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Twinkies, Obama vuole nazionalizzare la tortina che su Ebay spopola

martedì, 20 Novembre 2012 di

Che cosa racconterà Obama, rincasando, quando Michelle gli chiederà conto della petizione sul salvataggio delle Twinkies, le merendine spazzatura?

Un rompicapo non da poco per il neo-rieletto presidente degli Stati Uniti decidere se accorrere alla richiesta di aiuto della Hostess Brand, l’azienda che da piu’ di 80 anni produce le merendine ed e’ sull’orlo del fallimento, o essere coerente con la politica alimentare sponsorizzata dalla first lady, la stessa alla quale deve gran parte della sua rielezione.

Difficile decidere se stare dalla parte della old economy (e di Paul Krugman, già premio Nobel per l’Economia firmatario della petizione), nazionalizzando un’azienda che non riesce piu’ a camminare sulle sue gambe ma che e’ un pezzo dell’identità americana e vende ancora per 2,5 miliardi di euro l’anno, o da quella del neo-salutismo, nuovo corso dell’American way of life sponsorizzato dalla potentissima Michelle.

L’eclisse delle Twinkies, la tortina tipo pan di spagna con ripieno di crema tanto cara ai baby boomers, sembrava cosa fatta. Dopo la richiesta di amministrazione controllata a gennaio, qualche giorno fa l’arresto delle attività nell’azienda di Irvine, Texas: troppi debiti (860 milioni di dollari) e una grande ipoteca sul futuro: l’alimentazione ipocalorica su cui si batte da tempo l’amministrazione americana dell’era Obama.

Fino al 16 novembre quando la petizione e’ stata postata. Ai nostalgici restano due pallottole in canna: firmare la petizione pubblicata il 16 novembre su “We the People”, il sito della Casa Bianca riservato alle petizioni popolari, nella quale si chiede la nazionalizzazione dell’azienda (“per salvare la nostra nazione dalla perdita del loro cuore cremoso”, si legge) oppure approvvigionarsi delle ultime Twinkies disponibili nei supermercati (a poco piu’ di 3 dollari) o ancora acquistarle con più comodo su eBay dove hanno già raggiunto prezzi da amatore (25 dollari). Ma c’è anche un’altra opzione: partecipare all’asta folle da 200.000 dollari...

[Link: libero.it, america24.com. Immagine: Tim Boyle/Getty Images]