Piatti e Champagne: va bene anche con zampone e cotechino

In Italia lo Champagne è stato a lungo il vino delle parentesi: si beve all’inizio, all’aperitivo, oppure, peggio mi sento, alla fine per brindare e raramente durante il pasto per accompagnare i piatti. Come se a tavola, quella vera, dovessero entrare per forza altri vini.
Eppure lo Champagne nasce esattamente per stare a tavola. Non come ornamento, ma come vino gastronomico, capace di accompagnare il cibo dall’inizio alla fine. È una storia che cerco di raccontare anche nel mio ultimo libro Champagne. Passato, presente e futuro di un vino leggendario: una storia molto meno mondana e molto più concreta di quanto si pensi.
Negli ultimi anni qualcosa sta cambiando anche in Italia. Chef, sommelier e appassionati stanno riscoprendo un dialogo possibile, e spesso sorprendente, tra Champagne e piatti della cucina italiana. Un dialogo che funziona perché lo Champagne, prima di essere un vino “di lusso”, è un vino di equilibrio, acidità, precisione.
La forza dello Champagne non è solo nelle bollicine. È nella sua architettura: acidità naturale, tensione, salinità, e spesso una base vinosa capace di reggere piatti complessi. Non è un vino leggero per definizione, ma un vino costruito.
Storicamente, la Champagne ha scelto una strada diversa rispetto ai grandi vini fermi della Borgogna: dove non poteva competere in potenza, ha scelto l’aria. E l’eleganza, a tavola, è spesso un vantaggio.
Per questo lo Champagne dialoga così bene con la cucina italiana, che da sempre privilegia equilibrio, materia prima e digeribilità più che concentrazione eccessiva.
Champagne e piatti italiani: abbinamenti che funzionano

1 – Brut e fritti all’italiana. È l’abbinamento più immediato, ma non per questo banale. Un brut teso, con una buona percentuale di Pinot Nero, accompagna fritture di pesce, supplì, arancini o una mozzarella in carrozza. L’acidità pulisce, le bollicine alleggeriscono, la vinosità sostiene la sapidità.
2 – Blanc de blancs e primi piatti delicati. Uno Chardonnay della Côte des Blancs trova un’armonia sorprendente con risotti primaverili, paste con verdure, burro e agrumi, o con tajarin al burro e salvia. Qui lo Champagne lavora per sottrazione, amplificando la freschezza del piatto senza coprirlo.
3- Rosé de saignée e carni bianche o salumi. Un rosé strutturato, da Pinot Nero, si muove con naturalezza accanto a un coniglio arrosto, una faraona o salumi italiani non troppo speziati. Azzarderei anche un cotechino o uno zampone. È uno Champagne che chiede attenzione, come un rosso leggero, ma con una bevibilità tutta sua.
4 – Millesimati e cucina regionale. Un grande Champagne millesimato può accompagnare piatti più complessi: paste ripiene, zuppe di pesce strutturate, funghi, persino il tartufo bianco. Qui emerge il lato più “adulto” dello Champagne: meno effetto, più profondità.
Uno Champagne che cambia, come cambia il gusto

Negli ultimi anni lo Champagne sta vivendo una trasformazione profonda: meno dosaggi, più attenzione ai terroir, ritorno alla vigna e allo stile del produttore. Un’evoluzione che lo rende ancora più vicino alla sensibilità italiana, fatta di identità, territori e storie.
Forse è arrivato il momento di smettere di considerare lo Champagne un vino “da evento” e iniziare a trattarlo per quello che è sempre stato nella sua storia più autentica: un grande vino da pasto, capace di accompagnare la cucina senza mai imporsi.
Non solo bollicine, dunque, ma cultura, equilibrio e piacere.

di Francesco Piccat, autore del libro Champagne. Passato, presente e futuro di un vino leggendario (edizioni Kellermann, 2025, 144 pagine, 18 euro).
Piccat è nato a Saluzzo nel 1991, vive e lavora a Parigi. Laureato in Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli, è analista di mercato presso l’Ufficio ICE di Parigi, referente per la Francia della testata EpulaeNews e docente presso il Museo del Vino di Parigi.




