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Non osare pronunciare mai più bollicine per dire Franciacorta

Il presidente del consorzio Franciacorta non ammette ignoranza: il termine bollicine non va bene per il vino che non è spumante né champagne
giovedì, 03 Maggio 2012 di

L’Accademia del Franciacorta ha deciso di sostituirsi all’Accademia della Crusca per dare battaglia alle bollicine. Il termine non va bene per appellare il vino del consorzio: la dicitura è abusata, obsoleta e senza futuro. Parola del presidente del Consorzio Maurizio Zanella che ha affidato ad un comunicato stampa la nuova crociata dopo aver vinto quella dello spumante e poter disporre di decreto ministeriale che vieta metodo classico, metodo tradizionale. Insomma, questo è il ragionamento, se esiste lo Champagne perché non si dovrebbe usare il Franciacorta?

Basta che qualcuno indichi l’alternativa a quel formarsi di sfere in un bicchiere al versare del contenuto liquido proveniente dalla bottiglia della zona votata a produrre un certo tipo di vino che non è prodotto con un metodo, non ha parenti nè in Italia né in Francia e il gioco è fatto.

Forse bisognerebbe far adottare un termine enologico in disuso da qualche esperto. Filippo La Mantia ha adottato il termine stantio. Dario Fo, invece, gibigianna. “Far la gibigianna significa quindi alludere e illudere qualcuno, specie un innamorato, di un sentimento spesso solo illusorio ma sempre molto affascinante”.

Non so se sia una pia illusione stroncare l’uso delle bollicine. Ma in questa logica di divieti se al momento dell’ordine qualcuno chiedesse bollicine e per divieto ministeriale gli servissero un Prosecco o uno Champagne, con chi bisognerebbe prendersela? Qualcuno lo aveva detto che la bollicina era morta!

Uno stop in piena regola a uno dei termini più utilizzati per indicare il Franciacorta, piuttosto che lo Champagne o gli spumanti in genere. L’appello viene dal Consorzio Franciacorta, che si rivolge soprattutto a chi comunica il vino, ma anche ad operatori, appassionati e produttori. “Chiamiamo il vino con il proprio nome e non con termini che ne generalizzano e ne uniformano le peculiarità, appiattendone, di fatto, la qualità percepita – spiega Maurizio Zanella, Presidente del Consorzio Franciacorta -. ‘Bollicine’ è un termine obsoleto e senza futuro. Il tempo presente ci offre una nuova occasione per affermare i nostri vini di qualità, cominciando dal consolidare la cultura di base in materia e da un appropriato linguaggio”. “E’ necessario – aggiunge Zanella – iniziare un nuovo percorso per valorizzare i grandi vini anche dal punto di vista ‘nominale’. Con impegno e passione il Franciacorta ha raggiunto il traguardo dei 50 anni; a questo punto, credo sia maturo per un passo successivo, importante per poter definitivamente trovare, a livello nazionale ed internazionale, un posizionamento coerente e rispondente all’eccellenza che esprime”. “E che non si chiami più spumante – continua Zanella – per nessun motivo al mondo. L’ho già simpaticamente ricordato all’amico Franco Maria Ricci rispondendo ad un suo articolo apparso in marzo su ‘Bibenda 7’. La similitudine tra ‘spumante’ e Franciacorta è da bandire in qualsiasi citazione. Non per velleità o principio, ma per decreto ministeriale”. Nel dettaglio, si fa riferimento al disciplinare di produzione del Franciacorta, approvato per decreto ministeriale (Mipaaf) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in prima istanza il 24 ottobre 1995 – serie generale 249, art. 7 e poi, a seguito di modifiche ulteriormente restrittive, il 23 ottobre 2010 – serie generale 249, art. 7, che recita: “per identificare tutti i Franciacorta, è vietato specificare il metodo di elaborazione, metodo classico, metodo tradizionale, metodo della rifermentazione in bottiglia e utilizzare i termini vino spumante”. “Oggi il Franciacorta, come anche altri vini di qualità, esige più rispetto, eleganza, identità, che il termine bollicine, ormai, non è in grado di dare – conclude il presidente Zanella. Franciacorta, Champagne e Cava: in Europa, solo questi 3 vini possono utilizzare un unico termine per identificare in modo preciso un vino, un territorio e il metodo di produzione. Ecco l’identità di cui parlo. Chiamiamo il vino con il proprio nome e quindi: Spumanti, i vini senza Denominazione specifica; Franciacorta, il Franciacorta”. Beatrice Archetti Ufficio Stampa