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Gabriele Bonci smonta i miti della lievitazione e spiega come fare il pane di segale a casa

Gabriele Bonci, all'attacco di industria, blog e osti che fanno gli chef, ha spiegato come fare il pane di segale e enkir a casa
domenica, 11 Marzo 2012 di

Volete sapere cosa pensa Gabriele Bonci dello show cooking? Che serve a far vedere quello che non avreste mai chiesto.

Che senso ha parlare di pizza o di quello che già si sa? Meglio spiegare come si fa un pane di centinaia di anni fa.

Il Bonci pensiero si fa sempre più visionario e la folla segue il panificatore della Meloria come un predicatore. O un guerriero che voglia piegare il suo avversario: l’industria e le falsificazioni. Ne ha per tutti. Riassunto:

Oggi scrivono pietra senza la i e nessuno se ne accorge.

Facevano gli osti e ora indossano una giacca e si credono chef.

Le casalinghe oramai scrivono libri.

Degli agricoltori e del loro lavoro nessuno parla.

I blog non capiscono di gastronomia.

Ci sarebbe da sentire fischi e invece si alzano applausi nella Station 2 di Culinaria, manifestazione gastro-culturale che si tiene fino a domani all’antico mercato del pesce in via di San Teodoro. Bonci non indossa la giacca.

È da chef, io sono panificatore e sto in maglietta. Sarebbe come se uno si mettesse una divisa. Mica diventa carabiniere per questo

A Culinaria è il momento del pane realizzato con gli scarti della birra. E poi l’Enkir, questo cereale che era di casa a Babilonia e che è arrivato nella Langa del Mulino Marino grazie a un ricercatore iraniano che 15 anni fa aveva un sacco da macinare di 25 chili. Un cereale che un’intera famiglia, dal nonno ai nipoti non aveva mai visto.

E poi ci sono le trebbie della birra che sarebbero troppo acide per il gusto dei consumatori del terzo millennio. E Bonci ci mette insieme un lievito nato dal fondo di una bottiglia di succo di lamponi di Monica Maggio, l’allevatrice che ha messo i polli in comunità (che fanno il paio con quelli alimentati a latte di capra da Paolo Parisi).

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Foodblogger che giocate con il tamagotchi del lievito madre sappiate una cosa: Gabriele Bonci NON crede ai lieviti antichi perchè dopo 20 giorni cambiano, mutano. Inutile conservarli per 20 o 50 anni. Meglio quelli freschi.

E i lieviti dei lamponi di Monica Maggio contribuiscono ad attenuare l’acidità dei resti della lavorazione della birra, malto e luppolo, e riportare indietro le lancette dell’orologio e alle lavorazioni dei monaci che mettevano insieme farina, trebbie e acqua.

Ora si fa lo stesso percorso. Due ore prima di iniziare l’impasto si dà da mangiare al lievito: pari peso con acqua e segale.

Un lievito alla francese che deve riposare a temperature fredde.

La segale è quella bianca, burattata. Le proporzioni sono 50% segale, 50% enkir, lievito e trebbie al 20%. Mescolato tutto insieme. La sensazione è di un impasto “sabbioso” dovuto al poco glutine presente.

Bonci ammazza un altro mito. Quello delle lievitazioni lunghe. Non sono necessarie in un pane con questi cereali che non hanno struttura e decadrebbero dopo 4-5 ore di maturazione. Qui contate in mezze ore.

Poi ne uccide un altro. Non è vero che il lievito fa male. Fanno peggio le farine di cui non si conosce la provenienza.

Se le farine (e i frutti – biologici) sono trattate bene, come questa di segale che nel ciclo di lavorazione a pietra naturale esce al massimo a 35° grazie a tempi lunghi, non c’è problema a mettere 7-8 e anche 10 grammi di lievito per chilogrammo.

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E poi nel pane ci vuole l’acqua che, come il corpo umano, deve contenerne l’80% del suo peso. Alta idratazione.

Da polvere a materia, da materia a farina. Se lo vedi così, il pane diventa diverso.

Attenzione foodblogger anche alla cottura. Forno al massimo per riscaldarlo, ma una volta infornato il pane si scende la temperatura perché il pane va coccolato dal calore. Deve fiorire, accarezzato. Bisogna crederci come al fatto che non c’è scheda tecnica a differenza degli altri alimenti o che i tagli sulla superficie prima di infornarli vadano eseguiti in obliquo.

Bisogna crederci perché il pane alla Station 2 è stato assaggiato e c’è solo da porsi una domanda. Ma come fa Gabriele Bonci a offrire un pane così buono, quasi frizzante con quell’acidità delle trebbie?

E se avete ancora dubbi che sia importante la filiera produttore-chef, pardon, produttore-panificatore non avrete che da andare a Culinaria e guardare nel calendario di oggi cosa seguire. Cristina Bowerman o Niko Romito? Salvatore Tassa o Franco Aliberti? Ilario Vinciguerra o Roy Caceres? E perché non tutti e anche gli altri?