La Cucina Italiana e la bufala del patrimonio Unesco a Festa a Vico

Torno ora dall’ennesima edizione di Festa a Vico. Abbiamo riso, salutato, incontrato, commentato, mangiato, parlato, abbiamo fatto bagni di mare, di folla, di cibo e di vini. Abbiamo toccato con mano come la cucina possa essere solidale, possa aiutare a reperire fondi per Onlus ed iniziative le più disparate. E abbiamo condiviso sorrisi, momenti, incanti, sapori e saperi. Una sola cosa non abbiamo condiviso, almeno non io. Il supporto al dossier di presentazione all’Unesco del riconoscimento della Cucina Italiana quale patrimonio immateriale e intangibile dell’Umanità
E non ne faccio una questione partitica, ne faccio una pura questione di marketing.
Perché non si può fare la Cucina Italiana patrimonio Unesco

Ho più volte spiegato come sia assolutamente tecnicamente e logicamente impossibile il riconoscimento da parte dell’Unesco della Cucina Italiana quale bene immateriale protetto.
Non si può fare. Semplicemente non si può.
Intanto perché l’Unesco, attraverso la lista del Patrimonio Culturale Immateriale, tutela e promuove pratiche come la Dieta Mediterranea che rappresenta una pratica culturale millenaria con una forte impronta sociale, gastronomica e di rispetto per il territorio.
E le nostre cucine stanno in Italia (solo geograficamente) da meno di 100 anni. Cioè da quando la RAI TV le ha fatte conoscere anche agli altri Italiani come fece con l’italiano il Maestro Manzi.

Oppure l’Unesco tutela l’arte del pizzaiuolo napoletano, anch’essa riconosciuta come patrimonio immateriale, evidenziando la manualità e le competenze tramandate di generazione in generazione. Ma non tutela la pizza, anche se spesso viene confusa con l’arte del pizzaiuolo.
L’Unesco non tutela cucine, pentole, ricette, scolapiatti e forni a microonde. Tutela pensiero, modalità culturali, etnie, non peperoni e “mulignane”.
Quelli li tutela SlowFood e non ha neanche per l’anticamera del cervello di riunire tutto sotto un finto unico cappello!
E viene quindi spontaneo chiedersi: perché mai qualcuno vorrebbe farlo?
Qual è la vera ricchezza della nostra Cucina

La Cucina Italiana in pasto all’Unesco sarebbe solo per populismo, puro populismo.
Visibilità politica (e personale), facendo credere agli italiani che questa bufala sia digeribile alla stregua della meravigliosa Mozzarella di Bufala Campana (questa sì protetta dalla Dop) di Barlotti.
Quanto questo giochetto politico di fattura Lollobrigiana sia fattibile, quanto questa presa in giro sia organizzabile, quanto questa bandiera sia sventolabile ha solo una rispota: NO!
Non si può e non si deve fare. Significherebbe rovinare secoli di storia dei nostri territori, delle nostre ricette, delle nostre nonne, zie e cuciniere e cuoche in famiglia, Ammazzeremmo le ricette del tortellino e della lasagna tramandate oralmente per centinaia d’anni, una diversa dall’altra, originali per regione, diverse per città, differenti famiglia da famiglia.
Questa è la ricchezza che ci rende vincitori. Questa è la ragione per la quale i turisti passano di città in città ad assaporare la grandezza e diversità del nostro territorio.

Non voglio il risotto italiano o il caciocavallo italico per far contenta la Cucina Italiana – Unesco.
Ve lo immaginate il risotto italiano invece che alla milanese?
E chi mangerebbe la pasta italiana alla Norma?
O il Caciocavallo italico invece di Ragusano, Calabrese o ditemi voi quale?
La Cucina Italiana è regionale, lo diceva anche Bocuse

La Francia, nelle ormai esauste ma mai dimenticate parole di Bocuse (mica l’ultimo dei cretini ), ci invidiava la multiterritorialità.
Un giorno, parlando con Gualtiero Marchesi, Paul Bocuse si espresse con grande veemenza: “Il giorno che gli Italiani finalmente scopriranno la grandezza della loro cucina regionale, noi Francesi saremo FOTTUTI”.
Lo diceva lui e invece qualcuno nelle alte sfere ci vuole invece tutti uguali, tutti italici, tutti sottomessi al politico desio della Cucina Italiana Unesco!
Vattinne, va! Manco morti.
Dovranno passare sui nostri cadaveri di mangiatori di agnolotti piemontesi, di tortellini modenesi, di fegati alla Veneziana, di pizze napoletane, di favecicore pugliesi, di pasta ccu le sarde sicula, di fregola sarda.
Dovranno schiattare di invidia e mangiare chili di sottilette, di precotti e di Macaroniandchees surgelati, centinaia di lattine di carne, di bevande gasate e di panini fast food.
Ma noi non ci schioderemo dal Provolone del Monaco, dal pane Pugliese che è diversissimo dal Toscano e dalla Mantovana o delle Scacce Siciliane.
Tutti scritti per rispetto con l’iniziale maiuscola.
Noi vivremo di tante meravigliose diversità e loro sKiatteranno di ricette piatte, tutte uguali e riproducibili in serie.
Quelle ricette della CUCINA ITALIANA, non del bellissimo mensile, ma della fittizia realtà che passerebbe all’Unesco!
Buon appetito!