mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

La giornata della memoria la ricordi con gli alberi e il pasticcio di tagliatelle

domenica, 27 Gennaio 2013 di

giornata della memoria 01

“Che bella cosa na jurnata ‘e sole,
n’aria serena doppo na tempesta!
Pe’ ll’aria fresca pare gia’ na festa
Che bella cosa na jurnata ‘e sole.”

Ho sempre amato molto questa canzone, soprattutto se ascoltata da un vecchio vinile così magicamente frusciante, che racconta come l’esplodere del sole, magari dopo un fortunale o un periodo un po’ uggioso, sia in grado di contagiare l’anima e il corpo con un’allegra spensieratezza.

Ancora più belle sono le giornate di sole a Venezia, quando la brezza ti sussurra che sta arrivando la primavera che porterà, tra le ombre di campi e campielli, la bellezza improvvisa di un raggio di sole anche a Cannareggio, antico sestiere veneziano, zona paludosa e malsana, dove i religiosi del convento di San Girolamo seppellivano i condannati a morte. Qui nel 1516 vennero concentrati 700 ebrei di origine tedesca ed italiana e nel 1541 vennero altresì relegati nell’area attigua del Ghetto Vecchio gli ebrei levantini, mercanti dell’impero ottomano e altri scampati alla cacciata dalla penisola iberica del 1492.

Nel 1589 infine si compose la “nazione ponentina” e il ghetto di Venezia assunse la struttura definitiva con i banchi di pegno ed i negozi di “strazzaria”, ovvero di stoffe, le attività commerciali prevalenti. Lo spazio a disposizione era davvero poco, solo 2 mq per abitante (ecco perché nel ghetto sono presenti le case più alte di Venezia, fino a 9 piani) e le sinagoghe delle singole comunità – Scola Levantina, Scola Spagnola o Ponentina, Scola Italiana, Scola Tedesca e Scola Canton – venivano celate tra le abitazioni comuni.

La Serenissima ha sempre cercato di mantenere una certa tolleranza verso tutti e questa politica era dettata soprattutto dall’esigenza di mantenere buoni rapporti politici e commerciali con culture e religioni diverse. Inoltre gli ebrei rappresentavano per Venezia il tramite al commercio con il mondo greco.

Durante l’ottobre del 1943 moltissimi ebrei veneziani vennero protetti e nascosti dai vicini “cristiani” durante i rastrellamenti e le deportazioni hitleriane, visto che oltre 400 anni di convivenza erano riusciti a creare prima tolleranza e poi reciproco rispetto. Rispetto e scambio che si evince in maniera evidente proprio nella cucina ebraica che pur rispettando anche a Venezia gli imprescindibili dettami della kasherut, si mescola sapientemente con le tradizioni gastronomiche lagunari così deliziosamente contaminate dai commerci e dalla curiosità.

Ecco allora scoprire in molte preparazioni ebree la zucca, la famosa “suca baruca” degli orti chioggiotti che altro non è che la zucca benedetta, baruch, ortaggio particolarmente prezioso. Uvetta e pinoli, che rendono ricche le “povere” sarde in saor, diventano ingredienti importanti nelle frittate di tagliatelle, nelle burriche dolci, nella pizza ebraica, nelle triglie che si offrono durante lo Yom Kippur o nella torta al miele della festività del Rosh Hashanà. Senza contare il profumo delle spezie così presente in entrambe le cucine.

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Durante la settimana della memoria, la comunità ebraica festeggia anche il Tu BiShvat ovvero il “Compleanno degli Alberi” che ricorda appunto come il fiorire del mandorlo in Israele annuncia l’arrivo della primavera e il bianco dell’inverno lascerà il posto ai rossi accesi della bella stagione. Durante questa festa infatti i piatti dovranno essere il più possibile ricchi di frutti e ognuno di essi sarà oggetto di specifiche benedizioni ed accompagnato da quattro bicchieri di vino: uno bianco, uno bianco con qualche goccia di vino rosso, uno rosso con qualche goccia di vino bianco ed uno rosso proprio per sottolineare che la natura dormiente invernale è stata risvegliata dall’arrivo della primavera e del sole.

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A Venezia, in occasione di questa festività, si prepara e si condivide un piatto tipico che non si trova in altre comunità, il Frisensal, ovvero una specie di pasticcio di tagliatelle condite con piccole polpettine d’oca (il maiale degli ebrei), pinoli, uvetta e fondo di cottura di arrosti precedentemente preparati oltre allo Strudel sefardita alle noci, una pasta appena lievitata che avvolge un ricco ripieno formato da noci, miele, uva passa e scorza di limone che ricorda molto da vicino la marocchina Baklava, come dire che la cucina è in grado di abbattere quelle barriere che la follia dell’uomo non smette di innalzare.

Frisensal

Ingredienti
500 g di pasta all’uovo (fettuccine)
60 g di uvetta
40 g di pinoli
500 g di prosciutto d’oca o salsiccia kosher o petto d’oca tagliato a dadini
Pepe garofanato
Rosmarino
2 scalogni
½ bicchiere di vino bianco secco
Olio extravergine di oliva
Un po’ di fondo di cottura di arrosto
Sale

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Preparazione

Lessa al dente le tagliatelle in acqua salata e mettile da parte con filo di olio evo o con il fondo di cottura di un arrosto che hai avanzato e messo da parte.
Taglia il prosciutto o la carne a dadini, rosolala in una padella dal fondo pesante con un paio di scalogni tagliati sottilmente: dopo qualche minuto sfuma con un po’ di vino bianco secco e continua la cottura coperto, a fuoco dolce, per circa 15-20’ con un rametto di rosmarino.
A metà cottura unisci le uvette e i pinoli precedentemente tostati ed elimina il ramo di rosmarino. Regola di sale e profuma con abbondante pepe garofanato.
Ungi appena il fondo di una teglia e versa uno strato di tagliatelle, poi un po’ del ragù, poi le altre tagliatelle fino alla fine degli ingredienti e termina con il sughetto del ragù medesimo.
Passa poi la teglia in forno caldo, 200°, per qualche minuto, fino a quando le tagliatelle non presentino una bella crosticina sulla superficie.

[Testo e Immagini: Anna Maria Pellegrino]