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In ricordo di Matteo Mevio

lunedì, 31 Ottobre 2016 di

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E così questo 2016 sanguinario si è portato via anche Matteo. Era una notizia che tutti temevano ma che diventava ogni giorno più probabile.

Matteo Mevio era un ragazzo. E un pizzaiolo. Forse basta questo, a ricordarlo: chi lo ha conosciuto ragazzo, lo ha accompagnato negli anni, non ha certo bisogno di parole; chi lo ha conosciuto pizzaiolo, chi ha mangiato le sue pizze, in particolare da Marghe, la sua creatura, ne ha un ricordo altrettanto intenso.

Io ho conosciuto Matteo da pizzaiolo. Mi aveva chiesto l’amicizia su Facebook quando lavorava da Lievito Madre al Duomo, la pizzeria di Gino Sorbillo qui a Milano – di cui era stato allievo a Napoli. Ma aveva lavorato anche all’estero, a Londra, e in Irlanda – era partito da Tirano, in Valtellina, dove era nato ventott’anni fa (e la madre, Antonella, è napoletana: che ne fa un napoletano a tutti gli effetti). E qui a Milano, in una palestra di pugilato, con un gruppo di amici-imprenditori, era nata l’idea di Marghe.

L’avevo intravista in alcuni post ancora su Facebook, gli avevo chiesto qualche informazione – ed ero andato ad assaggiare la sua pizza con due amici, Alessia e Vincenzo, forse un paio di giorni dopo l’apertura, quasi un anno fa. Tre pizze, e la soddisfazione di una scoperta: in pochissimo tempo, Marghe è diventato uno dei posti di cui si parlava, in cui c’era sempre gente, un locale di successo.

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A cui era seguito Marghe 2, in via Plinio, qualche settimana fa.

Una pizza che si era subito fatta notare, apprezzata ed entrata subito nelle top ten milanesi.

Neanche trentenne, Matteo è già famoso, è arrivato: non potrà fare altro che migliorare i suoi impasti, precisare meglio le sue idee. Un futuro che si è fermato sotto un tram della linea 16, a poche decine di metri dalla sua pizzeria di via Cadore. Una manovra sbagliata in moto, mi ha raccontato un amico che casualmente era lì in quel momento, e che ha chiamato subito i soccorsi: ma c’è voluta mezzora per liberarlo, e la sua situazione era già grave.

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Come tutti, ho appreso la notizia su Facebook: che è diventato ormai cassa di risonanza, comunità e cortile, delle nostre vite comuni. Il seguito Web, la solidarietà, l’affetto, che hanno fatto seguito all’incidente di Matteo lo dimostrano: bollettini medici e abbracci alla madre Antonella, incitamenti a tenere duro e un po’ di retorica (che spesso in questi casi diventa un modo facile per esprimere quello che per cui non si trovano le parole), preghiere e foto, tante foto di Matteo, con i suoi tatuaggi e le sue pizze, e striscioni dedicati a lui, milanista, negli stadi.

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E anche tanti, tutti i pizzaioli suoi colleghi, milanesi e non. E tante parole, quelle degli amici, degli estimatori, le sue,a sottolineare la sua umiltà, soprattutto, ma anche la sua consapevolezza, la sua fiducia nella sua squadra.

Fino a ieri sera, quando, sempre su Facebook, ho letto la notizia della sua scomparsa. Un anno particolarmente feroce, questo 2016, che se ci ha tolto molti grandi “vecchi” che hanno segnato la nostra vita, si sta accanendo anche con i più giovani. E in particolare nel nostro piccolo mondo del food: abbiamo pianto persone come Giacomo Tachis, Massimo Grazioli, Davide Oltolini, Angelica Fiorebianco e ora Matteo.

Restiamo con il rimpianto per un futuro spezzato, per un ragazzo che non c’è più, ma con la certezza che ci resterà almeno una parte della passione che metteva nel pensare e nell’impastare le sue pizze.

Ciao Matteo.

[Immagini: pagina Facebook di Matteo Mevio, Vincenzo Pagano, Gino Sorbillo, QuestamiaMilano.com, Luigi Capuano]

 

 

Di Emanuele Bonati

"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.