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Anteprima. I vini biologici che non potete perdere a Io bevo così

giovedì, 11 Maggio 2017 di

Un bevitore medio e medio frequentatore di eventi enologici, quanti vini riesce ad assaggiare, in media, a un qualsiasi festival del vino? Assumiamo che il vino venga sputato nella maggioranza degli assaggi, che l’avventore si sia fatto una “base” con un panino al prosciutto o un pezzo di focaccia, che non faccia troppo caldo e che almeno un minimo di chiacchiera con il produttore la faccia. Che non sia né un bomber, né una spugna. Che non sia uno in grado di assaggiare tutti i vini del padiglione Piemonte del Vinitaly in meno di due ore. Che insomma si attesti sui 45 vini.

Al prossimo Io Bevo Così, arrivato alla sua quarta edizione, che si terrà a Villa Sommi Picenardi a Olgiate Molgora, in Alta Brianza, dal 21 al 22 maggio, non sarà impossibile piazzare un filotto di 45 vini buoni e memorabili senza incappare in quei prodotti terricoli solo chiacchiere naturali e distintivo biologico. O peggio, vini che appena li avvicini al naso ti giri per capire chi si è lasciato andare, poi ci rimetti il naso e commenti con “naso difficile” per non offendere. Tradotto in brianzolo: vini che non comprerei e non offrirei, mai.

Andrea Pesce e Andrea Sala hanno il merito, in meno di 5 anni, di aver creato uno zoccolo duro di piccoli e medi vignaioli in regime biologico e biodinamico tra cui noi ce la spasseremo il prossimo weekend nella non più naturalissima ma pur sempre affascinantissima Villa Sommi Picenardi. Dato che di questo ameno appuntamento ci riteniamo più che fidelizzati, potete fidarvi dei nostri appunti. Così sarà più facile fare cappotto di vini buoni, per niente puzzettosi o nobilmente ossidati.

Durante l’anteprima di Milano a fine gennaio – sembrava la curva nord da quanta gente c’era – abbiamo fatto nuove scoperte e riscoperto conferme.

Partiamo da due nostri chiodi fissi. Il primo è I Mandorli, azienda tra mare e colline metallifere a Belvedere di Suvereto, nel Livornese. Biodinamici fin dall’origine, il loro Sangiovese e il loro Cabernet sono due espressioni sorridenti e sensuali della Toscana marittima. Dissetanti, piacevoli, armonici e con belle spalle. Segnate e assaggiate.

Il secondo chiodo l’abbiamo piantato in Valtellina, per colpa de Le Strie. I proprietari sono due montanari spilungoni non molto loquaci. Per loro parla il Valtellina Superiore che producono: alto pure lui, altissimo nella sua eleganza speziata.

Ora una poltrona per due. San Biagio Vecchio e Ancarani, due aziende quasi confinanti nell’entroterra faentino, che hanno coniato degli Albana che te lo do io il promemoria. Più passaggi di vendemmia, il secondo per dare l’apporto delle uve surmature, danno luce al Sabbiagialla (San Biagio), schietto e tonico come una soda pesca gialla, e a Perlagioia e Santa Lusa (Ancarani), due varianti in cui anice, radice di liquerizia e ginestra si alternano nel primeggiare. Usciteli durante le grigliate primaverili a base di carne di maiale e vedrete i vostri ospiti ballare la dub dance.

L’ultima nota è per quelli che non sono nella lista delle certezze ma in quella delle promesse. Mantenute o infrante lo scopriremo bevendo. Tunia, azienda di pochi anni in Val di Chiana, fa un vino spiazzante, il Chiarofiore, orange wine style, figlio di 4 diverse vendemmie di Trebbiano e Vermentino, da agosto a novembre. La prima la fanno presto, così da convogliare acidità, l’ultima la fanno tardi, per trasferire morbidezza. Per essere un macerato lo abbiamo trovato fresco e dinoccolato. Siamo più convinti sul Chiassobuio, Sangiovese con una piccola percentuale di Colorino e Canaiolo. Scarico nel colore ma portatore sano di freschezza e dinamismo.

Su Raìna di Montefalco, nel Perugino, spoileriamo un fortificato. Il Vermouth Numero 1, da uve sagrantino. Dopo averlo assaggiato fateci sapere se anche voi non cambiereste la definizione in Sagrantino Chinato.

Noi beviamo così.

Io Bevo Così. Villa Sommi Picenardi. Via Sommi Picenardi, 8. 23887 Olgiate Molgora (LC).

[Martino Lapini]