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Corsica. Cosa mangiare e dove dormire al Cap Corse

martedì, 16 Giugno 2015 di

Mare Bastia Corsica

Cap Corse, il “dito” della Corsica: lontano dal turismo di massa, ricco di piante e fiori spontanei, strade serpeggianti, paesini di case alte d’ardesia e chiese pastello, torri di avvistamento tra panorami a sorpresa.

E ricco anche di ristoranti creativi e ospitali, di luoghi in cui dormire felici, di specialità gastronomiche da portare a casa.

Ecco cosa ho scelto per salutare Milano e i ristoranti dove per fortuna noi cittadini possiamo mangiare all’aperto.

Dove mangiare

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  1. Bastia. Puntate sui ristorantini del porto vecchio, che rielaborano la tradizione con cura e creatività. Come Le Cosi, Col Tempo, Chez Huguette, Côté Marina. Le porzioni sono piuttosto generose e i piatti sono serviti con altrettanto generosi accompagnamenti. A volte, anche un amuse-bouche è impegnativo.
  2. Erbalonga. Andate a L’Esquinade, delizioso ristorantino di mare e di pesce con pergolato all’ombra, quasi pieds dans l’eau.
  3. Nonza. Per andare a La Sassa si sale quasi fino alla torre del paese. Si arriva al locale, easy-chic che si snoda lungo una terrazza sospesa su uno sperone di roccia. Piatti di pesce freschissimo in arrangiamenti che deliziano gli occhi e il palato. Sotto, il mare e la spiaggia colmata con gli inerti della cava non lontana dove la gente scrive e disegna coi sassi bianchi messaggi visibili a grande distanza.
  4. Sisco. C’è A Stalla Sischese. Il nome è un pretesto. L’ambiente non è poi così rustico. Il ristorante è molto amato anche dai Corsi che accorrono fedelmente. Cucina tradizionale, profumata, aromatica, abbondante.
  5. St. Florent. La Roya non è solo un ristorante – uno dei migliori della Corsica – ma anche un lussuoso resort sul mare, vicino alle splendide spiagge della zone degli Agriates. Della mise-en-table sono complici stoviglie realizzate ad hoc dal ceramista Julien Trouchon. Nei menu, lo stellato chef bretone Yann Le Scavarec dà spettacolo, dall’antipasto al dessert, che facilmente vi arriva sotto una cloche da scoperchiare teatralmente.

Dove dormire

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  1. Brando, Castel Brando, nato dalla riconversione di una casa di americani. Erano detti così i corsi che, nel tardo ’800, tornati in patria dopo aver fatto fortuna nelle Americhe, volevano in paese ampie e solide ville con giardino, balconi, bei portoni. Oggi molte di queste ville sono in rovina, prive di eredi legittimi. L’hotel-residence di cui parliamo costituisce un’eccezione. Dotato di spa, piscina, veranda, offre un’atmosfera riposante, fuori dal tempo.
  2. Bastia, les Voyageurs. Basato sulla praticità. Non lusso, ma camere linde, placide e confortevoli. Connessione internet sempre funzionante e qualche piccola dimenticanza nel servizio di colazione. A Bastia, peraltro, un’offerta alberghiera completa è ancora piuttosto scarna.
  3. San Martino di Lota, La Corniche. È una sorta di nido d’aquila – una casa padronale con una terrazza ombreggiata da platani centenari, che domina la vallata e gode di una vista sul mare fino alle isole dell’arcipelago toscano. Cucina rinomata e ospitalità destinata a crescere se, come pare, tutti i paesi collegati – non solo toponomasticamente – a S. Martino formeranno l’omonimo Cammino.
  4. Appena fuori St. Florent, Loredana è un resort di lusso. Ridevamo molto quando ci hanno raccontato del soggiorno di un George Clooney in incognito motociclistico prima del suo matrimonio.

Cosa riportare a casa

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  1. Formaggio, o casgiu. Di capra o di pecora? Nell’arte casearia corsa, le due fonti animali principali sono queste, per formaggelle e tome più o meno sapide e stagionate, perfette con le confetture tipiche, tra cui spicca quella di fichi. Un discorso a parte merita il brocciu, più liquido di una ricotta, più fresco della panna, più versatile del latte – il primo dolce di ogni bambino, se addolcito con zucchero, l’ingrediente bianco e cremoso di un’infinità di zuppe e ripieni, ma intrasportabile e quindi (non è una punizione) da consumare rigorosamente in loco.
  2. Miele. La Corsica, e il Cap Corse in particolare, non hanno conosciuto la morìa delle api che ha investito d’Europa. La produzione di miele è gagliarda. Alcuni millefiori sono fragranti di corbezzolo, e ci sono monofiore alla lavanda, al castagno. Andate a cercare il miele nei negozi, nei mercatini o in campagna direttamente dal produttore, come per esempio presso Alain Moneglia a Sisco o Gérard Laurenti-Gherardi a Pietracorbara.
  3. Cedro. Nella cedrata e in speciali distillati, in gelati e sorbetti, nei favolosi cedri interi canditi ritroverete questo agrume, che sta conoscendo un nuovo impulso sia di coltivazione sia di utilizzo (piace molto agli chef, non solo francesi). A parte l’assortimento di prodotti presso il famoso Mattei in place St. Nicolas a Bastia, c’è anche chi, come Xavier Calizi sulle alture ventose di Barrettali, cura appassionatamente una piantagione-collezione di agrumi e trasforma in loco i frutti.
  4. Lonzu (e tutta la charcuterie!). Chi ama affettati e insaccati trova il suo paradiso capicorsino quasi in ogni paese, negozio, ristorante, épicerie. Il lonzu, specialità suina dalla carne chiara e magra, profumato e compatto, stagionatura 3 mesi minimo, si compra bene anche sulle bancarelle del mercato identitario domenicale di Bastia o nei negozi intorno al porto vecchio come U Paisanu. Guai però a metterlo in frigo, ammesso che ci arrivi.
  5. Vini. I vigneti del Capo Corso verdeggiano soprattutto nella fertile zona di Patrimonio (nomen omen) con vitigni dai nomi evocativi e molte cantine, benché organizzatissime commercialmente, sono perlopiù a conduzione familiare. “Patrimonio” è anche una denominazione principale capicorsina. A tavola vi sarà offerto spesso un calice di Muscat du Cap Corse per aperitivo.

E ora aspetto i vostri di suggerimenti per questa estate in Corsica. Ne avete?

[Immagini: iPhone Daniela Ferrando, tripteaser]

Di Daniela Ferrando

Milanese, trent’anni di copywriting e comunicazione aziendale. Le piace che il cibo abbia le parole che merita: è cultura. Parlando molto e mangiando poco, non si applica nel suo caso il “parla come mangi”.