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Coronavirus. I cocktail bar perdono il 50%. Roma peggio di Milano

Chiusura forzata e blocco del turismo, affitti alti e stipendi costeranno la metà del fatturato previsto per il 2020
mercoledì, 15 Aprile 2020 di

Se il mondo della ristorazione piange lacrime amare, nemmeno quello dei cocktail bar se la passa tanto bene. Le agognate riaperture che assumono la fisionomia di mistiche visioni con date buone giusto per tentare miglior fortuna al Lotto, producono conseguenze molto serie anche nel variegato settore del bere miscelato.

Da un’indagine di BluBlazeR, guida ai cocktail bar di ogni genere esistenti in Italia, emerge una stima per niente confortante su quelle che saranno le perdite di fatturato nel 2020 (ferme restando le ultime disposizioni sul ripristino delle attività), cercando di entrare nelle specificità delle varie categorie -bistrot con mixology, cocktail bar, hotel bar e speakeasy – finora considerate nell’insieme e che invece risentono in maniera diversa della crisi in quanto più o meno legati ad altri fattori, come ad esempio il blocco del turismo.

le perdite stimate dei cocktail bar nel 2020

In un panorama che ha già evidenziato segni di crisi economica (confermato dal 99% degli intervistati) la perdita media stimata per il 2020 è il 50% del fatturato e oltre, come evidenziato dalla maggioranza del campione, che però supererà addirittura l’80% per una fascia nemmeno tanto piccola, il 23% dei cocktail bar coinvolti nell’indagine.

Il bancone del bar diviso dalla sala con il plexiglass

A pesare sono soprattutto i costi fissi di gestione, come l’affitto dei locali, gravoso per il 70% degli intervistati (e qui i fortunati che possiedono le mura possono tirare un sospiro di sollievo) e le spese relative al personale (67%), cioè stipendi ma soprattutto tasse e contributi che ai datori di lavoro duplicano l’esborso. La Cassa Integrazione è un aiuto, ma va da sé che se il settore non è messo in condizioni di ripartire in qualche modo non potrà che essere un tampone che rinvia di qualche mese probabili chiusure e la perdita di tanti posti di lavoro. Né è immaginabile l’ipotesi del ‘parlatorio’ per locali che fanno della socialità il loro punto di forza: al bar come alla Posta, con il vetro e l’altoparlante che divide il bancone dalla sala, è di una tristezza infinita.

coronavirus e turismo

Altro fattore importante, ma che non ha la stessa rilevanza per tutti è il blocco del turismo: quest’anno non ci sarà l’affluenza dall’estero, ma è verosimile immaginare che nemmeno gli italiani si muoveranno tantissimo. In questo scenario a farne le spese più alte saranno probabilmente gli ‘hotel bar’, cioè i cocktail bar all’interno di strutture alberghiere, una formula di grande successo che però vive di ospitalità e di flussi (il 79% degli hotel bar stima perdite per almeno la metà del fatturato).

Stazione Termini deserta per il Coronavirus

Analogo discorso per le città d’arte. Ecco perché le previsioni per Roma, meta di milioni di turisti un po’ tutti i mesi dell’anno e oggi di un vuoto spettrale (una stazione Termini come quella in foto si vedeva solo nei film), sono più grigie rispetto a città come Milano, in cui l’utenza è per così dire più domestica, o comunque legata agli spostamenti per ragioni di lavoro e business. A fronte di un 15% dei locali milanesi che paventano una perdita superiore al 50% nel corso dell’anno, spicca nettamente la percentuale registrata dai locali romani: il 55% prevede di perdere tra il 50 e l’80%.

Emergenza liquidità per i cocktail bar minacciati dalla recessione

Mettere al riparo quanto ancora si può salvare e immaginare misure che rendano la ripresa più veloce possibile (il tempo è un fattore che per molte realtà può determinare la sopravvivenza) è doveroso, e i diretti interessati hanno le idee piuttosto chiare sulle misure che potrebbero dare un po’ di respiro al settore:

  • Interventi sulla pressione fiscale, per concentrare le risorse ancora disponibili sui costi di gestione
  • Accesso agevolato alla liquidità, per far fronte alle spese immediate, premiando magari chi ha attuato una politica di conservazione dei posti di lavoro.
  • Incentivare la produzione di liquori, distillati, birre artigianali diminuendo le accise
  • Generale riordino normativo del settore in chiave di semplificazione, eliminando l’eccessiva burocrazia e aiutando le piccole aziende ad affrontare i cambiamenti che necessariamente dovranno apportare, sia nelle strutture che nelle modalità operative.

Di sicuro passeranno mesi prima che potremo sederci di nuovo a un bancone e ammirare le abili mani dei bartender compiere i loro miracoli, nel frattempo i cocktail bar dovranno trovare altre strade per sopravvivere. Alcuni sono nati con la mission del delivery, come Nio, ma da una scatola potranno mai sprigionarsi le magiche alchimie di un mixologist?