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Roma | Tragedia a Testaccio! Arriva la mucca Roadhouse Grill

Aiuto, nel quartiere simbolo della gastronomia di Roma, Testaccio, apre un Roadhouse Grill, il fast food di carne alla griglia. Altro che cucina testaccina!
venerdì, 30 Settembre 2011 di

svinando

Poche cose hanno il potere di fermare la mia corsa in questi giorni. Oggi ne ho incontrata una: una catena di ristoranti a Testaccio, a Roma.

Certo non è la prima a Roma. C’è anche Chicken Hut, Burger King, Spizzico. E McDonald’s ormai dappertutto. Persino Subway sta spuntando ovunque. Per quanto orribile sia sempre la nascita di un fast food, c’è qualcosa di particolarmente sconvolgente nell’apertura di una catena di steakhouse in stile americano a pochi passi dal Vecchio Mattatoio di Monte Testaccio, luogo-simbolo della storia del cibo della città, un sito di archeologia industriale.

Il posto in questione è Roadhouse Grill, situato in via Galvani, che si affaccia su un lungo tratto di strada a Nuovo Monte Testaccio, il nuovo mercato comunale. Mentre continuano i lavori ai banchi dei macellai, dei pescivendoli e dei produttori, Roadhouse Grill è già aperto. Disgustoso è dire poco.

Il nuovo locale, con il suo aspetto estetico orrendo, si ispira ai centri commerciali degli Stati Uniti. La presenza di questa steakhouse non ha proprio senso, è del tutto fuori luogo nell’immobile che ospita un mercato a Roma ed è offensivo inserire, in una qualsiasi zona di questa città, una catena ispirata al peggio dello stile americano (sopratutto i piatti di dimensioni enormi come il Maxxi burger di mezzo chilo, o un menu per i bambini che è davvero dannoso–gli unici scelti sono hot dog, hamburger, e pollo fritto, tutti serviti con patatine fritte).

Ma chi è Roadhouse Grill? La sua storia comincia Oltreoceano quando John Y. Brown, già presente nella ristorazione fast food con il marchio Kentucky Fried Chicken, apre la prima steakhouse in Florida nel 1993. Dopo un’espansione che porta il gruppo in Borsa e i locali a oltre 40 unità nel 1997, la società fallisce nel 2008.

La catena di fast food se la cava benissimo invece, in Italia, dove Roadhouse Grill è entrata nel 2000 nell’orbita Cremonini, società familiare, gigante dell’industra alimentare con sede a Modena, leader assoluto in Italia nella produzione e vendita di carne bovina attraverso la società Inalca e, con la controllata Montana, nei prodotti a base di carne trasformata (surgelati, carne in scatola, precotti, grigliati, hamburger e estratti di carne). Grande esportatore Cremonini visto che dalle vendite all’estero (marchi Bill Beef, Texana e Tuschonka) proviene il 32% del fatturato totale. Il gruppo è il primo produttore ed esportatore italiano di carni in scatola (200 milioni di scatolette), è leader nel settore degli hamburger freschi e surgelati con una capacità produttiva annua di oltre 40 mila tonnellate e ha chiuso il 2010 con ricavi totali pari a 1.228,9 milioni di euro.

Da anni la multinazionale della carne opera anche nel settore della ristorazione che assicura il 18% del fatturato. In passato proprietaria dei fast food Burghy, poi ceduti a McDonald’s a metà degli anni Novanta in cambio della fornitura di carne bovina ai locali con la M gialla in Italia, Cremonini controlla la società MARR, quotata in Borsa, distributrice di prodotti alimentari agli operatori della ristorazione e opera, con il marchio Chef Express, nel servizio di ristorazione nelle stazioni ferroviarie in Italia e all’estero, nelle autostrade e negli aeroporti.

Controlla inoltre Roadhouse Grill, presente soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. Servizio al tavolo, piatti unici a base di carne alla griglia e contorno, una ristorazione rivolta soprattutto ad un pubblico di famiglie e di bambini: ecco gli ingredienti di un successo che ha portato a 29 il numero delle steakhouse a marchio Roadhouse Grill in Italia. L’ultima, appunto, quella di Testaccio.

Dove finisce qualcosa dei 550 mila capi all’anno prodotti dal gruppo che di quella carne assicura la “completa rintracciabilità”. Da tempo si sono smorzate le polemiche nate sulla scia dalla trasmissione di Report del 2005  nella quale si ipotizzava l’invio, da parte dell’Inalca, di carne avariata nei paesi in via di sviluppo e di frode ai danni dell’Unione Europea, accuse poi archiviate dalla Procura di Roma.

Ma resta quella mucca ingombrante sul marciapiede di una delle strade storiche della gastronomia romana. Non sembra anche a voi una tragedia?

[Testo e foto: parlafood]