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Il futuro della ristorazione secondo il designer Fabio Novembre

I tavoli rotondi invece dei quadrati, la capacità di adattarsi dei ristoranti d'alta gamma e il nuovo ruolo del delivery
giovedì, 07 Maggio 2020 di

Pensate che il periodo di quarantena e di isolamento da coronavirus sia un tempo sospeso, quasi sprecato, buono solo per sfornare improbabili crostate o da far trascorrere mollemente adagiati sul divano sorbendosi una serie televisiva dopo l’altra? Ebbene, sappiate invece che questo tempo che ci è piovuto addosso in regalo può essere invece una risorsa di enorme valore, utile per fermarsi, ragionare e pensare a come ripartire al meglio”dopo”.

In fondo, a guardar bene, è una situazione che  “ricorda la lievitazione della pasta per fare il pane: c’è un tempo, più o meno lungo, per seguirne la crescita e ragionare su come utilizzarla al meglio»

E a formulare questo inusuale quanto azzeccato paragone non è l’Ecclesiaste, bensì Fabio Novembre, architetto di fama internazionale (ha disegnato la pizzeria Briscola e il ristorante Attimi di Heinz Beck) nonché direttore della scuola di design Domus Academy, che vanta collaborazioni con nomi prestigiosi in tutto il mondo –  tra cui lo chef Heinz Beck e Lamborghini, solo per ricordarne un paio – , e il cui lavoro è riconosciuto a livello internazionale.

In una lunga intervista rilasciata a Vanity Fair, Novembre riassume quale sarà, secondo lui, il futuro della ristorazione dopo il ciclone coronavirus. Il settore della ristorazione infatti è quello che maggiormente dovrà reinventarsi un nuovo modo di stare sul mercato, ed essere in grado di coniugare al meglio sicurezza e comfort, scrupolosità nell’osservanza delle norme e piacere di entrare nuovamente in un locale.

E proprio il saper coniugare queste esigenze che oggi appaiono contrastanti e inconciliabili sarà la vera sfida che dovranno affrontare i ristoratori: “Il principio è uno solo – afferma Novembre -. Non sarà più possibile avere degli ammassi di persone “non progettati” all’interno di uno spazio. Qui non è questione di Fase 2, 3 o 4: il vero obiettivo è lavorare sulla modalità di somministrazione del cibo o del bere o di vendita nei negozi”.

Una modalità che, continua Novembre, non potrà non tener in grande conto la prossemica, ovvero la scienza che studia le ripercussioni in campo sociale della distanza fisica tra gli individui, ma anche lo studio di altri strumenti, come l’utilizzo di “filtri all’ingresso” per l’accesso a qualsiasi luogo che raccolga più persone, che sia un aereo, uno stadio o una discoteca.

I locali fine-dining

Per quanto riguarda più specificatamente i ristoranti, Novembre ritiene che quelli che meglio reggeranno l’urto causato dalle nuove limitazioni saranno i locali d’alta gamma, i ristoranti di alto livello che riusciranno comunque a fronteggiare le nuove incognite: «I locali nati per il fine dining non avranno problemi per adattarsi, basandosi su pochi tavoli distanziati, quelli con tanti coperti subiranno limitazioni importanti”.

La riscossa dei tavolini rotondi

Una riorganizzazione che non passa solo attraverso le distanze tra i tavoli, ma anche dalla loro forma: “ Sarà la rivincita dei luoghi con i tavoli tondi, i privè con i divanetti, le terrazze – afferma Novembre -. Invece, in Italia, i gestori hanno la fissa del tavolo quadrato che offre grande flessibilità e viene affiancato all’altro”. Una comodità a cui i gestori pare dovranno ben presto rinunciare.

Il ristorante del futuro

Se da qualche tempo a questa parte avevano preso piede gli “sharing table”, ossia lunghe tavolate dove far accomodare vari clienti, uno vicino all’altro, senza soluzione di continuità, dopo la rivoluzione causata dal coronavirus una tale disposizione dei coperti non potrà più essere sostenibile. “Oggi si parla tanto di convivialità, che parte dalla realizzazione dei piatti e finisce in sharing table: un concetto in discussione, causa pandemia”, dice Novembre. Il futuro non potrà che essere quello di arrivare a “soluzioni compromissorie tra bellezza e sicurezza”.

Il delivery: una modalità da cui non si tornerà indietro

Novembre non è solo un architetto e designer di fama mondiale, ma anche un appassionato di cucina, della buona cucina. Per questo non può che approvare la scelta di molti chef, anche stellati, di darsi al delivery, una soluzione che garantisce lo stesso livello di cura e perfezione dei piatti consumati in loco eliminando la necessità di recarsi fisicamente in un locale: “L’ambiente conta – dice Novembre – ma il cuore resta la cucina: io adoro il cibo, per me è una forma di amore verso gli altri. Mi piace questa tendenza al delivery, inaugurata dai cuochi famosi: garantiscono standard importanti, l’autorialità del piatto, la credibilità necessaria”.

Una scelta, quella del delivery, che da soluzione di ripiego  sta assumendo una dignità propria, e che ha fatto scoprire in fondo un nuovo modo di intendere la ristorazione: “Questa situazione ha portato a un’accelerazione clamorosa, continua Novembre -, penso che non si tornerà indietro e potremo scegliere dove godere della stessa qualità dei piatti: sul posto o a casa. Prima veniva facile pensare che per mangiare bene dovevi uscire e sederti in un locale, che fosse uno stellato o la trattoria di quartiere. D’ora in poi ci sarà una vera possibilità di scelta».

Insomma, la ristorazione dovrà reinventarsi radicalmente per adeguarsi alle nuove esigenze di salute e sicurezza, ma non morirà di coronavirus, perché il cibo è vita, è piacere, è convivio e nutrimento, ma è anche altro: “È un atto di estrema fiducia, quello di mangiare in un locale pubblico, e il cibo è una metafora meravigliosa, ci si fida di tutti i passaggi che lo fanno diventare sostanza per il corpo”.

E proprio per questo motivo che il settore ristorativo sopravviverà, e bene, all’impatto da coronavirus. A patto di sapersi reinvitare, per offrire al cliente la stessa, piacevole esperienza sia che sia accomodato in un tavolino rotondo all’interno di un locale, ben distanziato dagli altri, o comodamente seduto sul divano di casa.