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E lo stesso ragionamento è stato ripreso, in altri toni, da Valerio M. Visintin, il “critico gastronomico mascherato”, che dalle colonne del Corriere e sulla sua pagina Facebook ha ribadito il concetto: “Nessun ristorante può assicurare le necessarie distanze di sicurezza né dagli altri commensali, tanto meno dai camerieri. Nessun ristorante è nelle condizioni di garantire le norme di sanificazione – scrive Visintin – Pensate al bagno, ogni volta che viene utilizzato; pensate agli spazi ristretti delle cucine; pensate alla infinità di oggetti che passano di mano in mano (piatti, bicchieri, tovaglioli, posate, bottiglie, menu, conto…. Se raccomandazioni e limiti ribaditi da esperti e autorità amministrative non sono leggende, dobbiamo chiudere tutto a partire da ora”.
\n\n\n\nVisintin allega poi anche alcuni stralci di una lettera del “Comitato ristoratori responsabili”, un’associazione spontanea di ristoratori costituitasi in questi giorni e indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Regione Lombardia, al Ministro della Salute e al Sindaco della Città Metropolitana di Milano, dove si legge, tra le altre cose, che:
[…]
per la natura del servizio offerto da esercizi di somministrazione la richiesta di mantenere il metro di distanza interpersonale è praticamente impossibile da far rispettare. La promiscuità è ineliminabile tra personale di servizio e cliente e tra i clienti stessi anche nel caso si dispongano di tavoli delle misure adeguate.
[…]
lasciare i gestori delle attività come baluardo di prevenzione del contagio che impongono la suddetta distanza a rischio di sanzione è un provvedimento che facciamo fatica a condividere.
[…]
Ci chiediamo pertanto se abbia senso chiudere tutto tranne i ristoranti e i bar. Se il fine ultimo è quello di evitare la socialità tout court, per quale motivo si vuole lasciare la possibilità di contatto e contagio in luoghi dove è intrinsecamente più difficile regolamentarla? Paradossalmente musei e cinema che devono rimanere chiusi hanno più possibilità di far rispettare le distanze regolamentando gli accessi.
[…]
chiudere del tutto gli esercizi di somministrazione: meglio un periodo di contenimento più severo ma più limitato nel tempo”.
Chiudere tutto, subito quindi, per evitare di dover chiudere più a lungo, con ripercussioni sicuramente ben peggiori non solo a livello economico, ma anche e soprattutto a livello della salute nazionale.
\n\n\n\n#chiusidaora
\n\n\n\nChe senso ha?
Che senso ha chiudere i ristoranti dalle 18 alle 6 di sera per evitare al coronavirus di circolare indisturbato tra i tavoli dei locali durate l’ora di cena permettendogli però di vagare liberamente durante l’orario di pranzo?
Quale ragionamento hanno fatto i nostri politici quando hanno decretato tale norma, quale virologo li avrà mai consigliati di adottare delle misure così particolari?
Si comprende l’esigenza di voler tutelare un minimo le attività di ristorazione, in questo momento le più colpite dal dilagare del virus, ma non si capisce per quale motivo per tutelare i ristoratori – di cui, ripetiamo, si comprende la situazione drammatica – si debbano mettere a rischio i clienti, cioè noi.
In un momento in cui nessuna norma appare troppo severa nella corsa alla frenata di un evento calamitoso sconosciuto e mai accaduto prima, la tempestività e la chiarezza sono più che mai necessarie. Non si fermano i virus con norme a metà, e si deve avere il coraggio di prendere decisioni per il bene della collettività, per quanto impopolari.
Cercare di sostenere trattorie e ristoranti non è un compito che possa essere demandato a clienti coraggiosi durante l’ora di pranzo né ai ristoratori, non in un momento in cui si richiede il massimo senso di responsabilità ai cittadini chiedendo loro di rimanere a casa il più possibile evitando addirittura di recarsi in spazi aperti, come parchi e giardini, ma consentendogli poi di andare poi a sedersi ai tavoli di un ristorante durante l’ora di pranzo, in barba al virus, e gravando i ristoratori dell’obbligo di far rispettare la distanza di sicurezza.
Non sono i cittadini a doversi fare carico delle necessità dei ristoratori, ma lo Stato, che deve mettere in atto politiche economiche e fiscali atte a sostenere la categoria. Non basta infatti consentire di tenere aperte le cucine dopo le 18, per preparare i cibi che potranno poi essere consegnati a domicilio, ma occorrono supporti economici concreti, sotto forma di finanziamenti, incentivi, sospensioni dell’obbligo contributivo e altre misure del genere.
Nei giorni scorsi lo aveva detto Vittorio Feltri, che pur nel suo linguaggio pacato e rassicurante aveva sollevato la questione su Twitter “I ristoranti aperti a pranzo e chiusi di sera. Perché? Il virus dorme la mattina e dopo il tramonto si sveglia incazzato e ti frega. Vi sembra normale?”.
E lo stesso ragionamento è stato ripreso, in altri toni, da Valerio M. Visintin, il “critico gastronomico mascherato”, che dalle colonne del Corriere e sulla sua pagina Facebook ha ribadito il concetto: “Nessun ristorante può assicurare le necessarie distanze di sicurezza né dagli altri commensali, tanto meno dai camerieri. Nessun ristorante è nelle condizioni di garantire le norme di sanificazione – scrive Visintin – Pensate al bagno, ogni volta che viene utilizzato; pensate agli spazi ristretti delle cucine; pensate alla infinità di oggetti che passano di mano in mano (piatti, bicchieri, tovaglioli, posate, bottiglie, menu, conto…. Se raccomandazioni e limiti ribaditi da esperti e autorità amministrative non sono leggende, dobbiamo chiudere tutto a partire da ora”.
Visintin allega poi anche alcuni stralci di una lettera del “Comitato ristoratori responsabili”, un’associazione spontanea di ristoratori costituitasi in questi giorni e indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Regione Lombardia, al Ministro della Salute e al Sindaco della Città Metropolitana di Milano, dove si legge, tra le altre cose, che:
[…]
per la natura del servizio offerto da esercizi di somministrazione la richiesta di mantenere il metro di distanza interpersonale è praticamente impossibile da far rispettare. La promiscuità è ineliminabile tra personale di servizio e cliente e tra i clienti stessi anche nel caso si dispongano di tavoli delle misure adeguate.
[…]
lasciare i gestori delle attività come baluardo di prevenzione del contagio che impongono la suddetta distanza a rischio di sanzione è un provvedimento che facciamo fatica a condividere.
[…]
Ci chiediamo pertanto se abbia senso chiudere tutto tranne i ristoranti e i bar. Se il fine ultimo è quello di evitare la socialità tout court, per quale motivo si vuole lasciare la possibilità di contatto e contagio in luoghi dove è intrinsecamente più difficile regolamentarla? Paradossalmente musei e cinema che devono rimanere chiusi hanno più possibilità di far rispettare le distanze regolamentando gli accessi.
[…]
chiudere del tutto gli esercizi di somministrazione: meglio un periodo di contenimento più severo ma più limitato nel tempo”.
Chiudere tutto, subito quindi, per evitare di dover chiudere più a lungo, con ripercussioni sicuramente ben peggiori non solo a livello economico, ma anche e soprattutto a livello della salute nazionale.
#chiusidaora