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Roma. Davide del Duca che mi fa amare amatriciana e aglio nero all’Osteria Fernanda

venerdì, 12 Maggio 2017 di

Tra le giovani promesse – ora quasi una certezza – della ristorazione a Roma c’è Davide Del Duca, chef di Osteria Fernanda.

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Classe 1987, ossessionato dalla cucina sin dall’infanzia, Davide comincia a smanettare fra i fornelli alla scuola alberghiera di Rieti. Terminati gli studi, entra nelle migliori cucine stellate romane, dal Convivio Troiani fino a Glass Hostaria. Angelo Troiani, Cristina Bowerman, Adriano Baldassare lo guidano nella sua formazione.

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Il risultato è uno chef deciso, dal tocco chiaro e distintivo. Ogni suo piatto è un racconto mai banale che non imita le mode ma cavalca l’onda dell’idea, del lampo di genio.

È proprio da questo lampo che nascono piatti dagli accostamenti autentici come il dessert “spuma d’aglio nero, birra rossa e tuberi”, con l’amaro della birra resa in spuma che si scontra in un duello equo con l’aglio nero fermentato secondo una tecnica orientale, per cui il suo sapore acido e aggressivo assume tinte dolci di liquirizia.

E ancora, a rendere il piatto un gioco divertente ci pensano le bucce di tuberi essiccate e una terra di cioccolato…Tanto di cappello!

Questo è uno dei tanti piatti assaggiati durante una cena alla sua Osteria, luminosa e moderna, fra Trastevere e Testaccio, due quartieri schietti e veraci. Seduta ad un tavolo al piano superiore di fronte alla cucina a vista, ho potuto cogliere ogni mossa e ogni gesto di Davide che, fra un boccone e l’altro, mi ha conquistata.

Pane, grissini e burro affumicato mi introducono a tre stuzzichini: crocchetta di orecchie di maiale, cannoncini al patè di fegatini di pollo e spugna al pomodoro e mozzarella. Tre bocconi semplici, tradizionali che danno lustro alla cucina povera e al riciclo di materie prime solo all’apparenza di seconda mano.

In pochi minuti ecco arrivare la seppia sporcata del suo nero adagiata al centro del piatto che, col suo biancore, esalta il nero dell’inchiostro e tutti gli ingredienti di contorno, dal gel di pomodoro, alla polvere di alghe e limone, fino alla spuma di bufala. Il piatto gira attorno alle note tostate e affumicate del mollusco arrostito, rinfrescato dall’acidità del pomodoro e dal freddo del latticino e esaltato dallo iodato delle alghe. Quello fra seppia e pomodoro è un abbinamento classico e vincente che in questo caso lo chef veste di contemporaneità leggera e elegante.

Passiamo ai carboidrati: due paste fresche ripiene, uguali per aspetto, diverse per gusto.

La prima è un cappelletto alla birra, foie gras, nocciole e funghi; la seconda un fagottello di grano arso con burro d’Isigny, polline di carciofo e acciughe. Due ripieni, uno prepotente, la birra, l’altro timido, il burro, sono le anime del piatto.

La birra sposata con il dolce del foie gras, la sapidità del Parmigiano, il conturbante fungo e l’autunno della nocciola, esprime ogni sua fascia aromatica. Il premio Birra Moretti Grand Cru Davide se lo è proprio meritato! I fagottelli ripieni di burro sono un classico di molti ristoranti gourmet e qui, all’Osteria Fernanda, si mantengono classico con le acciughe e la setosa salsa ai carciofi.

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Dopo un piccolo tour, immersa fra odori, abbinamenti e presentazioni innovative di ritorna con i piedi per terra con il venerato e intoccabile bucatino all’amatriciana, in una delle versioni più buone mai assaggiate.

Un nido di pasta perfetto, tenuto insieme da un condimento cremoso e appagante che dà assuefazione e racchiude la storia di Davide, laziale di nascita e formazione.

Il guanciale a listarelle sottili, la goccia di aceto balsamico, il pecorino poco stagionato sono trucchi che rendono la salsa eccezionale e che lo chef ha ereditato dal suo maestro Angelo Troiani.

Dalle padelle alla brace: anatra, nocciola, melograno e cipollotto. La carne dell’anatra, incisa e appena scottata, lasciata al sangue, oserei dire bleu, risulta resistente al morso, forse troppo, qualche minuto in più di calore non le avrebbe fatto male. Tuttavia, le salse, alla nocciola e al melograno, sono perfette, complementari, una è grassa e sapida, l’altra fresca e acida.

Piccolo rinfresco del palato con una quenelle di gelato e si passa ai dolci.

Il già citato “spuma d’aglio nero, birra e tuberi” e “Castagne, alloro e tartufo”. Eh si avete letto bene, il tartufo in un dolce! Si sa che l’alloro calza a pennello con la castagna e che il tartufo, essendo conterraneo di quest’ultima, non stona, ma che c’entra lo zucchero? Il montblanc che accumula zucchero su zucchero non ha nulla a che fare con questo dolce-non dolce, amaro, terroso e autunnale…equilibrato ad ogni cucchiaiata.

Come per ogni cena concludo con piccoli e ludici lecca lecca, Milano e gelatine.

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Bravi Davide e Andrea, brava Michela, siete riusciti a creare un’atmosfera elegante, raffinata e al contempo giovanile e informale, da perfetto bistrot, in una zona ancora fortemente legata alla tradizione e alla cucina di quantità più che di qualità. Sebbene i tavoli siano senza tovaglia e i camerieri non in giacca e cravatta, non mi è parso per un istante di non essere un un ristorante di alto livello.

Ci rivediamo, forse con la stella tanto desiderata e che tanti clienti vorrebbero vedere risplendere su questa tavola?!

Osteria Fernanda. Via Crescenzo Del Monte 18/24. Roma. Tel. +39065894333

[Francesca Feresin. Immagini: iPhone Francesca Feresin, Vincenzo Pagano]