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Roma. La lezione di Anthony Genovese contro la crisi a Culinaria 2012

venerdì, 02 Marzo 2012 di

Cucinare, fare ristorazione al tempo della crisi. L’argomento è di quelli cruciali per il settore enogastronomico diviso tra le logiche di un campionato di Formula Uno, in cui le squadre sono poche e ben attrezzate, quello cadetto che cerca di mutuarne gli schemi e uno molto attento a macinare numeri. Tre situazioni che grosso modo descrivono il panorama della tavola italiana e che si trovano ad affrontare un momento storico poco favorevole per il settore. Non distolga l’attenzione da questa minima considerazione l’ondata mediatica che tra stampa, tv e, ovviamente, rete ha avvolto i fornelli spingendo gli chef di grido ad altezze stellari ma di galassia diversa dalla Rossa. Il fenomeno è paragonabile a quello dei calciatori e dei tifosi per certi versi. Il motore, però, è quello della crisi in cui i consumi secondari si sono assottigliati per lasciare spazio più ampio ai primari. E cosa c’è di maggiormente primario del cibo, del mangiare quotidianamente?

La crisi può essere l’occasione per spingere a fondo sull’acceleratore della qualità? È una delle domande cui risponderà la relazione “In tempo di crisi c’è ancora passione?” di Anthony Genovese, chef bistellato de Il Pagliaccio, a Culinaria, il congresso show aperto al pubblico che si svolge nella cornice del Mercato a Via San Teodoro al Circo Massimo a Roma (lunedì 12 marzo, ore 17,30, Teatro). Cucinare con la crisi può essere associato all’idea di cucinare sotto pressione proprio come accade per un’occasione di rito documentata dal video di Franca Formenti.

L’intervento di Anthony Genovese è anche l’occasione per porre le nostre 10 domande sul tema Gola vs Fame e sulla capacità della politica di dare risposte attraverso il cibo. Cibo che rischia di diventare una leva di manovra alla voce low cost.

 

1. Franca Formenti. La prima volta che hai cucinato quanti anni avevi?
Anthony Genovese. Il mio primo approccio con i fornelli risale a quando avevo 12 anni

2. FF. Quando fai la spesa compri anche junk food?
AG. Mi è capitato di rado, soprattutto durante la mia esperienza londinese,
dopodichè mai più.

3. FF. Cosa hai imparato dal cibo?
AG. Dal cibo ho imparato il rispetto per la natura, a non sprecarlo e a farlo
evolvere in qualcosa di ancora più importante.

4. FF. Tre cose della tua cucina che faresti /vorresti sempre?
AG. Cucinerei sempre i volatili. Sperimenterei ed implementerei sempre nuove spezie. Vorrei sempre il silenzio e l’attenzione, la tranquillità e la calma anche se non sempre è possibile.

5. FF. Tre cose della tua cucina che non rifaresti mai?
AG. Non cucinerei più pensando in prima battuta alle guide e alla stampa: con gli anni ho imparato a cercare l’accordo tra il mio palato e quello dei miei clienti. Seguire gli ingredienti e i prodotti di moda è un’altra cosa che non rifarei.

6. FF. Nel tuo frigo di casa non manca mai?
AG. Acqua e yogurt.

7. FF. Qual è la differenza per te tra la fame e la gola?
AG. La fame non è altro che un bisogno fisico, la gola è passione nel degustare il cibo.

8. FF. Il primo libro di cucina che hai letto?
AG. Pellaprat, libro regalatomi dal mio primo chef a 15 anni durante il mio
primo stage.

9. FF. Finisce il petrolio …finisce la tecnologia e cioè il prolungamento del nostro corpo… pensi che saresti in grado di deliziare i sensi ugualmente anche senza gli attrezzi che usi quotidianamente?
AG. Cambierebbe sicuramente il mio approccio verso gli attrezzi che uso tutti i giorni ma non smetterei di sperimentare e di cucinare secondo le mie passioni.

10. FF. La fame è l’anima del commercio. Il cibo è da sempre il business più grande del pianeta… sarete voi a rialzare l’economia dell’Italia?
AG. Noi chef abbiamo sicuramente un grande potenziale ma facciamo da contorno ai successi e agli insuccessi di un Paese. Non abbiamo sicuramente la forza da soli di poter cambiare le cose.

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.