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Cibo, erotismo, bugie e ricette: chi sono gli Sbafatori del nuovo libro di Camilla Baresani?

lunedì, 14 Settembre 2015 di

civetta con libro

Chi saranno mai i due Sbafatori protagonisti del nuovo romanzo di Camilla Baresani?

Rosa è una giovane foodblogger simpatica e maldestra. Guidobaldo è un maturo e supponente critico gastronomico. Entrambi cercano di vivere al di sopra delle proprie possibilità.

Un giorno si incontrano a una verticale di champagne, e, nella suite di un grand hotel veneziano, si accende tra loro una passione fondata sulle bugie e sulla rivalità. Viaggi, cene, vacanze: la vita dei due protagonisti sembra davvero invidiabile ma il finale dice altro.

Camilla Baresani

Camilla Baresani ci conduce nei retroscena di una storia d’amore ed erotismo, e traccia un ritratto beffardo e spoetizzante del dorato mondo del cibo – giornalisti, pierre, chef, supporter – con i suoi lussi, i suoi inganni, le sue perversioni.

In appendice al romanzo, le imperdibili ricette (esistenziali) della protagonista.

Già immagino che cercherete di far coincidere i profili del romanzo con quelli che avete davanti agli occhi: dalle fuffblogger di Valerio M. Visintin ai giustizieri della Tangenziale c’è un’infinità di combinazioni.

Intanto, prendete nota dell’introduzione.

copertina libro Camilla BaresaniAll’inizio non sai nulla ma devi fingere di sapere. Poi, per anni e anni, forse per tutta la vita, continui a non sapere abbastanza, ovviamente senza ammetterlo. La verità è che senza mentire è impossibile farsi strada. Ognuno di noi aggiunge, omette, evidenzia circostanze particolari della propria esistenza, creandone così una che è molto diversa da quella reale ma sembra vera a chi gli dà credito.

Non solo: spesso, a crederci più di ogni altro è chi racconta la propria vita semi inventata. Non c’è nulla come affermare cento volte le stesse storie ed esperienze false o ingigantite, per iniziare a sentirle reali. Non ha senso soffocare le proprie potenzialità con sensi di colpa o, peggio ancora, vergogna solo perché non siamo in grado di fare questo o quello, perché non abbiamo posseduto, non abbiamo saputo, non abbiamo avuto accesso, o perché abbiamo perso l’occasione. Milioni, anzi miliardi di persone sulla faccia della terra ricorrono alla menzogna creativa, al far finta, alla simulazione. E spesso non lo fanno per truffare, rubare, nuocere. L’unico fine è quello di emergere, ottenere cose lecite, costruire qualcosa di utile.
Prendiamo due personaggi famosi, la pittrice Tamara de Lempicka e lo scrittore Raffaele La Capria.

Lei, una donna sicuramente non bella, più che altro magra (ma era la fame), voleva a tutti i costi diventare ricca e famosa, abbindolando milionari per dare un alto valore alla propria creatività. “Se posso permettermi solo un pasto in trattoria, preferisco sbocconcellare patatine in un grande albergo”, diceva per spiegare la sua ricetta esistenziale. Appostata nei bar dei suddetti alberghi, tra cetriolini e anacardi riuscì a mentire raccontando i propri successi artistici così bene che i facoltosi clienti cominciarono a crederle e a fare incetta dei suoi dipinti. Quando morì a Cuernavaca, dopo essere passata attraverso tutte le guerre e le rivoluzioni, e aver abitato nei luoghi più eccitanti e creativi del Novecento, Tamara de Lempicka aveva disseminato così tante leggende sulle proprie origini, che per i suoi biografi fu impossibile ricostruire la verità. Oggi, quando visitiamo nei grandi palazzi espositivi le sue retrospettive, ci troviamo a pensare che certamente quella donna ingegnosa aveva un notevole talento artistico, ma quanti ne hanno avuto altrettanto e nessuno se n’è accorto? Forse loro non sapevano mentire.

Raffaele La Capria nel 1961 ha scritto Ferito a morte, romanzo premiato dal successo e diventato un classico, sempre citato quando si parla di ragazzi italiani portati alla bella vita più che al lavoro. Uno dei protagonisti, Nini , è un indolente viveur ritagliato su Pelos, il fratello di Raffaele La Capria. Nel romanzo, lo scrittore gli attribuisce l’idea di “degrottazzurrificare” Capri. Per farlo, Nini , cioè il personaggio letterario, compra a Napoli una bombola di colorante giallo, residuato di guerra della marina americana. Queste bombole erano nella dotazione dei gommoni di salvataggio e servivano a segnalarsi agli aerei da ricognizione. Nini  versa dunque il colorante nella Grotta Azzurra; la mattina dopo, quando i turisti arrivano, trovano la mitica grotta “d’un giallo limone arrabbiato”. Naturalmente i barcaioli si infuriano: per diversi giorni non potranno più portare turisti a visitare la grotta, finché il giallo non si slavi e torni l’azzurro di ordinanza. Poiché tutti sospettano che il colpevole sia lo scapestrato Nini , lui scappa e va alle Eolie. Pura invenzione romanzesca, ovviamente, ma passano gli anni, e il fratello di La Capria, ormai vecchio, rievocando con lui le rocambolesche prodezze di gioventù, gli dice: «Ti ricordi quando ho tinto di giallo la Grotta Azzurra?».

«Tu non hai tinto niente», nega lo scrittore.

«Me lo ricordo benissimo…», rivendica il fratello, e si arrabbia come se venisse defraudato di snodi fondamentali della propria esistenza. Possiamo dire che Pelos sia un bugiardo? Tutt’altro.

Ogni verità contiene una buona parte di bugia.

Sono due casi nella moltitudine: alla lunga, le vite fittizie di Tamara e di Pelos divennero più reali di quelle vere.

Inventare, inventarsi, è vitale. Lo fanno anche i protagonisti della storia che state per leggere, alle prese con il proprio legittimo bisogno di farsi notare, di emergere, di conquistare. Di sbafare.

Tutti pronti ad andare in libreria il 22 settembre per dare il via al gioco del “chi è” come è stato, tiro a ricordare, con Lo chef è un dio della Bellantoni?

[Illustrazione: Danny Sobole]

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