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Dopo il quadrato semiotico dei locali di Milano, dimmi come vedi Roma

venerdì, 31 Agosto 2012 di

Non so quanto durerà l’effetto virale, se sia un’idea geniale, una minestra riscaldata o l’uovo di Colombo, ma sta di fatto che l’intuizione di due amici, Diletta Sereni e Daniele Dodaro, di disegnare un quadrato semiotico in cui cristallizzare ristoranti, bar e locali di Milano è assolutamente utile. Veloce e intuitivo, il quadrato che oppone concetti contrari, contraddittori, sub-contrari e complementari disegna una nuova geografia del cibo e del bere, localizzata ma non georeferenziata. Studenti e esperti di comunicazione saranno saltati sulla sedia in parecchi dopo aver appreso che in poche ore il sito collegato a questo format, nato dal disagio causato dallo stare in un locale della coppia, ha contato 20 mila accessi diventando il sito di wordpress italiano più letto, in un giorno.

Dal quadrato semiotico al quadrato di Floch il passo è breve. Lo si utilizza per le ricerche, per i posizionamenti, per i sondaggi. Solo che in questa forma poco digitale e molto vintage fa presa. Tant’è che i due inventori hanno promesso di scandagliare altre città per indicare i locali truzzi e quelli radical chic, quelli che fanno della soddisfazione dell’ego la propria missione e quelli che cercano di alimentare convivialità e socialità.

Quali locali e in quale posizione entreranno i locali di Roma, Firenze o Torino saranno le domande cui rispondere Come anche chiedersi se sia più premiante essere ristorante di destra o osteria di sinistra, truzzo o snob piuttosto che frikkettone. E verificare se il successo possa essere contato in like o in fatturato, in punti delle guide, in stelle o in segnalazioni di Tripadvisor.

Forse il “tovagliolo semiotico” si può utilizzare più efficacemente come goniometro del proprio essere per evitare di finire nel locale che, appunto, ti mette irrimediabilmente a disagio. Se sono radical chic al massimo potrò tendere ad avvicinarmi a posizioni latamente frikkettone se malauguratamente nel quadrante – geografico – della città in cui mi trovo e che non conosco non vedo locali a mia misura precisa.

In attesa delle prossime puntate, molti staranno pensando a Roma. Dalla città del generone ai neo bistrot c’è tantissimo da mettere in ordine (ne sa qualcosa l’impavido marziano). Chissà se squadrati sta lavorando alla Capitale.

Intanto qualche locale sul tovagliolo semiotico possiamo anche provare a metterlo anche se, sono sicuro, a Diletta Sereni e a Daniele Dodaro altri suggerimenti da una città così grande potrebbero arrivare. Rosti, ad esempio, vuoi negare che è l’alter ego di Cascina Cuccagna a Milano?  Cesare al Casaletto può aspirare a essere radical chic di sinistra, mentre Roscioli resta in quel quadrante per il pane.

Mancano tanti altri, ma l’equilibrio perfetto, al solito, ce l’ha Oscar Farinetti con il suo Eataly Roma che sa truccarsi da truzzo ma può volare sulle vette dei radical chic che vedono nel pop a tratti folk un motivo di mescolamento. E alla fine Eataly resta lì al centro, consapevole che è meglio accontentare tutti. O no?

[Aggiornamento: il lettore Gabriele Sabatino ha redatto il quadrato semiotico di Roma su Moleskine e ha così commentato la scelta:

A Milano tovaglioli, a Roma Moleskine. Perché a noi i soldi di certo non ci mancano.

Zecche e Pariolini sono in uso nella città.]

[Link: Corriere]

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.