mulino caputo farine per pizza, pane e dolci
panettone o pandoro

Pandoro tra le cose che fanno hipster. Ma è il cugino povero del panettone

Il pandoro artigianale è la tendenza del 2020 tra i dolci di Natale secondo esperti e pasticcieri. Ma resta il cugino povero del panettone
mercoledì, 16 Dicembre 2020 di

È in atto un curioso fenomeno: il tentativo di riabilitare il pandoro nella sempiterna guerra con il panettone per il migliore dolce di Natale.

A dire che l’infausto 2020 è l’anno del pandoro –artigianale, badate bene– sono per lo più scribacchini eredi del “faccio cose-vedo gente”. Abituati a mangiare gratis tutte le sere senza spendere un euro.

E cosa dicono questi hipsterici che vivono con l’ossessione di essere out, stizziti dai cult di massa? Che il panettone è troppo mainstream, il vero banco di prova della pasticceria è il pandoro.

Tra i coolhunter pandoristi s’insinua anche qualche pasticciere. In realtà preoccupato solo di allargare u biziniss. Sono gli artisti del “quelli veri siamo noi” che provano a spiazzare dicendo cose molto hipster. “Fare il pandoro artigianale è molto più difficile, ci abbiamo messo anni a perfezionare la ricetta”.

Peccato che solo ieri, quando l’ascesa del panettone riempiva il loro conto in banca, spergiuravano che fosse lui, e non altri, “l’Everest dei lievitati”.

Oggi non più. Quello difficile e costoso (“perché ci vogliono gli stampi in metallo mica la forme di carta“) è il pandoro. E come spiegano questo voltafaccia, specchio specchio delle mie brame, i più eccentrici pasticcieri del reame? Così:

  • Intanto bisogna gestire il lievito madre. Perché nel panettone no?
  • Gli impasti arrivano a tre. Perché nel panettone no?
  • La lievitazione controllata dura 24 ore. Perché nel panettone no?
  • Servono anche tre giorni di lavoro. Perché nel panettone no?

Non siamo digiuni di pandori artigianali. Li abbiamo sperimentati, questi figli di un dio minore. Andava messo alla prova l’imperante pandoro-trend.

Non ci sono piaciuti. Continuiamo a sostenerne l’inferiorità palatale, oltre che culturale. Per almeno 3 ragioni.

  1. Sanno terribilmente di burrino. Come quei biscotti danesi o scozzesi très chic, che solo a snasarli ti fan volare il colesterolo a 600. Non riescono a essere leggeri, gli impasti sono troppo densi, dolci e rigidi.
  2. Aggrumato, lo zucchero a velo già presente nella sommità, è un impiastro gommoso e unticcio pari pari alla colla coccoina. Non te lo levi di dosso neanche se usi la pasta lavamani. Anzi, cola ungendo tutto.
  3. Al primo morso, lo zucchero a velo aggiunto in sovrappiù dopo l’apertura, ti si rovescia addosso con un disgustoso effetto presepe imbiancato, lasciandoti l’alone sugli abiti. Specie se scuri.

Per cui astenetevi dal divulgare il mito modaiolo, o senzadio che dite di preferire il pandoro. Anche artigianale, non è un’opera d’arte concettuale post moderna,  resta il cugino povero del panettone. Che nel clàsico di Natale, come dicono in Spagna prima di una sfida importante, vince a mani basse.

Per cui chi mangia gli empi pandori verrà scomunicato, anche senza flagranza di reato.