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Gambero Rosso 2013: la pizza napoletana non è salva causa Bonci e Quaglia?

mercoledì, 10 Ottobre 2012 di

Sembrano svaniti nel nulla i titoli entusiastici di nemmeno un mese fa. La pizza napoletana STG è salva grazie al Pacchetto Sicurezza approvato dal Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, il 13 settembre 2012. Si faceva riferimento alla riserva di nome, alla questione se sia possibile o meno registrare quel marchio grazie alle nuove norme di tutela della Dop, dell’Igp e della Stg.

Il titolo esatto, basta leggere l’Ansa che prontamente dà la notizia, poteva essere: La pizza napoletana dovrebbe salvarsi.

Le condizioni necessarie sono che sia istituito il Consorzio di Tutela come previsto dalla normativa e che si stabilisca un nuovo nome. Inoltre, gli stati membri dovranno recepire la decisione del Parlamento Europeo emanando i decreti attuativi della direttiva. Insomma, tutt’altro che una passeggiata. È questo il motivo per cui su Scatti di Gusto non troverete nulla di questo salvataggio: siamo alla Protasi, anche se con l’uscita della Guida Ristoranti d’Italia 2013 del Gambero Rosso siamo arrivati subito alla tragedia.

Cosa è successo? La guida ha previsto una nuova categoria, i tre spicchi sulla falsariga delle tre forchette che vanno a premiare l’eccellenza. Apriti cielo, tutti avrebbero pensato alla vittoria a mani basse delle pizzerie napoletane e invece sorpresa. Delle 4 pizzerie che hanno preso i tre spicchi la più vicina a Napoli è la Pizzeria Pepe a Caiazzo (Caserta), quella che a Napoli chiamerebbero la pizza di paese.
Due sono a Roma (Sforno e La Fucina) e una a Verona (I Tigli).

Parte quasi subito la protesta con tutti i difensori della pizza napoletana pronti a dare battaglia. I post macinano like e i tweet volano che è un piacere.

 

 

L’offensiva è condotta con la solita virulenza da Luciano Pignataro che, forte del suo ruolo di caposervizio del Mattino, lancia dalle pagine del quotidiano e dal sito la crociata contro il Gambero Rosso, Verona, Roma e la pizza non napoletana.

La Gazzetta Gastronomica annuncia la protesta con la convocazione da Gino Sorbillo per ricordare urbi et orbi che la vera pizza è quella napoletana. Stefano Bonilli deve precisare che non sarà a Napoli e che non pensa a nessun tipo di complotto politico (?!)

Ma allora se c’è tutta questa protesta, perché mai al Gambero Rosso avrebbero preso questa simile cantonata? Per fare un dispetto a Gabriele Bonci come il sempre livoroso Pignataro ventila? O per fare un piacere a Molino Quaglia?

Probabilmente, nessuna delle due ipotesi. Luciano Pignataro che ha officiato il rito di Anteprima Pizza Up a Napoli (un successo, come dichiara) avrebbe dovuto ricordare l’intervento di Chiara Quaglia che aveva sottolineato come la pizza non è appannaggio esclusivo di Napoli e che bisogna considerare altre pizze meritevoli e probabilmente più conosciute e apprezzate di quella napoletana. “La fama della pizza napoletana è un fatto romantico”, aveva chiosato Chiara Quaglia. Una dichiarazione che aveva provocato qualche reazione di disapprovazione da parte di Massimo Di Porzio, di Gino Sorbillo e di Salvatore Salvo.

Peccato che nel video girato da Elvio Gorelli nè nel resoconto del padrone di casa non ci sia questo significativo e premonitorio passaggio.

Aveva ragione Chiara Quaglia? Forse per un dato quantitativo piuttosto che qualitativo: basta chiedersi quanti sono gli abitanti/consumatori di pizza a Napoli e quanti sono quelli del resto d’Italia?

La guida del Gambero Rosso si è comportata come una guida: ha fotografato, o ha pensato di fotografare, una realtà consolidata. Ci sono migliaia di persone che scelgono di cenare con una pizza, non con una pizza napoletana. Che è cosa diversa da altre pizze (come anche quella di Franco Pepe piuttosto che quella al metro per restare vicino Napoli).

Provare a comprendere non significa però giustificare: ritenere che la pizza napoletana come genere non abbia un campione di eccellenza è un po’ assurdo. E questo ai curatori della guida del Gambero Rosso va sottolineato.

Ma senza urlare altrimenti si fa solo ammuina. E bisogna anche ricordare ai pizzaioli napoletani che il confronto con le altre realtà e tra di loro è la prima regola per comprendere a che punto è “l’avversario”. Richiudersi tra quattro mura o giocare il campionato tra Capodichino e Arenella porta inevitabilmente a crogiolarsi del proprio buco dell’ombelico.

E noi sappiamo che la loro abilità è elevatissima anche in sede di confronto al buio: come hanno dimostrato Gabriele Bonci e Gino Sorbillo alla nostra iniziativa Impasti possibili a Roma. A proposito, il Pizzarium non è nemmeno citato mentre Sorbillo (Anna, la titolare – forse Gino non è abbastanza conosciuto come pizzaiolo) deve accontentarsi di due spicchi.

Certo il lavoro del futuro Consorzio di Tutela della pizza napoletana STG parte con un discreto svantaggio: prima dell’Europa deve convincere l’Italia addirittura della sua eccellenza.

Sperando che non si passi dalla tragedia alla farsa.

Di Vincenzo Pagano

Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.