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Italianissimi. Galan prova ad educare il palato degli Americani!

domenica, 05 Dicembre 2010 di

Tra le ultime trovate del finto made in Italy, dopo il parmesan, il cambozola, il provolone del Wisconsin, ci era giunta voce della pizza con la crème fraiche, versione riveduta e corretta della tarte flambée. “Alla gente piace la pizza, perché no una versione francese?”, si era chiesto, posando per il New York Times con in mano il frutto della sua contaminazione gastronomica, Anthony Raggiri, nei giorni dell’apertura del suo alimentari a base di prodotti francesi in First Avenue, a New York. Ma come, la pizza è un piatto protetto! aveva commentato, sdegnato, un lettore di Scatti.

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La risposta arriva, indirettamente, dal nostro Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Giancarlo Galan: “Le azioni legali internazionali per contrastare il falso made in Italy sono lunghe, complesse e, spesso, insufficienti”.

Il ministro ha ragione. In fatto di tutela delle indicazioni geografiche Stati Uniti (dove si concentra il grosso dell’italian sounding) e Italia ragionano in modo diverso. “In Italia abbiamo i marchi Dop e Igp, l’equivalente negli Stati Uniti sarebbe il certification mark”, ha spiegato al quotidiano America Oggi Donatella Iaricci dell’Ice di New York. Il problema è che “per la normativa Usa, nomi e segni geografici non sono suscettibili di essere catalogati come marchi individuali o collettivi” e quindi non godono di protezione giuridica. Inoltre “In Italia vige il principio First to File, che si traduce in un No all’utilizzo di espressioni come: ‘genere’, ‘tipo’, ‘alla maniera’ e alle evocazioni o traduzioni di altra lingua dell’indicazione geografica e No alla registrazione di un nome generico. Negli Stati Uniti, invece, vige il principio First to Use, ossia Sì all’utilizzo di espressioni come ‘blend’, ‘type’, ‘style'”.

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Tornando al nostro esempio della french pizza a New York una causa avviata ipoteticamente dal Consorzio di Tutela della pizza napoletana contro l’imitatore newyorkese non avrebbe un esito positivo certo.

E allora che si inventa il Mipaf? “Italianissimi”, una campagna di sensibilizzazione e promozione a tutela dei prodotti italiani negli Stati Uniti. Cioè in casa del diavolo visto che nel mercato nord-americano si concentra il 94% dei sughi italiani, il 94% delle conserve sott’olio e sott’aceto e l’85% dei formaggi, tutti rigorosamente spacciati per italiani, ma provenienti da qualche altrove gastronomico.

La speranza è che dove non arriva la legge (italiana ed europea), si spinga il palato degli Americani. Che, una volta educati, saranno loro a dire no a quello che non è “true Italian”. La campagna Italianissimi, ideata da Retecamere e realizzata in collaborazione con la Camera di Commercio di Roma e con l’Aicig, l’associazione dei Consorzi di Tutela dei prodotti italiani, è rivolta ai media americani (riviste specializzate, blog di cucina e pubblicità) ma prevede anche azioni formative e informative sui prodotti Dop e Igp nei più importanti negozi di gastronomia di New York e un’attività di sensibilizzazione dei turisti americani in Italia. Albergatori, università americane e scuole di cucina della capitale sarebbero già stati coinvolti dalla Camera di Commercio di Roma in un programma di corsi di formazione e degustazione per “insegnare a riconoscere i prodotti originali della qualità italiana”.

Foto: i-italy.org, Florence Fabricant/ NyTimes, Newsfood.com, parmaoggi.it