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Guida Michelin 2014. Le nuove stelle che vorrei vedere in Italia

lunedì, 04 Novembre 2013 di

Michelin 2014 Michael Ellis

Martedì 5 novembre esce la Guida Michelin 2014 che assegna le stelle ai ristoranti in Italia. La “Rossa” ha il peso maggiore tra le guide cartacee (tutte, comunque, dispongono di un’app) e orienta anche una clientela internazionale. La prima stella, quella che premia maggiormente la cucina (la scala si completa con le due e le tre stelle e qui avete il quadro dell’Italia a oggi), è capace di far variare l’assetto economico di un ristorante. È forse la più importante per i destini di un locale, ovunque esso si trovi. A 24 ore dalla cerimonia che si terrà vicino al Duomo di Milano, il nostro gioco è sperare che 10 ristoranti che ci sembrano tra i più papabili possano ricevere l’agognato trofeo. O alcuni di loro essere inseriti nella lista delle promesse per l’anno prossimo. L’inizio di una carriera fulgida e ricca di successi.

Manna, Milano

Matteo Fronduti fronduti pasta Aldo Fabrizi

Fa piacere rivedere Matteo Fronduti in forma dopo un brutto incidente avvenuto quest’inverno, il che lo rende due volte un sopravvissuto vista l’esperienza giovanile alla corte di Davide Oldani. Fronduti è il Frank Zappa della ristorazione italiana, la risposta alla domanda “does humour belong in haute cuisine?”. C’è ricerca, c’è tecnica, ma c’è anche ironia e autoironia, assieme a un’altra cifra stilistica ricorrente, la ricerca di una cucina “finto ignorante” (come non citare i bucatini cacio e pepe e fegato d’abbacchio), o meglio una cucina alta che volontariamente si abbassa, secondo un topos diffuso (e a me caro) in letteratura che trova in Bret Easton Ellis, uno dei maggiori interpreti. E se nella cucina di uno chef riusciamo già a trovare non uno, ma due fili conduttori coerenti è probabile che i requisiti per la stella siano soddisfatti, anche se la carta dei vini deve crescere (ma qui vige il BYOB) e l’ambiente è l’opposto del lusso delle dining room di grandi alberghi che facilmente conquistano macaron con una cucina che vale una frazione di questa.

Acquerello, Fagnano Olona (Varese)

Ho vissuto fino a cinque minuti fa nella convinzione che questo ristorante avesse, giustamente, la stella, poi mi sono improvvisamente accorto di una mancanza che il fact-checking ha confermato non essere refuso. L’incipit dovrebbe bastare a inquadrare la considerazione che ho di Silvio Salmoiraghi, chef con rilevanti esperienze internazionali che ha eletto domicilio in questo ristorante poco visibile e poco chiacchierato, ma dove la sua mano felice e leggera si esalta soprattutto nel lavorare, con piglio a tratti più transalpino che italico, ingredienti di mare. Ci si stupisce dell’equilibrio e dell’armonia dei piatti, della ricerca e della profondità della cantina, dei prezzi davvvero contenuti, prima di rilevare la sottostima da parte della più celebre delle guide; è vero, sala e servizio sono da registrare, ma non è forse scritto a chiare lettere sulla Rossa che la prima stella si assegna solo in base ai meriti della cucina?

Spinechile Resort, Schio (Vicenza)

Corrado Fasolato, dopo l’esperienza del Met di Venezia, è ripartito con questo audace progetto, portandosi dietro parte di un repertorio importante. Non ho ancora avuto occasione per mangiare allo Spinechile Resort, ma voglio ugualmente citarlo in questa lista di ristoranti meritevoli di stella per due motivi. Il primo è che conosco lo chef, la sua cucina e quel che valgono. Il secondo è il consenso unanime degli affidabili gourmet di mia conoscenza che mi hanno ragguagliato su questo ristorante, la cui inaccessibilità mi favoleggiano come leggendaria (“è un viaggio vero anche per uno di Vicenza”), a fronte di uno scenario davvero incantevole. La speranza di provare presto con mano è, manco a dirlo, malcelata.

Le Giare, Montenuovo di Montiano (Forlì-Cesena)

Non fatevi abbagliare dalla vista mozzafiato, dall’ambiente curato nei minimi dettagli, dalle luci sfavillanti e dalla splendida terrazza con piscina: ricordate invece che la Romagna ha due anime, mari e monti, apparenza e materia, e questo è il loro ideale punto d’incontro. Al timone c’è un vulcanico patron d’altri tempi, Claudio Amadori, che quest’anno ha sostituito l’ottimo Omar Casali con il non meno bravo e quotato Gianluca Gorini, già al Poggio Rosso di Borgo San Felice. La cucina è creativa ma con garbo, povera di passaggi di stato ma ricca di inattese, felici aperture negli accostamenti. Forma e sostanza, come il titolo di un pezzo dei C.S.I. che recitava “Voglio ciò che mi spetta, lo voglio perché è mio, m’aspetta”. Ogni riferimento alla prima stella è puramente intenzionale.

Il Tiglio, Montemonaco (AP)

Il Tiglio. Quella di Enrico Mazzaroni è autentica resistenza umana, sta lì incastonato come un cristallo di rocca alle pendici dei Monti Sibillini a proporre una cucina di testa e di cuore, di tradizione e di innovazione. Non ha forse ancora capito quanto esattamente vuole aderire alla tavolozza del territorio o distaccarsene, ma queste generalmente sono critiche che si rivolgono a chef più affermati. Prosegue l’orgogliosa tradizione europea dei grandi ristoranti in posti sperduti, ma soprattutto: la stella a un locale eroico e virtuoso come questo ne moltiplica le capacità di sopravvivenza, e tutti quelli che hanno mangiato al Tiglio vogliono che sopravviva.

Il Canto, Siena

Paolo Lopriore Pici cacio e pepe Lopriore

#forsenontuttisannoche Paolo Lopriore ha riaperto, con dei cambiamenti notevoli, è vero, ma la sua non è certo una trattoria e in qualche mese di chiusura uno dei più talentuosi chef d’Italia indubbiamente non ha perso la sua abilità. Quella che si può apprezzare oggi al Canto è una cucina con meno colpii di testa e meno voli pindarici (vogliamo citare i pici cacio e pepe?), ma anche meno autocompiacimento ed ermetismo da genio autistico; il che rende ancor più difficile trovare appigli per non restituire a Lopriore quello che tutti i gourmet d’Italia chiamerebbero il maltolto. E si badi che la cifra stilistica dello chef è presente e persistente, tuttavia è inserita in un contesto di più ampio respiro e meno estremo. La struttura, per giunta, rimane una delle più incantevoli della Toscana.

Marzapane, Roma

crucifere-Marzapane-nuovo-ristorante-RomaAlba-Esteve-Ruiz-chef-Marzapane

Ha cuore latino e mente tedesca la giovanissima Alba Esteve Ruiz che, in meno di 6 mesi dall’apertura del bistrot che si ispira al Septime di Parigi, è andata a caccia di riconoscimenti conquistando completamente il Gambero Rosso. Prima il premio qualità-prezzo dell’edizione romana con una forchetta, poi il premio Cuoco Emergente e le due forchette sulla guida nazionale a quota 81 lì dove altri professionisti del bistrot hanno sudato anni per arrivarci. Più che una stella, una promessa stella di quelle che devono ancora mettere a punto la sua cucina che comunque spicca nel panorama della Capitale. Ha colpito con le crucifere, che sarebbero volgarissimi cavoli, ha stupito con paste e si è concessa il lusso di salire sul trono della carbonara. Il reparto che più soffre è quello dei secondi e il pericolo è montarsi la testa per un successo così rapido. Ma la vera domanda è se alla Michelin si saranno accorti dei progressi di Marzapane in questo piccolo lasso di tempo?

Stazione di Posta, Roma

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Se è vero che la stella va al ristorante e non allo chef, il tandem che fa girare il nuovo locale di Testaccio, al redivivo Campo Boario, merita un’illuminazione almeno da promessa. Emanuele Broccatelli da Londra ha fatto una deviazione sul Caffè Propaganda e poi è arrivato in braccio a Alessandro Pipero che dello Stazione di Posta è mentore. E sotto la sua ala da talent scout è arrivato anche l’istrionico e cordiale Marco Martini che potrebbe diventare il fratello quasi gemello di Luciano Monosilio, lui già stellato. Una squadra di talenti con Broccatelli che fa girare la testa con i suoi cocktail e Martini (nomen omen) che dà il colpo di grazia con la sua cucina ricca di evocazioni e di trovate. L’ajo e ojo di mare lo porterà lontano quanto una carbonara da Rex. Alemno speriamo

L’Angolo d’Abruzzo, Carsoli (L’Aquila)

Non solo nuove aperture, non solo cucine internazionali, moderne e audaci. Probabilmente la Rossa non darà nel 2013 la stella a questo ristorante, ma continuerò a pensare che la sua assenza dall’elenco sia un’anomalia, o un’ingiustizia, a seconda dei punti di vista. La gestione è familiare, e il patron Lanfranco Centofanti, uomo d’altri tempi e abile narratore, ha completato con successo la transizione che oggi vede ai fornelli il figlio Valerio, fattosi prima notare come enfant prodige della pasticceria. Eppure i francesi non dovrebbero rimanere insensibili al fascino di questa cucina che mette al suo centro ingredienti scelti con maestria, propone piatti ricchi e golosi, rievoca l’identità pastorale di una terra celebrandone le ricchezze gastronomiche, non ultimo il tartufo bianco che qui, come non tutti sanno, è sontuoso. Il quadro è completato da una carta dei vini spettacolare che custodisce tesori dell’enologia nazionale (e non solo) a prezzi spesso più che ragionevoli. Senza contare che arrivare qui dalla Capitale è un attimo.

Kresios, Telese Terme (Benevento)

Non posso non amare il locale che ha uno degli epiteti di Bacco, il dio del vino. La “locanda” di Giuseppe Iannotti parte subito con una dichiarazione che non potrà lasciare insensibili i bevitori della Penisola sicuri di poter sprofondare nei letti delle 2 camere (meglio quelli delle 2 suite) a disposizione dei viandanti che guardano soprattutto alla tavola. Cercherò di affidarmi ai numeri senza pensare a Bacco. Già giovane dell’anno (nel 2012) per l’Espresso di Enzo Vizzari che monitora con profondità la Campania, una delle regioni che la guida pone sul tetto d’Italia, lo chef è stato indicato come promessa stella dalla Michelin per questo 2013. Sarà il 2014 l’anno della consacrazione per Iannotti che è segnalato come emergente a quota 83/100 dal Gambero Rosso e per l’Espresso vale 15,5 cioè mezzo punto in più di stellati campani come Locanda Severino, Le Trabe, Il Papavero, Le Colonne, Palazzo Petrucci, Il Comandante del Romeo e Vairo del Volturno? E non penso che la “Rossa” voglia promettere senza mantenere.

Ora tocca a voi. Con la bacchetta magica, a chi assegnereste la prima stella Michelin in Italia?

[Fabio Cagnetti. Immagini: Pneurama, Porzioni Cremona, Stefano Caffarri, Marco Colognese, Cook_Inc, Martina Liverani, Alessandro Castiglioni/Identità Golose, Insubria di Gusto, Daniele Amato, Scatti di Gusto, Vincenzo Pagano]