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Beer in Japan. Le birre artigianali al pub di Tokyo con voto 100/100 Ratebeer

sabato, 06 Ottobre 2012 di

Parafrasando gli Alphaville vi racconto la mia serata alcolica a Tokyo. In Giappone si pasteggia in 3 modi, con il tè verde (Ocha),  col Whiskey parecchio allungato o con la birra (biru); l’acqua (Mizu) te la portano quasi subito al tavolo, rigorosamente di rubinetto e con 8 quintali di ghiaccio, ma per averne altra devi chiederla ogni volta, a meno che il locale non disponga di erogatore in sala o che ti forniscano di brocca al tavolo. Nota positiva, è gratis. Sì il Sakè, ma non ne ho visti pasteggiare in tanti, giusto in un sushibar (fenomenale, ho lasciato quasi 70 €) e comunque allungato anch’esso.

Quanti in Occidente metterebbero insieme birra e Giappone? Ebbene, nel paese del Sol Levante hanno un consumo importante della bevanda luppolosa. Anche loro hanno le grandi marche industriali che comandano, Asahi, Sapporo e Kirin che arrivano anche da noi nei ristoranti giapponesi o nei tantissimi fintogiapponesi, e Suntory, famosa più per il Whiskey portata alla fama da Bill Murray su “Lost in Translation” in un finto spot, alla Watt69 di Mandrake/Proietti, ma che si avvalse anche di Sir Sean Connery una ventina di anni fa per una serie di spot veri.

Altra birra industriale è la Yebisu, bevuta in versione all malt beer l’ ultima sera prima di tornare a casa nel sushibar citato;  l’ho trovata deliziosa, fresca, dissetante, bilanciata in suo non avere sapori dominanti, ma forse proprio questo suo “anonimato” la rende ottima per esaltare un cibo delicato che non vuole altri sapori a sovrastarlo, come il sushi per l’ appunto. Forse che l’etichetta riporti un pescatore qualcosa vorrà dire…

Questi brand si occupano anche di bevande analcoliche, tè freddi (non particolarmente piacevoli ai nostri palati, ma loro ne bevono a Hl…) e acque oligominerali dalle Alpi giapponesi, ma Suntory è quella che ho preferito.

Dopo aver trascorso 4 giorni con Asahi e Kirin che a Tokyo spinge parecchio (esistono beerbar monomarca di questa, i Kirin City, molto carini e non eccessivamente costosi), il venerdì sera prendo una delle 13 linee del metrò (servono oltre 13 milioni di abitanti mentre a Parigi 16 linee per circa la metà delle persone, efficienza allo stato brado!) e mi reco, sotto consiglio/ordine del buon Manuele Colonna da Bakushu Club Popeye, pub di Tokyo con un punteggio su Ratebeer di ben 100 su 100. Te lo dice Manuele Colonna che fai, non ci vai? Ci vai ci vai!

Mi presento poco prima delle 20 in loco, comodissimo da raggiungere, 20 minuti di viaggio e sta a 3 minuti dalla fermata del treno, entro e mi accolgono col classico “Irasshaimase!!!”, il benvenuto urlato che sottolinea l’arrivo di un nuovo cliente e che tutti i dipendenti ripetono, fin dai meandri delle cucine da persone che non vedrai per tutta la serata. Chiedo un posto e mi mettono al bancone, ficata!

Fortunatamente il publican, non so se fosse il proprietario, parla inglese, cosa ancora rara in Giappone nel 2012. Erano nel pieno dell’ Happy Hour e gli faccio presente che non ero interessato ai piatti veloci ma volevo proprio cenare (sono uscito dall’ albergo con intenzioni bellicose…). Lui mi chiede da dove venissi, rispondo Italia e mi dice “Ahhhh, primo piatto, secondo piatto, contorno, OK!” Inizio a ridere pesante già da lucido, prendo il menù internazionale, a mia memoria l’unico in ideogrammi coi sottotitoli letto in 15 giorni.

Inizio con la prima birra artigianale che abbia mai bevuto, la Rising Sun Pale Ale di Baird, un ammerregano trapiantato in Nipponia, che mi aveva conquistato al Mad for Beer a Monteverde, accompagnata da patate fritte a sfoglia belle speziate. Alla domanda su quale bicchiere volessi gli rispondo che per me esiste solo un bicchiere, la pinta americana, e specifico che quando chiederò  la mezza pinta vuol dire che sono arrivato a cottura. Arriva la Rising Sun, la riassaporo e dò il via alle danze, avevo uno scopo, fargli vedere come bevono gli italiani, o meglio, i romani.

Il mio ospite mi chiede con cosa volessi continuare, io gli dico che ero lì per assaggiare birre artigianali giapponesi di alta qualità, faccio i complimenti per le spine, chiedo quante sono, lui mi dice 100 (m…hia! Penso io) più 3 handpump inglesi (arim…hia!) e volendo continuare sulla tipologia mi faccio spillare un’altra IPA/APA di sua fiducia e ordino degli spaghetti Yaki Soba. Lui mi propone la Shigakougen Beer Africa Pale Ale, una novità da Popeye. La birra è fenomenale, fresca ben bilanciata e beverina, la finisco prima della pasta e ne approfitto: vado con la terza e scelgo dalla ricca carta delle birre la Baird Single Take Session Ale, una Belgian Ale fenomenale con malti belga e un mix di luppoli europei e americani (German Tettnanger, Czech Saaz, American Santiam and Amarillo). Una birra che se trovassi qui, dalle parti del Tevere, mi farei super serate; e si sposava anche col primo  che mi ha stupito per la perfetta cottura al dente degli spaghetti. E da italiano l’ho fatto notare, Oishikatta! (pron. Oiscìcattà = delizioso, solo oiscì = buono).

Soddisfatto dell’apripista mi sposto su un altro genere, la Rauchbeer, l’affumicata! Domando quanto fosse forte questa affumicatura; mi dicono forte… Vabbè ma sto qui e quando mi ricapita? Challenge accepted! Mi arriva questa Fujizakura kougen Rauch tonaca di frate quasi impenetrabile alla luce nel suo bicchiere a tulipano, l’annuso e l’analisi olfattiva la promuove, sentori piacevoli ma non stucchevoli di scamorza affumicata e di legno da camino, la bevo. Se per loro questa è forte mi sa che non conoscono la schlenkerla… FE-NO- ME-NA-LE!!!

Sanno fare le Pale Ale, sanno fare le Belgian Ale, sanno fare le affumicate… Mo’ li metto alla prova, “Gimme your best Weiss!

Dopo qualche minuto mi presenta questa Fujizakura kougen Weizen nel suo Weizenglass e mi chiede scusa per l’attesa della quale invece io lo ringrazio per aver spillato nella dovuta maniera una Weiss. Con questa birra avevo chiesto un piatto di quelli consigliati da loro in abbinamento, dello stufato di maiale in salsa miso. Già il maiale con la Weiss è un abbinamento non proprio consono nella mia esperienza, ma lo volevo assaggiare, poi in zuppa di miso che è il cibo degli Dei Shintoisti e Buddisti è un must.

Purtroppo la comanda è andata perduta e, conoscendo le reazioni dei Giapponesi, prima che iniziasse a flagellarsi per espiare le sue colpe l’ho bloccato dicendogli che se uno lavora può sbagliare, non c’ era problema. Tanto ancora due cosette le dovevo bere… Però mi è dispiaciuto, soprattutto per il miso. Cos’è il miso? Non lo so (in vero lo so, è un derivato della soia in aggiunta a altri cereali, dal gusto salato), ma è una delle cose più buone mai assaggiate e se ne ottiene dei brodi e zuppe celestiali, o restrizioni per glassare le carni, ma si sposa bene anche col pesce (a Kyoto, per dire, l’ho bevuto in brodo di vongole).

La Weiss com’era? Mortacciloro sanno fare pure la weiss! Torbida giallo brillante, banana, un leggero pepato pungente del chiodo di garofano, bevibilità ottima, a onor del vero non è al livello della Breva di Lariano o della Domm di Lambrate, ma è una Weiss perfetta nello stile: costa parecchio ma ne vale la pena.

Vabbè, ho saltato il secondo ma il dolce no, anche perché fortunatamente non avevano in lista dolci tradizionali giapponesi ai fagioli (‘na tortura, l’ unica cosa che non mi piace della cucina del Sol Levante) o solo il gelato al tè verde. Ho chiesto una torta alla Barley Wine e una Barley Wine. Gli ho detto fai te, ormai mi fido. Ho fatto bene, mi ha portato una BW fuori carta invecchiata 11 anni, un Hakusekikan Super Vintage Legend Barleywine 2001, SPETTACOLO A QUINDICI GRADI ALCOLICI! Senza mancare di rispetto ad alcuno e complice una mia conoscenza non perfetta della tipologia, ma ho trovato questa BW inferiore a poche e superiore a tante, un vino d’ rzo presentato in flûte complesso con una forte punta etanolica che accompagna sentori al naso e sapori al palato di cioccolato fondente e caramello tostato che la fanno da padroni. Sublime immaginandola stand alone in inverno davanti a un caminetto abbinata a un sigaro toscano,  ma anche in abbinamento con quella cake è perfetta.

La serata sta per chiudersi e in Giappone parecchi locali chiudono presto, Popeye alle 23:30 con ultima comanda alle 23, allora faccio una doppietta in gran stile e, tanto per chiudermi a startac, ordino una piccola scendendo bruscamente a 4.7° con la Baird Single Take Session Ale, seguita a ruota con un Whiskey, un Nikka 12. Io avevo chiesto uno shoot ma mi è arrivato un bicchiere, siamo ospiti e se gli fai notare di aver sbagliato si danno fuoco in piazza, ringraziamo (tanto a noi Nikka ce piace) e finiamo la serata col botto alcolico!

Grande serata, gli ho fatto vedere come si beve dalle nostre parti, alla quarta birra mi danno la tessera gold member (e ce credo…), gran confusione allegra di persone anche se mi fanno presente che la serata è tranquilla, ce ne sono di molto più caotiche (cool!),  staff cordiale e professionale con lavaggi delle spine ogni tot, cibo ottimo e birre fenomenali. Le birre attaccate non sono 100, fanno una selezione quotidiana che mettono online e comunque parliamo di oltre 50 spine a serata. Prezzi? Più cari dei pub di casa nostra, sono a una media di 9.00 € a pinta con punte di 12.00 €. Una Punk IPA di Brewdog addirittura 15.00 € ! Tutta la serata è costata oltre 80.00 €, che è molto rapportato ai prezzi nostrani, ma io come avrete notato ho dato sotto e parecchio.
Posto ottimo per fare conoscenza con gente simpatica locale, hanno forti inibizioni ma dopo un paio di birre si sciolgono…
Se siete a Tokyo dovete andarci, non respirerete l’aria tradizionale giapponese, ma tanto a Tokyo metropoli non la respiri a prescindere. In compenso respiri l’aria allegra del Giappone moderno, oltre a bere a livelli alti. E se non fate come me potrete limitare anche anche i danni al portafogli.
Se devo proprio trovare un difetto, Weiss a parte le spillature non sono perfette, birra all’orlo senza cappello di schiuma, ma la qualità proposta è talmente alta che non stai a guardare il capello, e poi così ti versano più birra….

KAMPAI!

P.S. Per tornare a fatti nostrani,  oggi – sabato 6 ottobre – dalle 16,00 si terrà l’inaugurazione del nuovo locale del birrificio Lariano. Il Pub si trova a Perego (Lecco) in via Statale 52 ed è fornito di cucina. Per l’occasione due birre brassate appositamente: la Salada, in stile Gose di Lipsia aromatizzata con sale di Sicilia e coriandolo (la sto aspettando con ansia da quando avemmo la news in anteprima alla serata al Birrifugio), e la Statale 52, un APA, a mia memoria la prima di questa tipologia per Lariano, da sempre ispirato alla cultura europea birraia.

[Immagine di apertura: Reuters]

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