A due settimane dall’apertura sono andata a bere una pinta nel primo locale italiano targato BrewDog.
Si trova a Firenze, a due passi dal Mercato di San Lorenzo, in una zona dove al consueto via vai dei turisti si è aggiunto – dopo l’apertura – il passaggio di brewdogghini, birrofili, curiosi e fighetti.
E io con loro, chiaro.
Su una cosa posso scommettere: il 99% dei frequentatori di birrerie si sarà imbattuto, almeno una volta, in una Punk IPA (alla spina, in lattina o in bottiglia), che rimane il prodotto BrewDog più conosciuto. Per intenderci, è quello con l’etichetta e la scritta azzurra.
Il birrificio che produce questa celeberrima Pale Ale si chiama appunto BrewDog e nasce in Scozia nel 2006, grazie al lavoro di James Watt e Martin Dickie.
Nel corso degli anni si fa notare, e non poco, per la validità dei suoi prodotti e per il marketing aggressivo.
Basti citare il caso della Sunk Punk, la birra fermentata in un tino particolare, con una valvola di sfogo per l’anidride carbonica creata in rifermentazione, e posizionato a 20 metri di profondità nel Mare del Nord.
Oppure la Ghost Deer, una birra da 28% che nel brewpub di Edimburgo veniva spillata dalla testa imbalsamata di un cervo. Era un modo – dicono – per unire le tre grandi passioni di BrewDog: la birra artigianale, l’arte e la tassidermia.
Quello di Firenze è il ventesimo pub di BrewDog nel mondo, e arriva dopo una serie di aperture – oltre alla Gran Bretagna – anche in Svezia, Brasile e Giappone.
Sappiamo già che in Italia non sarà l’ultimo, pare infatti che anche Bologna e Roma vogliano approfittare di questo franchise con il grande birrificio scozzese.
Il locale di Firenze è decisamente stiloso, luci basse, colori scuri, divanetti in pelle nera e tavoli bassi. Ha due tavolini all’esterno, su via Faenza, e parecchie sedute all’interno del locale, tra poltroncine, sgabelli e l’hop bunker al piano di sotto, dominato dal murales della piovra che abbraccia il duomo di Firenze.
Il menu food, in continuo aggiornamento dicono i gestori, offre hamburger, patatine, alette di pollo e altri piatti base american dinner conditi con una salsa ricavata dalla Punk IPA e dalla Libertine Black Ale.
Altro menu che ci viene consegnato al bancone è quello delle birre in bottiglia. Nella sezione BrewDog troviamo i prodotti ordinary, Punk IPA, IPA is dead eccetera e qualche bottiglia di pregio come Black Jacques, Dog B, Tokyo Horizon.
Tra le birre in bottiglia italiane invece Monster Factory (beerfirm abruzzese, in fusto all’inaugurazione), Stavio, Loverbeer, MC77, Menaresta, Brewfist e altri.
L’impianto di spillatura a 12 vie, con l’eccezione della spina dedicata alla Chipotle Ale di Rogue, per il momento ospita solo birre BrewDog, ma per il futuro lo staff di Firenze conta di suddividerle così:
4 spine per i prodotti “core”, come Punk IPA, Fake Lager, Dead Pony Club e 5 AM Saint, altre 4 a rotazione sempre BrewDog e 4 spine destinate ad altrettanti birrifici ospiti.
Rispetto alla scelta delle birre e dei birrifici, lo staff di Firenze mi ha assicurato di avere carta bianca e di decidere in base alla propria esperienza e curiosità.
Tuttavia, una di queste vie sarà senza dubbio dedicata a una birra (una Strong Pilsner forse?) sulla quale mantengono ancora il riserbo, nata da una collaborazione tra BrewDog, Ales & Co. su ricetta iniziale del Circolo del Luppolo di Mantova, in esclusiva per l’Italia e per il progetto BrewDog Bar: on tap da questo fine settimana.
Dopo un primo sguardo alla tap list, mi sono decisa per una tasting table con 4 assaggi da 1/3 di pinta ciascuno:
- Unleash the Yeast American Ale che fa parte di una serie in cui sono stati usati 4 lieviti (uno per ciascuna birra), su una base comune di 3 malti (Pale Ale, Munich e Cara) e 2 luppoli (Centennial e Amarillo) per un’unica gradazione alcolica, 6,3%;
- Jack Hammer, una Double Ipa da 100 IBU dichiarati, 7,2%;
- Shipwrecked Circus, Barley Wine brassato in collaborazione con Oskar Blues Brewing da 10,5%;
- Cocoa Psycho, una intensa Russian Imperial Stout da 10% lanciata da BrewDog come prototipo e poi scelta per essere messa in produzione dal pubblico del brewpub di Aberdeen.
Ho apprezzato la possibilità di fare diversi assaggi, cosa che si dovrebbe assicurare in tutti i brewpub che vantano un discreto numero di spine. La filosofia open che inserisce tra le proposte BrewDog anche altri birrifici e li svincola dalla fissità di un franchise che altrimenti rischia di segnarne l’immobilità.
Ho apprezzato anche la libertà dello staff sulla scelta delle birre. Credo sia una opportunità portare all’attenzione del grande pubblico anche qualche microbirrificio, di fare beer hunting e di mescolare un po’ le carte in gioco.
Quello che non ho apprezzato, per essere laconici, è il prezzo.
Sia per le birre in mescita sia per le proposte in bottiglia – BrewDog e non – il costo è sbilanciato rispetto ad altri brewpub, in alcuni casi inaffrontabile per le tasche di un comune bevitore.
Mi riferisco in particolare alla lattina da 33cl di Punk IPA a 6 €, alla Dog B bottiglia da 33cl a 40 € (molto ricercata e costosa già in partenza) ma anche alla selezione italiana, con la Beerbera di Loverbeer a 18 €.
Verdoni a parte, l’invasione di BrewDog è cominciata e minaccia di diffondere il verbo della Punk IPA in molte città italiane.
Saremo conquistati dagli scozzesi?
BrewDog Firenze. Via Faenza 21r. Firenze. Tel. +39 055 217035
[Immagini: Fardcore79/BrewDog, fermentobirra.com, Max Res Default]
Se non ha l’ impianto di produzione in sede o nei paraggi non è un brewpub, ma solo un pub.
Questo è un pub di una catena, non dico un franchise perché non so se i locali sono gestiti direttamente dalla casa madre o meno.
6€ per una 33 al pub non mi sembra uno scandalo, tutt’ altro.
A te stanno bene 6€ per una lattina di ipaccia del cazzo che un qualsiasi bangladesh compra a 1,75€ da QUALSIASI distributore? Adrià, se non sai che facce coi soldi, dammeli a me.
Tu trovi una 33 dentro un pub a 2.50€? Buon per te, io sotto i 5 non trovo nulla, a Roma ovvio.
40 euro la Dog B è uno scandalo: si trova a 20 euro. Ma sono impazziti? La Punk Ipa al massimo la paghi a 4 euro. Si vede che a Firenze hanno soldi da buttare
No no, ma se Adriano vuole pagare 6 euro per una Punk Ipa in lattina lasciateglielo fare. Anzi, grazie di esistere! Altrimenti certi (brew)pub senza gente come lui fallirebbero.
Pensa che un brewpub di quelli veri, no questo come hai scritto tu che non è un brew visto che non produce, serve 0.4 a 7€…. e la gente ci va e giustifica il prezzo con ”eh ma la fanno loro”… fessi i clienti o geni i proprietari?
E poi avete rotto il ca§§o, la punk è bbona, fatta bene e dissetante, ormai va di moda blastarla perché è di facile reperibilità.
Ma chi te la tocca la Punk Ipa, l’ho pure consigliata qua:
https://www.scattidigusto.it/2014/05/31/12-stili-birra-artigianale/
Non è la mia bevuta preferita ma a tanta gente, tipo te, piace.
Avete puntato il dito sulla punk da 33 a 6€ come ho detto io, se la 33 in questione fosse stata una Seta Special tutti muti, come gli sbirri di Pino dei palazzi.
Allora il discorso è: so troppi 6 € per una 33 o solo per le 33 che fa moda blastare o criticare? visto che per le altre 33 il prezzo è in linea.
Una domanda, per le spine che bicchieri usano?
Ammetto di essermi imbattuto più volte nelle BrewDog, ma non mi sono ancora deciso a provarle, anche per via dei costi che sicuramente in parte sono dovuti al marketing più che alla birra.
Sicuramente prima o dopo le proverò, ma finchè si trovano ottime birre a prezzi migliori, credo che quelle modaiole le lascio ad altri.
Ne approfitto per suggerire un ottimo birrificio artigianale che ho scoperto in un mio recente viaggio a Monaco di Baviera (già, anche da loro non ci sono solo Paulaner e Augustiner): CREW Republic, specialmente la loro Double IPA “7:45 Escalation”, davvero ottima e venduta a soli 1,70 euro in negozio, e altre loro 3/4 birre (IPA) a soli 1,40 euro a bottiglia 😉
Assaggiale allora, almeno per avere un metro di paragone.
Ragazzi svegliatevi , la punk non è più quella di 4 anni fa come la trascy blond, aumentati i consumi è abbassata la qualità ed è normale , preferisco spendere 6 euri per birre realmente artigianali, birrifici da 20 ettolitri a cotta !