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Sora Maria e Arcangelo: piatti tradizionali a prezzi strepitosi

giovedì, 04 Maggio 2017 di

Il ristorante o, meglio, trattoria Sora Maria &Arcangelo è un piccolo-grande gioiello che dal 1950 colora e vivifica il paesino quasi sconosciuto di Olevano Romano.

Nella campagna laziale, fra una collina e l’altra, nascosto fra i rami degli alti lecci, questo ristorante, da timida e anonima osteria, è giunto ad assumere il ruolo guida della cucina tradizionale laziale.

Il merito di questa evoluzione è tutto dello chef, o forse è meglio dire cuoco, Giovanni Milana che con un occhio rispettoso al passato e uno curioso al futuro è riuscito a creare una cucina dal chiaro, personale e inimitabile profilo gastronomico.

Sono proprio il rispetto e la curiosità le cifre stilistiche di Giovanni. Il desiderio di cambiare, di rompere gli schemi tradizionali, senza però stravolgerli, lo ha portato a ciò che oggi è Sora Maria & Arcangelo: una trattoria, una casa dall’impianto classicheggiante, le fondamenta stabili e sovrastrutture rinascimentali.

Il mio tour di sapori, seduta alla sua tavola, è stato folgorante, ricco di suggestioni. In un piccolo territorio, qual è la campagna olevanese, ho scoperto infinite sfumature di bontà, piccoli tesori gustativi di produttori locali: partendo dai salumi laziali selezionati dal grande Vincenzo Mancino di DOL e i caprini di Marzia Molinari fino ad arrivare alle alici di Anzio e le farine dell’Azienda Agricola Poggi.

Dal menù trapela un’attenzione maniacale alla materia prima. Ed è proprio il territorio, l’artigianalità, il motore della passione e dell’evoluzione di Giovanni che incessantemente scopre nuovi prodotti esaltati, poi, con gesti tradizionali.

Ma passiamo ai fatti! Varcato l’ingresso del locale dall’atmosfera confortevole e casalinga, inizio il mio viaggio fra classicità e avanguardia in dinamico equilibrio gustativo.

Le danze si aprono con il fragrante pane del panificio locale di Alessandro Pietrasanta, allievo del mitico Gabriele Bonci.

Segue, dopo neanche due minuti dal mio ingresso, un’apparentemente tradizionale crocchetta di patate alla paprika affumicata e Steccato di Morolo di Scarchilli. Si tratta di un ingresso netto, senza mezzi termini, parabola perfetta dell’idea di cucina di Milana, semplice ma mai banale.

Tra dubbi e incertezze, suscitate dalla molteplicità degli antipasti proposti, opto per il gran tagliere di salumi, formaggi e sott’oli fatti in casa, emblema della ricerca spasmodica e ossessiva della cucina. Indimenticabile, quasi da assuefazione, il Guanciale cotto al Vino rosso, turgido e scioglievole al palato, e la Ventricina Olevanese, un carnevale di spezie e agrumi.

Proseguiamo con un modaiolo, solo al nome, hamburger di abbacchio romano I.G.P  con pane ai tre cereali, misticanza, cipolla, maionese cacio e ovo e dei carciofi fritti eternamente croccanti. L’hamburger è succoso, ingrassato dalla maionese smorzata a sua volta dalla nota fresca e aromatica dell’insalata, mentre il croccante del pane rimanda al carciofo in una simbiosi perfetta.

Da standing ovation il Foie Gras dei Romani, ovvero il fegatello di maiale cotto nella sua rete con alloro, mele e mosto cotto di Cesanese. Un piatto provocatorio, in cui il fegato dolcissimo, per nulla ferroso, per la sua scioglievolezza immediata, dovuta al taglio a cui è sottoposto, si fa largo e rizza la testa sull’elitario fegato d’oca.

Il cavallo di battaglia si rivela essere la pasta fresca hand-made, tirata a matterello con farine integrali dal complesso profilo aromatico. Ho testato, in questa mia prima visita, tutte le paste tradizionali. Non potevo farmi mancare i celebri cannelloni della Sora Maria ripieni di pasticcio di vitellone gratinati al pomodoro e fior di latte di Morolo a latte crudo Scarchilli, goduriosi e appaganti, che prospettano un alternarsi di consistenze e temperature da capogiro.

Oppure le eleganti pappardelle all’uovo con farina di grano duro Senatore Cappelli macinata a pietra dell’Azienda Agricola Poggi al ragù di caccia, bifolco, aromatizzato al ginepro e agrumi, ” ricetta decantata da Luigi Veronelli”.

E ancora le code de soreca acqua e farina all’amatriciana, ricetta della Sora Maria, con cipolla e maggiorana, con farina integrale di Solina, guanciale Riserva di Bassiano, pomodoro San Marzano dell’agro Nocerino e pecorino romano, dove il binomio maggiorana-amatriciana è talmente riuscito da essere finito persino sul bancone del Pizzarium di Bonci.

Terminiamo il reparto salato con il simbolo della Pasqua romana, l’abbacchio, declinato in tre modi: cotoletta panata, rollè del coscio al forno, coratella con cipolle (spaziale). Il metallico/materico dell’abbacchio viene in ogni preparazione smorzato dalla nota vegetale del carciofo, della cicoria e ancora dalla dolce e quasi acidula cipolla.

La pasticceria è casalinga, non pretenziosa, ma schietta e soddisfacente anche se non all’altezza del comparto salato.

Insomma, un pranzo indimenticabile, di quelli che raramente ti dimentichi. Anche per il prezzo, contenuto a 35 € per il menu degustazione.

Grazie Giovanni, ci vediamo presto!

[Francesca Feresin]