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Video shock in un allevamento intensivo. Maltrattati per Walmart

sabato, 04 Febbraio 2012 di

Pensavamo che in fatto di benessere animale negli allevamenti avessimo visto abbastanza. Dopo le galline ovaiole ammassate in gabbie grandi come fogli A4 e pulcini maschi triturati vivi perché inadatti al commercio di carne, arrivano i maiali mutilati e gettati in buchi di gabbia per la gravidanza.

A mostrarli è il video shock di un’associazione animalista americana che ritrae 2700 maiali in un allevamento di Goodwaell, Oklahoma, tenuti in condizioni orribili. Tutti pronti (o destinati) alla macellazione per la catena di supermercati Walmart (prezzi sempre bassi, recita la pubblicità, e ti spieghi il perché!)

Scene di ordinaria follia umana (il video lo trovi qui ed è raccomandato ad un pubblico adulto), forse persino gratuita, che ha spinto un’azienda, la Seaboard Foods, 4 milioni di maiali prodotti all’anno, a mutilare gli animali di coda e orecchie, a castrarli senza anestesia a pochi giorni di vita e a gettarli in strette gabbie durante la gravidanza.

Per sedurre l’istinto politically correct degli Americani, la Seaboard Foods è arrivata a dipingersi come un’azienda impegnata “in un’adeguata cura degli animali”, rispettosa dell'”obbligo morale ed etico di scegliere un trattamento umano per gli animali”. A scoprire la verità è stata la The Humane Society of the United States (HSUS) che ha denunciato l’azienda dopo aver tentato invano a lungo di sensibilizzarla sulla necessità di migliorare le condizioni di vita dei suoi animali.

Boicottare Walmart? Forse non ce ne sarà bisogno visto che il gigante della Gdo ha già fatto sapere che l’azienda dell’Oklahoma assicura solo una minima percentuale delle forniture suine dei suoi supermercati e che adotterà i necessari provvedimenti.

Ma se una tragedia si conclude, tante altre restano in atto se è vero, come denunciano le associazioni animaliste Usa, che la situazione negli allevamenti intensivi di tutto il mondo non è tanto migliore di quella dei suini di Goodwell. Sottoposti a cure antibiotiche e ormonali, soggetti a illuminazione ininterrotta, costretti a stare in condizioni di sovraffollamento e di stress, spesso mutilati di coda e testicoli.

Con la differenza, rispetto alle galline ovaiole, che nessun indicatore in etichetta permette al consumatore di sapere che vita ha fatto l’animale che compra. Niente codice 0, 1, 2 o 3. Solo un’etichetta opaca, che dell’animale racconta la provenienza e poco più.

La normativa europea sul benessere animale vieta in effetti alcune delle pratiche scoperte nell’allevamento dell’Oklahoma e impone livelli minimi di benessere in materia di affollamento, interventi chirurgici, trasporto, illuminazione, somministrazione di cibo e acqua. Ma certo indicazioni più precise come per i polli consentirebbero ai consumatori di fare acquisti più consapevoli e di incidere (volendo) sul miglioramento delle condizioni di vita dei suini negli allevamenti.

[Fonte: greenme.it Foto: windsurf.it, gaspescantina.wordpress.com]