mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

Perché andare da Gennaro Esposito che si sente pronto per un’altra stella

martedì, 20 Novembre 2018 di

svinando

Non si va al ristorante Torre del Saracino no, si va a mangiare da Gennarino Esposito, con lui, a casa sua, sottoposti alla sua mole e ai suoi poteri ipnotici, portati per mano in un mondo di sapori, presi in giro dai suoi trucchi, incantati dalle sue alchimie. E’ come un palco reale all’Opera, un posto di prima su Emirates per una lunga vacanza, un tête-à-tête con Monna Lisa. Prendi e parti con lui e vorresti non tornare.

Tra il mare di Seiano e le pendici del Monte Faito, lì regna Gennaro, nella sua torre di Caporivo, piantata sulla roccia contro i saraceni da 1300 anni. Davanti la vista inostruita di tutto il Golfo di Napoli. Varchi la soglia e subito decidi che ti lascerai andare, arreso e felice a qualsiasi cosa ti riservi la visita.

La prima accoglienza è nel salotto ricavato nella torre, dove un monumentale impianto da perfetto audiofilo diffonde musica di sottofondo. E’ come una camera di decompressione tra il fuori e il dentro, un posto dove riadattare i ritmi e i battiti all’avventura dei sensi che attende. Qui di discutono con il maître e con il sommelier i dettagli del pasto, così quando poi si scende a tavola non servirà fare altro che godersi ciò che si è scelto.

Nel frattempo si viene deliziati con piccoli ma indimenticabili amuse-bouche.

Gelato di zucca con zenzero e acciughe.

Panino cotto al vapore con coniglio all’ischitana e scarola maritata.

Sfoglino di pane con ragù di lumachine di mare.

Bagel con salmone affumicato, panna acida, rucola e composta di prugne.

Battuta di vitello, cialda di porcini e broccoli.

Arrivati a tavola ci aspetta un menu degustazione da sei portate, modificato a sette, poi portato a nove per sfizio dello chef.

Per il vino abbiano scelto un Gaia 2015, un Fiano biodinamico della Cantina Giardino, pieno di freschezza e sapore ma senza asperità.

La parata dei piatti si apre con le alici ripiene di fichi bianchi del Cilento, salsa verde e noci con la loro lisca fritta.

Si prosegue con il crudo e cotto di palamita, crema di taralli e ‘nduja (che dà un tocco di piccantezza perfetto per il piatto).

Ecco poi arrivare una zuppa di granseola, salsa del suo corallo, fregola e pesto di zucchine, accompagnata da una tazza del suo brodo.

Perfetto (e se ne vorrebbe ancora) lo spaghetto in colatura di alici, calamaro, salsa del suo quinto quarto, pistacchi e limone.

Meno convincente forse il gioco sul risotto “Anni 80-90”, che mette insieme i versioni tipiche di quegli anni, il risotto allo champagne e quello ai frutti di mare. Ma nostalgia e ironia non sempre funzionano a tavola.

Fantastici invece nella loro semplicità i due piccoli cannelloni ripieni di ragù napoletano e guarniti con il concentrato. Una piccola bomba di sapore che, questa sì, che riempie di nostalgia

Un tripudio l’acqua pazza di pescato del giorno, dove svetta l’abilità dello chef nel trattare con religiosa devozione e con capacità taumaturgiche il pesce. Che in questo piatto si triplica in una trinità di sapori, con il filetto, la pancia e la guancia trattati separatamente.

Altro tuffo nei sapori di una vita è la minestra di pasta mista (12 formati) con pesce e crostacei, da divorare a cucchiaiate nonostante le molte delizie da cui si proviene.

L’approdo ai dessert è un po’ come arrivare in cima alla vetta e gustarsi il panorama, tra brezze e nuovi profumi. Qui comanda il maestro pasticciere Carmine Di Donna che fa dolci acrobatici e multicolore.

Questa è una mousse al cioccolato 62%, salsa di frutti rossi, sorbetto di lampone e barbabietole.

Questa è una mousse di castagne con sorbetto di cachi. Una piccola ode all’autunno per non rimpiangere l’estate (che per inciso, qui a Seiano in questo sabato di novembre fa ancora sentire forte la sua voce)

Abbiamo assaggiato anche una pastiera e un panettone che da soli valevano il viaggio.

Dopo cena Gennaro Esposito fa il giro dei tavoli come un sposo il giorno del matrimonio, tutti lo aspettano e lo festeggiano e lui non si fa pregare.

Qui si vuole sapere il segreto della sua cucina e del suo successo: “la vera fatica – spiega – è nascondere la complessità dietro una facciata di semplicità. Chi mangia deve capire quello ha davanti, i sapori devono essere semplici, distinti, armonici. Ma non c’è bisogno che gli si faccia pesare quanto è stato complesso, in cucina, arrivare a quel risultato”.

Gennarino prende ad esempio uno dei piatti che in questo momento gli danno maggiore soddisfazione, la “triglia fritta, non fritta”. “Sul piatto e al palato sembra la cosa più semplice del mondo, ma la preparazione richiede moltissimi passaggi, tra disidratazione, essiccazione, sgrassatura, emulsione, frittura: il piatto riesce se tutti questi passaggi si fondono nel risultato finale”.

Gennaro si guarda intorno ed è soddisfatto, il ristorante è pieno, gente è contenta, tutti hanno mangiato bene, sia chi conosce i suoi trucchi sia chi chi è caduto nelle sue trappole. “Si, non mi posso lamentare, dopo 27 anni di lavoro c’è ancora fermento, qui è come un vulcano, nuove idee, nuovi piatti. L’importante è essere coerenti, mettere insieme prodotti e creatività senza mai forzare.”

Tenere in equilibrio un ristorante di questo livello in una piccola frazione di Vico Equense non è facile. “Ho dovuto ridurre i coperti e alzare un po’ i prezzi, altrimenti non ci stavamo. Qui ho quasi tutti assunti a tempo indeterminato, ma la squadra è numerosa, i costi del lavoro altissimi. Avere una cantina come la mia ha costi vertiginosi. Avere uno stage in Italia è un’impresa, non puoi avere più di uno stagista ogni dieci assunti regolari, ed è un peccato anche per chi vuole imparare”.

La Torre del Saracino è un organismo complesso e in continua mutazione, più ci torni più ti rendi conto di come cambia, di come si adatta ai tempi. Lui spiega: “la forbice tra la cucina esperienziale e quella di tutti i giorni si sta allargando, sono mondi sempre più distanti. Difficile trovare cose buone a mezza strada, in questo ha televisione ha fatto disastri: tutti vogliono essere chef. Nelle grandi città è diventato difficile trovare una trattoria come si deve, per fortuna la provincia ancora regge”.

Parlando di stelle Gennaro si rabbuia, si vede che è un tema sensibile. Lui ha preso la prima nel 2000 e la seconda nel 2007. Sente di meritare la terza. “La strada fatta da allora è tanta ma è molto difficile vedersela riconoscere. Poi non sai mai veramente come andrà a finire, ci vuole anche un po’ di fortuna per far trovare tutto al posto giusto nel momento giusto: come quando inviti gli amici a cena e fai tutto perfetto ma tuo figlio si è dimenticato un calzino sul divano”.

Prezzi: degustazione 6 portate 155 €, 8 portate 170 € , 11 portate 200 €. Antipasti 38 €, primi 42 €, secondi 45 €, dolci 22 €. Wine pairing 80 e 120 €.

La Torre del Saracino. Via Torretta, 9. Marina d’Aequa, Vico Equense (Napoli). Tel. +39 0818028555

[Immagini: Giancarlo Loquenzi, Vincenzo Pagano, Torre del Saracino]