per IG 2013. Drogato, che vi devo dire.

Mercoledì 8 febbraio. Si inizia a parlare di nuovo di neve e si continua a ragionare sull’appuntamento appena terminato di Identità Golose 2012. Tra mail e chat le opinioni sono le più diverse. Lo sforzo per migliorare la manifestazione è stato percepito praticamente da tutti. Certo, stiamo parlando sempre di gruppi appartenenti a questo segmento dei super appassionati. Anche in giro per la rete sarebbe difficile trovare appassionati che sono andati lì solo per ascoltare e girellare e non fotografare o scrivere. Oltre i 900 accreditati intendo.

Giovedì 9 febbraio. Ero un po’ prevenuto per la questione delle sole donne che presentavano sul palco di Milano food&wine. Sono tutte bravissime, ma i criteri di questo sciamare di vestali non mi è chiarissimo. Avevo amabilmente discusso sull’opportunità delle quote rosa e mi sono divertito a leggere il post di Antonio Tomacelli che non ho avuto il piacere di incrociare a Identità Golose mentre enumerava le possibili conseguenze del possedere pene e vagina. Mi viene in mente la vecchissima barzelletta di quello che consiglia al giovane inesperto di mettere al primo appuntamento la cosa più lunga nella cosa più larga della ragazza. Risultato: la gamba nella tazza del bagno. Meno divertente sarà stato per tutte le chef italiche il post di Angela Frenda che riassumo in questa sua nota: mi sono convinta, mio malgrado, che se non sono molte le donne al top della ristorazione la colpa è soprattutto… loro. Obiezioni?

Sabato 10 febbraio. Sono ben due i post su Appunti di Gola che trattano la questione “Quote Rosa” a Identità Golose 2012. C’è Cristina Bowerman che spiega com’è nata l’idea del Pastrami di lingua e offre ai lettori la ricetta. Preceduta da un’introduzione che la fa sospirare un paio di volte. Il suo ragionamento verte sulla noia della comparazione tra chef. Le donne esistono solo se comparate agli uomini dietro ai fornelli? Probabilmente se chiedi di comparare le figure avviene un processo di comparazione donna – donna. Se chiedi di comparare piatti e cucina mica è detto. D’altronde, vado a memoria, la stessa Cristina Bowerman disse in un’intervista che aveva come riferimento Valeria Piccini. Cartellino giallo, invece, per la presunta non ghettizzazione dimostrata dall’avere in cucina un sous chef uomo. Provate a ricordare cosa risponde Vivian/Julia Roberts a Edward/Richard Gere in Pretty Woman e capirete la ragione del cartellino.

Stefano Caffarri mette invece in fila 3 argomenti. Al punto 2 c’è la consunta polemica delle “quote rosa” di Identità Donna. Una donna sola nella classifica dei 50 migliori al mondo significa che ci sarà un motivo. O forse 49. Il motivo è legato al rispetto della tradizione come asserisce Marchi? No, dice Caffarri, è ben più complicato (e ti pareva). C’entra la cultura, non la tradizione, e si esce dalla cucina. Si parla di componenti maschile e femminile (non nel senso anatomico ricordato da Marianna Vitale) in quanto atteggiamenti che possono essere patrimonio di entrambi i generi. Cuochi con sensibilità femminile per il dettaglio, la finezza, la sfumatura e dall’altro cuoche con forza e assertività mascoline. I migliori chef (maschi e femmine) sono tali in virtù di sensibilità e capacità superiori alla media. Sento polpastrelli in stridio. Mi mettete qui sotto la lista dei primi 10 o 20 chef superiori alla media pensando ai piatti e non ai volti? Vediamo cosa succede. Nel frattempo non penso che Identità Donna sia meglio di un dito in un occhio, nè che Paolo Marchi abbia voluto fare il sultano con l’harem. Semplicemente ha trattato un tema in comparazione alla stessa stregua di partite di calcio (tutti maschi o tutte donne) o dei 100 metri maschili e dei 100 metri femminili.

P.S. Non sarà che, dopo secoli di angelo del focolare, sono le donne che nei decenni dell’emancipazione femminile sono fuggite dai fornelli? E che l’affrancamento ha sortito il paradossale effetto del sorpasso degli uomini? Con un po’ di pazienza le vedremo tornare presto in cucina, ma con la tocque, figlie di una cucina diventata nel frattempo glamour. Grazie anche a Identità Golose, a Masterchef e alla new wave dello show cooking.

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.