Dehors e tavolini: norme Covid prorogate al 30 giugno 2027

Ai tempi dei decreti legge per fronteggiare l’emergenza Covid, ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie erano al centro dell’attenzione per via delle distanze da mantenere tra commensali. Poi ci fu il momento dei divieti a cena, le zone bianche-gialle-rosse, quindi il plexiglass. Norme e polemiche che per fortuna sono un lontano ricordo. Tranne che per un aspetto: dehors e tavolini all’aperto. Eh sì, perché per fronteggiare l’aggressività del Coronavirus (ricorderete tutti i modelli di diffusione del virus con le goccioline. gli starnuti e la tosse letali a tavola) ma soprattutto per evitare la chiusura di centinaia e centinaia di attività di ristorazione, la soluzione era mangiare all’aperto. E quindi la fantasia del legislatore italiano partorì quello che venne definito “tavolino selvaggio”. Ovvero l’allargamento delle superfici di occupazione del suolo pubblico su strade pedonalizzate, ma anche marciapiedi, strisce blu di sosta a pagamento e qualsiasi anfratto buono alla bisogna.
Una vera manna per gli operatori della ristorazione. Che da dehors per 2-3 tavolini si ritrovarono di fatto una nuova sala che aumentava il numero dei coperti. Terminata l’emergenza Covid, sembrò naturale raccogliere le proteste di cittadini, automobilisti, aziende di servizio pubblico di trasporto, associazioni. Tutti in varie gradazioni e distinguo imbufaliti. Perché non trovavano stalli per parcheggiare, avevano dovuto spostare le fermate dei bus. Oppure non riuscivano a dormire la notte o ritenevano dehors e tavolini uno sfregio a monumenti e piazze. Si sarebbe dovuto rientrare nella normalità e accontentarsi dei 2-3 tavolini delle aree esterne fronte locale.
Invece si è andati avanti a colpi di proroghe. E secondo l’ultima norma (ma a seguire trovate le tappe) la fine del regime speciale era fissata al 31 dicembre 2025. Cioè 5 anni dopo il DL Rilancio del 2020 che aveva fissato le nuove regole.
La nuova proroga fissata al 30 giugno 2027 per dehors e tavolini

Ma nelle ultime ore è arrivato uno stop al provvedimento che avrebbe dovuto mettere fine al regime speciale di tavolini e dehors anti Covid. L’orientamento del Governo era di non concedere ulteriori proroghe e di riordinare la materia in maniera organica.
Invece, è spuntato un emendamento al disegno di legge sulle semplificazioni attualmente all’esame del Senato. Emendamento a firma del relatore Costanzo Della Porta (FdI) che cambia il quadro. L’emendamento chiede di prorogare il regime speciale di tavolini e dehors e di spostare la scadenza dal 31 dicembre 2025 al 30 giugno 2027. Quindi ulteriori 18 mesi di proroga. In questo modo il Governo avrebbe un altro anno (dal 16 dicembre 2025 al 31 dicembre 2026) per l’attuazione della delega prevista dalla legge sulla concorrenza per il riordino del settore.
Il motivo di questo slittamento si legge nella proposta di emendamento. In pratica, serve più tempo per gli atti amministrativi necessari a individuare i siti archeologici e “gli altri beni culturali immobili di interesse artistico, storico o archeologico eccezionale che interessano migliaia di centri abitati”. L’idea è di effettuare “valutazioni puntuali che differenzino utilmente le singole zone” delle città che sono soprattutto attrattori di turismo.
Le Sovrintendenze dovrebbero esaminare i casi in cui gli esercizi commerciali si trovino in spazi aperti urbani “strettamente prospicienti” monumenti nazionali, chiese o altri beni culturali. Che, però, “presentano un valore identitario eccezionale e altamente rappresentativo dei luoghi”.
Insomma una sorta di catalogazione di beni culturali considerati non eccellenti. La parola dunque passerebbe alle Sovrintendenze con un’analisi caso per caso. E dunque lunga tanto da far pensare che difficilmente in un anno si riesca a completare la mappatura di città come Roma, Napoli, Firenze, Venezia.
La storia dei decreti per i tavolini e i dehors

La proroga del regime semplificato è stata estesa fino al 31 dicembre 2025. Sancendo una transizione da un’eccezione emergenziale a una misura di stabilizzazione economica e, potenzialmente, di riordino urbano.
Questa decisione, contenuta nella Legge annuale per il mercato e la concorrenza, non costituisce un punto d’arrivo, ma un ponte temporaneo verso una riforma strutturale della materia. Il provvedimento delega infatti il Governo ad adottare, entro dodici mesi, un decreto legislativo per un riordino organico e il coordinamento delle disposizioni esistenti. Con l’intento di armonizzare le normative di settore. Tale approccio evidenzia una duplice finalità. Da un lato, sostenere un settore chiave dell’economia nazionale che ha tratto enormi benefici da questa flessibilità, con una stima di 240 milioni di euro di risparmio per gli esercizi convenzionati. Dall’altro, avviare un processo di normalizzazione per superare la gestione caotica generata dall’emergenza.
L’origine della normativa di emergenza
La questione dei dehors in Italia affonda le sue radici nell’emergenza sanitaria globale. Con il Decreto Rilancio (D.L. 34/2020), il legislatore ha introdotto un regime semplificato e temporaneo per l’occupazione di suolo pubblico. L’obiettivo primario era consentire a bar e ristoranti di continuare la propria attività in sicurezza. Garantendo il distanziamento sociale e compensando le restrizioni imposte agli spazi interni. Questo regime ha permesso l’installazione di strutture leggere e facilmente amovibili (tavolini, sedute, ombrelloni) con una procedura burocratica agile. E, in molti casi, esentando i titolari dal pagamento del canone di occupazione.
La catena incessante delle proroghe
Ciò che era stato concepito come una misura eccezionale si è rapidamente trasformato in una consuetudine. Il regime semplificato è stato oggetto di una serie di proroghe continue attraverso successivi atti legislativi, tra cui il Decreto Sostegni, il Decreto Milleproroghe e varie Leggi di Bilancio. Inizialmente prorogate di pochi mesi alla volta, le autorizzazioni sono state estese fino al 31 dicembre 2024. Prima dell’ultimo prolungamento che le ha portate fino al 31 dicembre 2025. Questa catena di proroghe ha creato un quadro normativo incerto e frammentato. La disciplina emergenziale si è sovrapposta alla legislazione ordinaria, generando confusione e contenziosi.
L’intervento legislativo del 2023 e i nuovi criteri per i dehors
La Legge sulla Concorrenza 2023, approvata in via definitiva dal Senato il 12 dicembre 2024, ha introdotto l’articolo 26. Che contiene una delega al Governo per un riordino organico della materia. L’obiettivo è armonizzare il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004), il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001) e l’insieme delle normative emergenziali prodotte durante la pandemia. Il nuovo decreto legislativo, che dovrà essere varato entro dodici mesi, rappresenterà il quadro giuridico definitivo che regolerà l’installazione dei dehors a regime. È importante sottolineare che la validità della proroga fino al 31 dicembre 2025 è vincolata all’entrata in vigore di tale riforma.
I parametri per il riordino sono stati esplicitati. La normativa futura dovrà basarsi su criteri precisi che garantiscano
- il mantenimento della fruibilità del patrimonio culturale
- una progettazione integrata con lo spazio circostante
- il decoro e l’omogeneità degli arredi
- la chiara delimitazione degli elementi amovibili.
Inoltre, sono stati inseriti specifici requisiti per garantire il passaggio di pedoni, persone a mobilità ridotta e mezzi di soccorso. Ponendo l’attenzione sulla sicurezza e l’accessibilità.
L’intreccio tra legislazione statale e autonomia comunale
L’estensione della validità delle autorizzazioni a livello nazionale, sancita dalla Legge Concorrenza, ha limitato temporaneamente l’autonomia dei Comuni in materia. Le associazioni di categoria hanno spinto per una soluzione di questo tipo a livello centrale, trovando una sponda nel Governo per sostenere un settore strategico. Tuttavia, questo approccio si scontra con la realtà delle amministrazioni locali, primi gestori del suolo pubblico che si confrontano quotidianamente con problematiche di decoro, viabilità e abusivismo.
La tensione tra i due livelli di governo è evidente nel contenzioso amministrativo. Il Consiglio di Stato, in una sentenza del luglio 2024, ha ribadito il primato della legislazione nazionale su quella regolamentare locale in materia di dehors. Questo quadro normativo frammentato e la continua ingerenza statale hanno ostacolato la capacità delle singole città di attuare regolamenti coerenti e specifici per le loro esigenze. Il futuro decreto legislativo di riordino dovrà, in tal senso, risolvere questo paradosso. Promette, da un lato, di dare maggiore autonomia ai Comuni. Ma deve, dall’altro, stabilire criteri uniformi a livello nazionale per evitare un mosaico di regole ingestibile che danneggerebbe sia gli operatori che la qualità degli spazi urbani.