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Un marziano a Roma/66 Quanto è buona la cucina moderna di Kotaro Noda

Lo chef giapponese Noda Kotaro è alla cucina del Magnolia in Via Veneto a Roma e propone piatti della tradizione con rigore orientale
mercoledì, 18 Aprile 2012 di

Uffa arrivo da alfa centauri e nemmeno uno dei miei amici terrestri me se fila… Chiamo da casa sulla linea rossa il mio contatto romano, il Bocchetti, il telefono squilla a vuoto e non risponde. Neanche il giovane Sponzilli, il cellulare è muto, mi manda un sms “sono a Frosinone”. Diamine! L’editore Pagano, è impegnato in mille faccende affaccendato lui e le macchine terrestri, ma io no, non ci rinuncio alla mia trasferta romana. Mi hanno parlato di un giapponese che cucina con influssi laziali a Roma, per la precisione in via Veneto, e sembra che non se la cavi affatto male.

Alle otto pm orario terrestre atterro a villa borghese. È la prima volta che mi avventuro per la città eterna da solo, ma ricordo dai giri in vespa che via Veneto è proprio li dietro. Impermeabile e cappellone per non dare nell’occhio con le mie fattezze marziane e mi dirigo a piedi verso via Veneto. In realtà nessuno mi fila, intorno a me sembro il più normale, lungo i marciapiedi della dolce vita c’è di tutto, persino buffi terrestri che mi vogliono assolutamente portare in locali i che conoscono loro. Mah!

Finalmente conquisto il Magnolia, il ristorante è una costola del grand hotel veneto, lussuoso 5 stelle, ma con ingresso separato. Qui cucina il giapponese, Noda Kotaro, pare che prima stesse alla Torre di Viterbo e che si fosse fatto molto onore. Vediamo

Il posto è quello che ti aspetti, elegante e curato, i pochi coperti della serata fanno sembrare i tavoli ancora di piu. Colori netti decisi, giocato tra bianco e nero, senza mezze misure. Piatti quadrati moderni, cristalli che giocano tra trasparenza e colore, posate color titanio. Tutto molto coreografico e un po’ convenzionale. Il servizio tutto al femminile gira sl velluto, tra cortesia e solerzia. Dalla sala la grande vetrata ci regala l’affaccendarsi dei cuochi.

Ma la più bella sorpresa è la cucina, precisa e moderna. Gioca con il territorio e il mondo, senza provincialismi. Una cucina che fonde oriente e occidente. Prodotto su tutto d’una mano zen dai sapori diritti, spigolosi, talvolta persino sgarbati, ma interessantissimi e precisi. Tecnica, golosità, prodotto, vegetale e acidità, tutti sempre nitidi e eleganti.

Si comincia con una degustazione di oli e pani fatti in casa, il benvenuto elegante e composto, un gioco intorno al porro. Poi si inizia a fare sul serio, la seppia battuta con pasta al nero e broccoli romani è deliziosa. La consistenza è millimetrica, soda e fondente, la pasta al nero profuma di mareggiate e iodio e la sferzata verde del broccolo è intensa e corroborante. Una bella nota piccante e verticale resetta il palato e spinge a tornare nel piatto. Dialettica

Magistrali gli spaghetti fatti in casa alla matriciana, signori e signori l’ortodossia. Col rigore orientale il cuoco non scherza con i classici. Un primo da grandi appetiti e soddisfazione, saldato con generosità e piacevolmente “maialoso”. La porzione abbondante finisce prima di essere soddisfatti. Goloso

I calamaretti farciti con spinaci al limone, cime di rapa e peperoncino, sono gagliardi e interessanti. Tutti giocati tra piccante, clorofilla e morbidezze marine, il profumo di limone ci ricorda il sud e l’estate, mediterraneo

Tecnico il coniglio 4×4, un gioco di cotture, colori e parti intorno ad un orientale e favoloso cosciotto disossato in salsa orientale. Peccato che le altre cotture non fossero così precise e golose come la centrale. Scombinato

Elegante e buono il dolce, ho voglia di te, il titolo romantico nasconde una deliziosa creme brullee al chai, il te africano, con una salsa di lapsang suchang. Delizioso nel suo rincorrersi di dolcezza, freschezza e affumicato. Raffinato

Alla fine pago il conto soddisfatto, 90 € per una cena piacevolissima, peccato per l’ambiente non proprio leggero. Mi alzo e neanche metto l’impermeabile e il cappello, tanto ho capito che in questo angolo di Roma il piu strano sono io, esco nella notte felliniana e mi si avvicina un terrestre buffo: “cerca un locale birichino?”, rido e mi avvio verso il mio disco volante…

(Qwerty)