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Festa a Vico 2013. Scatti di Gusto e Quartiglia premiano i piatti degli chef emergenti

martedì, 04 Giugno 2013 di

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Un giro con gli chef stellati che hanno visitato le postazioni degli emergenti impegnati nella Repubblica del Cibo e poi l’approfondimento per assaggiare più di 60 piatti proposti nei negozi di Vico Equense. Una formula divertente e partecipata con tantissimo pubblico che ha contribuito alle donazioni a favore delle O.N.L.U.S e che fa ben sperare per le prossime edizioni. Allargare, far conoscere a quante più persone possibili la cucina italiana declinata in tante possibilità. E’ stato anche questo il senso della presenza degli chef stellati che sono andati a incoraggiare le nuove leve.

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Quartiglia, azienda abruzzese di distribuzione alimentare, ha messo in palio 5 prodotti (set di coltelli Montana, pentola wok Le Creuset, padella in rame stagnato Fasa, piastra di sale dell’Himalaya, bicchiere Vertigo) per ricordare i piatti degli chef presentati alla Repubblica del Cibo 2013. Noi abbiamo stilato una classifica dei 10 piatti che hanno maggiormente convinto allargando l’applauso a tutti gli chef che hanno saputo adattarsi alle diverse condizioni di cucina. E ringraziando i commercianti che hanno fornito le location dando sostanza anche al concetto multifunzione di un locale. La parte più divertente è stata vedere i piatti nei negozi di abbigliamento o dal fiorista.

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1. Hamburger mediterraneo – Roberto Allocca (Relais Blu, Massa Lubrense – Napoli)

Non lasciatevi travolgere dalle interpretazioni più ovvie, perché qui non c’è carne e soprattutto non c’è pane ma spugna al basilico e mashmellow di mozzarella ad avvolgere uno scioglievole hamburger di gamberi battuti. Ad arricchirlo, una delicata emulsione di pomodoro Corbarino e leggeri spicchi di cipolla di Tropea in agrodolce. Servito a una temperatura perfetta, vincente per il suo incredibile equilibrio nei sapori e nelle consistenze, l’hamburger di Allocca è in grado di mandare tutti in visibilio al primo morso. Al palato, mistico e, inequivocabilmente  made in Italy.

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2. Mini brioche di baccalà – Alba Esteve Ruiz (Marzapane Dolce&Cucina, Roma)

Una delle declinazioni più efficaci del tema “Tu vuò fa’ l’americano… ma si made in Italy” arriva  dalla chef spagnola che sta scalando velocemente le classifiche dei gourmet (dovrebbe aver fatto conquistare al suo risto-bistrot il premio Qualità Prezzo della Guida di Roma del Gambero Rosso ed è entrata nella rosa di pretendenti al titolo di chef emergente di Luigi Cremona). Il “bakkalà” reso in forma di hamburger, cotto a bassa temperatura e condito con salsa bbq home made, cipolla bruciata e poi ancora con rucola (Italia a go go) e lardo di patanegra (un tocco di Spagna, se permetti) è racchiuso in un pan brioche di grande fragranza e morbidezza, ricoperto di pecorino e di semi di papavero. Succulento e assertivo, il sandwich di Alba Esteve al primo morso stupisce, al secondo convince, al terzo disperde definitivamente la nostalgia verso l’originale panino made in USA

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3. New Saraghina’s Salad – Gianluca Gorini (Le Giare, Montenovo di Montiano- Forlì-Cesena)

Sorprende la giovane età di Gianluca Gorini  e la disinvoltura con cui racconta dei suoi virtuosismi creativi (che si è anche aggiudicato il premio per la frase più bella di Festa a Vico – è un delirio gastronomico – e l’anno prossimo cucinerà tra i Big). Il suo piatto vince per semplicità e per un minimalismo estetico che lo rende elegante e invogliante allo stesso tempo. Dunque, insalata di saraghina alla brace, marinata in sale, zucchero e citronette, con pane insaporito agli agrumi, cracker al pomodoro, senape, cipolla, e infine, uvetta marinata nel Pernaut. Parbleau. Un consiglio?  Raduna tutti gli elementi in un’unica forchettata e godi di un boccone che da esperienza si fa racconto

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4. Carbonara in the box – Dino de Bellis (Salotto Culinario – Roma)

Il volto di Dino de Bellis si perde tra i fumi di padelle bollenti, mentre, preso da furore creativo, riempie le graziose scatolette tonde destinate a contenere la sua Carbonara in the Box, ovvero il ritorno a casa del bacon. Schietta e verace: mezzemaniche rigate del main sponsor De Cecco, uovo, pecorino, pepe e guanciale a cubetti ravvivati da un tuorlo di un arancione fortemente carico e traslucido. Sfacciatamente bona, come se dice a Roma.

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5. Cioccocrostino toscano – Lorenzo Matteo Barsotti (Trattoria Enoteca Barsotti, Marzabotto-Bologna)

Immaginate di trovarvi davanti un cioccolatino e di fantasticare sul ripieno in base al già visto e già sentito. Immaginate poi di rimanere totalmente folgorati all’assaggio dalla farcia molle di patè di fegatini di oca, anatra, pollo. Ad arricchire il tutto, una croccante cialda di pane, un sugo denso di ristretto d’anatra e polvere di lamponi essiccati. Dolce e salato, acido e sapido si incontrano in un piatto di grande e inattesa complessità.

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6. Hot dog “napoletano”, panino gourmet da antipasto – Salvatore Accietto (Le Tre Arcate, Piano di Sorrento -Napoli)

“Se dovete scrivere qualcosa, scrivete innanzitutto che il forno è rotto”. Si scusa perché teme che l’impossibilità di raggiungere la temperatura perfetta possa punire il suo lavoro. Noi lo rassicuriamo. Il piatto viene assemblato davanti  ai nostri occhi accesi da un inarrestabile crescendo di libidine. Pane prodotto con farina di 5 cereali, farcito di cervellatina di maiale, chips di patate bianche e viola fritte in olio extravergine d’oliva e declinate in due diverse consistenze (più morbide le une, più croccanti le altre). Abbondanti ketchup e mayonese  a base di uovo olio aceto e patate e, infine, una nota di freschezza assicurata dal pomodoro cuore di bue. Se alla vista l’hot dog di Acciento ricorda la frenesia accesa di un quadro di Kandinsky, al palato offre una pura esplosione di gusto. Food porn dentro, al di là delle latitudini e delle temperature.

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7.  Polpo e la patata viola – Cristoforo Trapani (Il Palmento, Piano di Sorrento – Napoli)

Punta sulla semplicità e su un prodotto da orto sempre più considerato nei circoli culinari: Polpo e patate viola. Niente di meno, molto di più. Tentacoli di polpo e chips di patate viola tuffati in una succulenta gelatina di polpo che da sola varrebbe il piatto, e ricoperti di  ottima maionese a base di polpo e olio di semi. Tanto gusto, poco sforzo. Solo col talento si può.

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8. L’uovo all’amatriciana – Carmine Calò (Hotel Il Salviatino, Firenze)

“Assaggia st’uovo, vuoi che muoro?!”. Carmine Calò anticipa in modo simpaticamente spaccone, il suo piatto bandiera: l’uovo all’amatriciana. Cotto a 68° per 18 minuti, sulla falsa riga parisiana che lo vuole cotto a 61° per 20 minuti, l’uovo si presenta camuffato da una lieve spuma di parmigiano guarnita da listarelle di guanciale croccante. Sul fondo del piatto, una salsa all’amatriciana di sorprendente delicatezza. “Data la sua consistenza schiumosa, all’inizio avevo intenzione di presentarlo in una tazza di cappuccino, ma poi non mi è stato possibile”. Carmine però è uno ostinato e non vuole rinunciare allo spirito da colazione, così ci aggiunge un mini croissant farcito alle erbe, dalla pasta piuttosto dura, che lo predispone ad essere “pucciato”. La verità è che, spacconeria a parte, l’uovo di Carmine è buono davvero. Una generosa cucchiaiata può racchiudere poteri ricostituenti inattesi. Ma non dimenticare di spingere la posata fino in fondo, poiché la salsa all’amatriciana giace muta e consapevole all’ultimo strato, pronta ad intervenire e a realizzare un equilibrio gustativo davvero degno di nota.

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9. U’spassatiempo – Imma Gargiulo (Hotel del Corso, Sorrento-Napoli)

Non poteva avere nome più azzeccato il piatto di Imma Gargiulo . U’spassatiempo, lo spassatempo, ispirato a un vecchio dessert napoletano. Bacche di pepe rosa, nocciole, mandorle e arachidi tostate, biscotto di lupini, yogurt acido e zucchero filato. Con la prima cucchiaiata la cremosità dello yogurt sostiene alla perfezione la ruvida tostatura della frutta secca ma, soprattutto, la spettacolare apertura aromatica delle bacche di pepe rosa, sontuosa e felicemente smorzata  dalla ruvidezza “vetrata” dei lupini. Lo zucchero filato, in questo caso, rappresenta l’elemento dolce che riequilibra il piatto (retto dall’acidità dello yogurt) e che lo colloca di diritto nella lista dei dessert dolci. Da mangiare e rimangiare anche solo per spassatempo

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10. Ma se ghe pensu, memorie di pesto e pesce povero – Serenella Medone (Al solito posto, Bogliasco-Genova)

Serenella Madone è di una giovialità spiazzante. Sistemata all’ingresso di un’enoteca, si prodiga per servire per tempo gli avventori, ripetendo incalcolabili volte il racconto del suo piatto che più ligure non si può. È una rivisitazione della “galletta del marinaio” ligure, preparata questa volta con farina di ceci, a formare un sandwich leggero, farcito di cagliata di latte (prescinseua), pesto leggero senza formaggio e poco aglio, e una carnosa dadolata di leccia stellata, parente povera della ricciola, marinata a secco. Tre le assi degustative di questo piatto (la carnosità della polpa di leccia, l’irresistibile croccantezza della galletta di ceci, e la sontuosità del pesto) destinate a incontrarsi grazie alla mano felice di Serena, cui va il merito di aver proposto un piatto di grande freschezza e delicatezza.

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Una menzione speciale va a un prodotto, il caciocavallo podolico di Giuseppe Bramante presentato da Gianni Ferramosca su queste pagine e a Festa a Vico insieme al forno Sammarco. Un’esplosione di gusto che ha conquistato Davide Scabin pronto ad andare in trasferta per vedere dove si fa questo formaggio che vale un viaggio.

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Ecco gli oggetti professionali messi a disposizione da Quartiglia.

  1. Un Set di Coltelli Montana per Roberto Allocca
  2. Una pentola wok Le Creuset per Alba Esteve Ruiz
  3. Una padella in rame stagnato Fasa perGianluca Gorini
  4. Una piastra di sale dell’Himalaya a Dino de Bellis
  5. Una piramide Vertigo a Lorenzo Matteo Barsotti

Gli chef devono inviare una mail a info[at]scattidigusto.it con le proprie coordinate per ricevere l’oggetto.

[Daniela Dioguardi. Immagini: Daniele Amato]