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Puglia. Capocollo Duecento, così buono da uscire dal presidio Slow Food dei conservanti

venerdì, 21 Luglio 2017 di

Da noi in Puglia con l’estate si apre la stagione delle feste all’aperto.

Ogni occasione è buona per invitare gli amici a trascorrere una serata in allegria all’insegna del buon cibo, del vino di qualità, della bella musica.

Tutti i luoghi a disposizione, dai terrazzini delle case in città, alle aie delle masserie, ai giardini di ville al mare o in campagna fino alle chianche sulla terra rossa tra i trulli della valle d’Itria, diventano le location ideali per feste memorabili.

E’ stato impossibile, perciò, resistere al fascino di un invito a casa Santoro, nel salumificio a Cisternino, per celebrare il “battesimo” dell’ultimo nato: il Capocollo Duecento.

Il numero che dà il nome al prodotto è il carattere distintivo di questo salume d’eccellenza che entrerà in commercio da ottobre prossimo: 200 kg il peso dei maiali selezionati, cresciuti allo stato brado nel cuore della Valle d’Itria; 200 i giorni di attesa per la maturazione dei sapori dopo la lavorazione con le antiche tecniche.

Dalle mani esperte dei Santoro è nato così un Capocollo da sogno.

Gli ingredienti di una vera e propria festa pugliese c’erano tutti: tanta bella gente elegante, la musica, le lucine, i palloncini, le candele, gli squisiti panzerotti di Frisce e Mange, i latticini e i formaggi freschissimi, i vini selezionati tra le migliori DOP del territorio (eccellente il rosato di Varvaglione di Leporano), e i fantastici salumi Santoro in tutte le salse.

Da vero e proprio gastrorgasmo, secondo me, il panino con i piccoli wrustel Santorini e cipolla rossa di Acquaviva fritta in pastella.

Intitolata “Sogno di un capocollo di mezza estate”, la serata è stata anche l’occasione per fare il punto sull’attività dell’anno trascorso.

E qui la notizia che mi ha fatto sobbalzare: i Santoro, insieme ad altri produttori artigianali, si sono auto sospesi dal presidio Slow Food. Angela, la responsabile marketing, mi ha spiegato che la loro protesta, arrivata dopo lunghe discussioni, ha il preciso scopo escludere dal presidio quei salumi che contengano conservanti.

“Se fregiarsi del riconoscimento di presidio Slow Food è sinonimo di qualità, mi dice Angela con fervore, “le regole di produzione devono essere uguali per tutti e i conservanti non fanno sicuramente parte della tradizione del Capocollodi Martina Franca”.

Come darle torto?

Da settembre, se verranno accolte le richieste dei produttori che seguono le tecniche artigianali condivise, il Capocollo di Santoro tornerà a fregiarsi del marchio slow Food .

La passione con la quale Angela mi parla le accende lo sguardo. E’ la stessa luce che ho visto negli occhi del padre Giuseppe e della sorella Micaela, del socio Piero Caramia, dei suoi figli e di tutti i loro dipendenti. Fare salumi è proprio un fatto di famiglia. E’ con quell’ardore, quella dedizione, quel sacrificio che sono i pilastri ad una grande famiglia del sud, dai principi solidi e inderogabili, che tutti lavorano in azienda mettendo in campo le singole competenze. La loro storia non è di quelle raccontate negli storytelling del marketing, ma è la storia vera di un uomo. Giuseppe ( il fondatore), partito dal basso come garzone di macelleria , che ha creduto in un sogno: il sogno di un Capocollo, appunto, fatto a regola d’arte.

Ringrazio Angela Santoro per l’invito: è stato bello conoscere tutti voi ed abbracciarvi come vecchi amici, nonché avere avuto il privilegio di assaggiare per primi il vostro Duecento. Complimenti di cuore: è il più buono che abbia mai mangiato in vita mia!