mulino caputo farine per pizza, pane e dolci

Basta psicosi: gli chef del Piemonte invitano a cenare fuori

giovedì, 05 Marzo 2020 di

Strade stranamente tranquille, ristoranti semivuoti, supermercati affollati a Torino.

L’angoscia da coronavirus non si placa, e il settore che maggiormente sta pagando le conseguenze di questa situazione è sicuramente quello della ristorazione e dell’ hôtellerie.

Un clima che ormai ha pervaso tutto il Nord Italia, ogni regione, ogni città, anche quelle a una distanza di (relativa) sicurezza dall’epicentro del contagio.

Anche a Torino, per quanto i numeri del contagio non siano quelli dei comuni più colpiti, fa i conti con questa nuova angosciante situazione, e l’ansia è maggiormente percepibile nei ristoranti, che registrano un calo vertiginoso dei clienti con relative ripercussioni economiche a carico dei titolari e, a cascata, sui loro dipendenti e fornitori, in una spirale perversa che rischia di mettere in ginocchio un intero settore.

Ma anche Torino, come già accaduto per Milano, ha deciso di reagire, e non lasciarsi prendere dall’eccessivo timore, pur non dimenticando ovviamente la doverosa prudenza.

Per questo molti nomi della ristorazione piemontese, come Matteo Baronetto, chef del Il Cambio di Torino, Marco Sacco del Piccolo Lago di Verbania, Davide Palluda de L’Enoteca di Canale d’Alba, Giampiero Vivalda, dell’Antica Corona Reale di Cervere e tanti altri, si sono uniti per rivolgere un accorato appello ai cittadini e anche alle istituzioni.

E’ Matteo Baronetto che prende la parola, come riportato da Repubblica, a nome di un migliaio di colleghi, sia “stellati” che non, per rassicurare i cittadini e informarli che “i ristoratori torinesi e piemontesi si uniscono per affermare che le cucine della città e della regione sono vive e pronte ad accogliere i propri ospiti con ancora più cura e attenzione”, nonostante i tempi non facili.

Un invito che non vuole fare dimenticare le necessarie precauzioni, né tantomeno far pensare a un atteggiamento di parte a mera tutela dei propri (legittimi) interessi: “Siamo anche noi cittadini – affermano infatti gli chef- viviamo le stesse preoccupazioni degli italiani, ma non possiamo stare alla finestra, dobbiamo reagire e guardare avanti. I nostri ospiti, i nostri team, i fornitori, se tutti ci muoviamo in modo coordinato e supportiamo le autorità riusciremo sicuramente a superare questo momento difficile”, specificando inoltre che “la ristorazione, a Torino e in Piemonte, con le sue insegne che danno lustro al panorama gastronomico nazionale, non si ferma, anzi, continua a essere viva e vivace e lancia un invito corale alla normalità, perché solo uniti si può sconfiggere la paura”.

Un invito alla calma, alla razionalità, al mantenere, nell’ambito del possibile, le proprie abitudini e il proprio tipo di vita, come evidenziato dalle parole di Matteo Baronetto: “La settimana scorsa è stata un disastro, ma da venerdì Torino si è un po’ rianimata. Abbiamo spento la macchina. Adesso bisogna riaccenderla e prima che riparta del tutto ci vorrà del tempo. Lo sappiamo. Noi cerchiamo di fare fronte al calo di presenze e di fatturato, ma in mano abbiamo poche leve. Gli ordini li puoi fermare ma il personale bisogna pagarlo. Questo deve servire a a far capire ancora di più quanto il turismo sia importante per Torino e per il Piemonte. Ci eravamo abituati a vederli in città. Sembrava normale. Adesso abbiamo capito che non lo è. Se si ferma il turismo si torna indietro di vent’anni”.

Un passo indietro che Torino non può permettersi, non dopo tutti gli sforzi che la città, da almeno quindici anni a questa parte, ha fatto e sta facendo tuttora per donarsi una nuova identità, una nuova vocazione, quella turistica, dopo i grigi anni post-industriali in cui il capoluogo sabaudo non significava più automobili ma non significava ancora null’altro di ben definito.

Torino ha lavorato, i suoi cittadini, i suoi imprenditori, tutti hanno lavorato per dare un nuovo volto, per diventare la città turistica che è ora, per farla diventare una delle mete più ambite per i viaggiatori, e non sarà un virus a vanificare tutto ciò: “Vogliamo dire a tutti che continuano ad esserci luoghi, quelli che hanno cercato in questi anni di rendere più ricca e più accogliente la città per i turisti e per i torinesi, che lavorano come sempre per accogliere. La vita deve continuare – continua Baronetto – con qualche attenzione o scrupolo in più e stringendo i denti”.

La vita, quindi, deve continuare, seppur con le necessarie cautele. Torino, deve continuare.

E i ristoratori intendono essere una parte fondamentale in questo processo.