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E se il vino perfetto del Piceno fosse il bordò invece del Montepulciano?

giovedì, 14 Giugno 2012 di

svinando

Appena valicato il Tronto, in un rincorrersi di colline affacciate sull’Adriatico, inizia il Piceno. Sole a palla, terreno sabbioso, la brezza del mare e le notti tiepide, scolpiscono vini potenti, estratti, segnati da una mano umana forte e chiara. L’irruenza del montepulciano, allevato a rese bassissime su quel pedoclima, viene domata spesso da surmaturazioni e dolcezze di legno, per vini che alla fine mi sembrano ogni volta interessanti, ma tecnici e certo non dei campioni di bevibilità.

Da anni il vino di quel territorio è un montepulciano potente e concentrato. Gestito in surmaturazione evidente, parlando con amici produttori mi dicono che è inevitabile, perché questa uva meravigliosa, per raggiungere qui la giusta maturazione polifenolica deve necessariamente spingersi ai limiti della surmaturazione. Ora io mi sbaglierò, ma non credo che la surmaturazione possa diventare una tecnica enologica, ma sia essenzialmente un difetto. E che se si lasciasse la pianta libera di portare i giusti frutti in maniera armonica, senza pretendere concentrazioni eccezionale, il problema sarebbe risolto.

Ma prendendo per buono l’inevitabilità della surmaturazione, mi viene da pensare che forse questo dolce territorio in realtà non sia perfetto per il montepulciano. Del resto da quanto si coltiva da quelle parti? Poi la folgorazione, come sempre da quel fenomeno di Marco Casolanetti,  padre padrone del Kurni il prototipo di montepulciano dolce e potente. Uomo di rara passione e competenza enoica, con cui è sempre un piacere confrontarsi. Il suo Kupra è una meraviglia, già il 2008 era convincente e succoso, tutto nervosismo e frutto. Ma il 2009 assaggiato in una bella sera a le case di macerata è una vera folgorazione.

Il Kupra è una grenache o cannonau, o meglio come si diceva da quelle parti Bordò. E si, perché parlando con Marco scopro che nel Piceno quest’uva mediterranea e succulenta, viene coltivata da sempre e poi soppiantata da cloni più produttivi. Casolanetti ha recuperato una vecchia vigna e avviato il suo sogno di 1500 bottiglie di Kupra. Ma ha fatto di più, ha reimpiantato e recuperato vigne di grenache in molte delle aziende che segue. Così i Casolanetti Boys (piceni invisibili) stanno per uscire con le loro otto grenache, recuperando questo vitigno. E se fosse questa l’uva perfetta per questo territorio, se i suoi sentori mediterranei e caldi si attagliassero perfettamente al clima e terreno di questo spicchio di Marche?

Dall’assaggio del Kupra 2009 non ho dubbi. Un vino fantastico, al naso note pimpanti di frutti rossi, erbe mediterranee e macchia. In bocca è succoso e suadente, entra su dolcezze di frutto struggenti, per poi virare sull’acidità e una nota ematica. La trama tannica è fitta e piena senza cedimenti, ma mai eccessivamente potente. Un vino in perfetto equilibrio, malgrado il corpo imponente. Già buono ma diventerà buonissimo.

Diavolo di un Casolanetti, ora si che sono curioso di assaggiare le altre grenache. E se le Marche basse fossero in realtà uno spicchio di rodano del sud?