Sarà la vecchiaia che incombe ma io questo vino proprio non l’ho capito. Ricordo con enorme piacere il Barbaresco di Roagna degli ultimi anni ’90, 1999 in particolare, e già lo scorso anno davanti ai 2005 premiati dagli amici dell’Espresso ero rimasto interdetto.
Ho assaggiato questo monumento alla tradizione del Nebbiolo due volte nel giro di pochi giorni e la mia perplessità iniziale si è rafforzata al secondo assaggio.
Il colore, che per il mio stile di assaggio è al momento un parametro sempre meno rilevante, è intenso e brillante, quasi inatteso in un vino del genere. Al naso la prima nota evidente ricorda l’oliva taggiasca (bella questa!) e ho temuto per l’integrità del vino ma subito dopo irrompe e si impone una bella nota di un frutto rosso molto fresco e preciso che comunque fatica a integrarsi con la nota alcolica e con la presenza del legno. Si tratta di caratteristiche comuni a diversi 2004 di Langa, magari tra qualche anno ci ritroveremo come le star a ridefinire il valore di quest’annata abbassandolo.
L’assaggio conferma la scarsa armonia delle componenti con l’aggiunta di una struttura notevole che ho faticato a ricondurre al carattere classico del Barbaresco e di Roagna. Sarà anche un vino giovane ma temo che certe pesantezze siano lì per restare e sono ormai convinto che il passare del tempo possa solo aggiustare e non correggere certe caratteristiche.
[Foto: vineyardgate.com]