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Pinza dolci pasqua

Pasqua. La ricetta della pinza triestina

martedì, 11 Aprile 2017 di

svinando

Per Pasqua, a Trieste, è tutto un risuonare di “Bona Pasqua, bone Pinze”!

Nel passato, tutte le brave massaie, dopo aver ritirato il tradizionale rametto d’ulivo alla Messa della Domenica delle Palme, iniziavano la preparazione della pinza, che le impegnava per tutto il giorno.

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La mattina presto si preparava il primo lievito, poi s’impastava, si lasciava lievitare, poi si re-impastava e si lasciava lievitare ancora. La pinza, infatti, ha bisogno di tre lievitazioni – e di tantissima forza nelle braccia.

A questo punto le pinze ben lievitate, pronte per la cottura, venivano portate al forno di quartiere a cuocere: tutte, rigorosamente, con un bigliettino di riconoscimento. Non fosse mai che qualcuno si appropriasse della pinza di un altro!

Trieste e Gorizia si contendono la paternità di questo pan dolce, una sorta di grossa brioche neutra, né dolce né salata – tanto che a Trieste spesso viene accompagnata con il prosciutto cotto di Praga. Ma, come per moltissime ricette, le origini sono varie e non proprio precise. Tutto è ricollegabile alla realtà storica di Trieste, per secoli al centro di tante influenze: da quelle Austro-Ungariche alle Boeme, dalle Slave alle Dalmate e Istriane alle Greche, alle Turche e alle Ebraiche. Ha quindi assorbito ed elaborato le tradizioni culinarie più diverse.

Ernesto Kosovitz, autore di molte opere sul dialetto triestino, definisce la pinza: “focaccia, pinza degli ebrei”, collegando il termine “pinza” alla “pitta” di origine ebraica. E a una focaccia pasquale che nella cucina greca porta lo stesso nome.

La pinza tradizionale ha la forma di un panettone basso, scuro e lucido, con tre tagli profondi sulla cupola, ed è molto ricca di uova e di burro, che rendono le fette compatte, con un’alveolatura piccola.

I tagli a croce vorrebbero rappresentare il martirio di Gesù. Una leggenda metropolitana racconta che se la pinza viene affettata prima della benedizione in Chiesa, dai suoi tagli scaturirebbe del sangue. A ogni buon conto, meglio non consumare la Pinza sino a quando non sia stata benedetta durante la Messa Pasquale!

La Pinza triestina

Ingredienti

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1 kg farina 0
70 25 g lievito di birra
250 g latte
200 g zucchero
200 g burro
la scorza grattugiata di 1 arancia
5 tuorli d’uovo
1 uovo intero
1 cucchiaino e mezzo di sale
2 cucchiai di rum

Procedimento

Far sciogliere il lievito con parte del latte appena intiepidito, un cucchiaino di zucchero e 2 cucchiai di farina. Lasciar lievitare per circa mezz’ora, fino a quando è gonfio e schiumoso. Nel frattempo far fondere il burro e lasciarlo raffreddare.

Al lievitino aggiungere, poco per volta e alternandoli, tutti gli ingredienti. Potrebbe essere necessario aggiungere ancora latte, dipende da quanto liquido necessita la farina: comunque, alla fine, l’impasto deve risultare corposo, compatto e liscio.

Lasciar lievitare fino a quando l’impasto raddoppia, ci vorrà circa un’ora, poi rilavorare la pasta per sgonfiarla e lasciarla raddoppiare nuovamente.

Trasferire l’impasto sulla teglia del forno coperta con carta alimentare dandogli la forma a palla tipica della pinza e lasciare di nuovo lievitare fino al raddoppio.

Infine spennellare la superficie con un uovo sbattuto e, con le forbici, praticate i tre tagli tipici. Cuocere in forno già caldo a 170° per circa 40-45’. La prova dello stecchino è indispensabile: se uscirà pulito ed asciutto, la pinza è pronta.
Bona Pasqua e bone pinze!

[Lorenza Pliteri]