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Pomodorata contro il carovita a Roma

mercoledì, 22 Settembre 2010 di

Chi non si perderebbe per niente al mondo lo spettacolo di Sergio Marini, presidente di Coldiretti e altri vertici di associazioni consumatori, che lanciano pomodori contro bersagli immaginari (gli Speculatori) per protestare contro il carovita, non può mancare alla “pomodorata” che si terrà domattina, alle 11,30, davanti alla sede dell’Antitrust, in Piazza Verdi, a Roma.

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La manifestazione, che si svolgerà in contemporanea anche a Salerno, Foggia e Catania, è stata organizzata dal Casper, il Comitato contro le speculazione e per il risparmio, nato una settimana fa dall’unione delle associazioni Adoc, Codacons, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori.

Pomodori come a teatro, quindi, dove gli attori da punire sono i lontani, inarrivabili, trader, quelli che in Borsa giocano con grano e zucchero come se fossero merci qualsiasi. L’Adoc precisa che saranno lanciati solo “scarti di merce, pomodori invendibili che andrebbero comunque eliminati”. Ci mancherebbe, questi non sono tempi per buttare il cibo. Chi centrerà il bersaglio sarà premiato con una fetta di pane al pomodoro (ma buono).

La goccia che ha fatto traboccare il vaso della protesta è l’ennesimo calcolo degli aumenti pronti ad abbattersi sulle famiglie italiane. Quelli che le (ci) attendono con l’arrivo dell’autunno sono stati quantificati in 902 euro per nucleo familiare tra alimentari (191 euro), casa (189 euro) e trasporti (195 euro) e il 77%, avverte Casper, è da addebitare a “manovre speculative e rincari arbitrari che non hanno alcuna giustificazione economica”. Gli aumenti arrivano “dopo un anno di sostanziale stasi”, spiega l’Unione Nazionale Consumatori che promette: “Durante l’incontro verranno resi noti i dati che dimostrano in modo inconfutabile le speculazioni su alcuni generi alimentari di largo consumo”.

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Aspettando i dati del Casper, quello che sappiamo già è che, nonostante il rallentamento dell’economia abbia raffreddato la domanda, le premesse per ulteriori rincari di pane, pasta e prodotti da forno ci sono tutte. L’aumento dei prezzi dei cereali, innanzitutto. Spinto verso l’alto dalla speculazione che ha seguito il blocco delle esportazioni dalla Russia ad agosto, il prezzo del grano tenero è aumentato, secondo l’lsmea, del 37% rispetto ad agosto del 2009 mentre i listini del grano duro hanno registrato aumenti del 15% nell’ultimo mese (in calo del 10% rispetto a quelli dell’agosto del 2009) e quelli del mais del 30%, su base annua (tutti aumenti destinati a trascinare anche i listini della carne).

Il rischio che i rincari delle materie prime si trasferiscano in blocco sul prezzo finale è una certezza per il pane e per la pasta visto che per questi prodotti, come ricorda Umberto Sacco di Italmopa, l’Associazione di Confindustria che riunisce i molitori italiani, “il costo della materia prima incide per l’80% sul prodotto finito”. Il passaggio dei rincari dalle materie prime ai prodotti finiti si sono già verificati nel Regno Unito dove secondo l’Office for National Statistics il tasso di inflazione dei prodotti alimentari è salito del 12% in un anno.

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Torna così lo spauracchio del 2008, quando i prezzi degli alimenti avevano subito aumenti a due cifre (+38%) rispetto all’anno precedente, poi parzialmente rientrati ma tornati al rialzo la scorsa estate come dimostra l’aumento dell’indice dei prezzi alimentari della Fao che a settembre ha toccato il suo livello più elevato da settembre del 2008. Tutta colpa, allora come oggi, degli agrocombustibili (i carburanti ricavati da cereali e canna da zucchero) che hanno ridotto l’offerta di cereali sul mercato e fatto lievitare i prezzi ma anche della crescente domanda di merci alimentari (soprattutto carne) da Cina, India e Brasile e della crisi immobiliare del 2007 che ha spostato l’interesse degli investitori dal mercato dei mutui a quello dei prodotti agricoli. E se i giochi si fanno ormai alla Borsa di Chicago, dove si comprano e vendono i raccolti futuri di cereali, che cosa può fare un paese come l’Italia che importa il 60% di grano? Forse ce lo spiegheranno domani, tra una pomodorata e l’altra.

Foto: Getty Images / Jasper Juinen, ilmessaggero, conchiglieinmaremma, businessweek