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Astraea: Origine e ricette dell’hamburger in un libro

venerdì, 07 Maggio 2010 di

Inventato in America, patria dei consumi di massa, ha finito per conquistare anche i palati del Vecchio Continente, più avvezzi ai piaceri della tavola e alle tante sfumature nella tavolozza dei sapori. Dagli anni Ottanta impazza e si moltiplica ovunque, anche in raffinate piazze gastronomiche come Parigi e persino in Italia, nel regno delle cucine regionali. E’ l’hamburger, tributo alla globalizzazione dei sapori che fa storcere la bocca al gourmet ma miete pasti a suon di sandwich (30 mila punti vendita McDonald’s, per restare ad uno solo dei marchi del fast food della carne tritata, uno ogni 18 ore a vedere la luce nel mondo). L’Italia, e precisamente Bolzano, ha ceduto nel 1984, seguita da Roma che oggi si vanta, senza titolo, di essere stata la prima location McDonald’s della Penisola.

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Ora un piccolo libro di 160 pagine, Hamburger, edito da Astraea, e scritto da  Mike Heneberry e Cathy Cavender (£8,90), ci accompagna nel mondo della polpetta d’oro, icona del vivere tra gli spazi della sconfinata provincia americana  come nel chiasso della città dove il tempo incalza e mangiare  è un intralcio.

Un libro divulgativo e con il piglio, tutto americano, della guida pratica che finisce col riabilitare questo piatto tipico della cucina d’Oltreoceano, preparato spesso (perché no?) con attenzione per le materie prime, per i dettami della tradizione e in qualche occasione nobilitato dalla fantasia dello chef.

Un libro ricco di informazioni utili: storia, business, consigli pratici sulla cottura e sulla scelta della carne, ricette (anche di contorni), suggerimenti su bevande e dessert con cui accompagnarlo, una guida ai migliori ristoranti di hamburger dal Maine alla California.

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Sulle origini dell’hamburger  sarà interessante apprendere che  le versioni più accreditate sono almeno quattro: 1) viene inventato, nel 1885, da un venditore ambulante di polpette del Wisconsin che ha l’idea brillante di mettere la sua carne tra due fette di pane per facilitarne la consumazione. 2) Intorno al 1880, ad Hamburg, nell’Ohio, e sempre due venditori ambulanti (questa volta di panini con salsicce), rimangono senza carne di maiale e, per l’eccessivo caldo, decidono di macellare carne bovina che insaporiscono, previa tritatura, con caffè e zucchero grezzo battezzando il preparato hamburger (ancor oggi, all’Hamburger Festival di Akron, nell’Ohio, i nipoti dei presunti inventori del panino più famoso d’America lo servono nel loro ristorante nella versione tradizionale con caffè e zucchero). 3) Siamo a cavallo tra Ottocento e Novecento quando un ex vasaio apre un caffè nella piazza del tribunale di Athens, nel Texas, dove serve panini fatti con bistecca di carne tritata cotta alla griglia finendo, per il gran successo, alla fiera internazionale di St. Louis e sul New York Times. 4) Sempre alla fine dell’Ottocento, un immigrato danese spilorcio, che vende panini con bistecche su un furgoncino a New Haven, nel Connecticut, ha l’idea di tritare gli avanzi della carne e di spalmarli fra due fette di pane (a New Haven l’hamburger è cotto oggi ai ferri verticalmente, su griglie originali in ferro battuto e servito con pane bianco, rigorosamente senza aggiunta di ketchup).

Per la voce business, gli autori ricostruiscono un po’ di storia delle grandi catene di fast food americane. Dopo White Castle, che vende panini a buon mercato nell’America della Grande Depressione (oggi l’azienda possiede più di 380 ristoranti negli Stati Uniti e ha già raggiunto il traguardo del miliardo di “pezzi” venduti), è la volta dell’hamburger da due pollici e mezzo venduto dalla Krystal negli anni Trenta. Nel 1948 arrivano sul mercato i fratelli McDonald che aprono un ristorante drive-in di hamburger a San Bernardino, in California e intuiscono la forza di una formula che finirà col rivelarsi vincente: “una catena di montaggio che assicura il rapido movimento di hamburger, clienti e profitti” . Oggi McDonald’s è la più grande catena di ristorazione del mondo, seguita da altri giganti globali come Burger King e Wendy’s cui si aggiungono le tante catene regionali, come Whataburger, presente negli stati del Sud, che serve polpette di 100 grammi in panini del diametro di 13 cm., o In-U-Out Burger, in California, Nevada e Arizona, con il suo panino 4 per 4, quattro pezzi di carne e altrettanti di formaggio. O ancora Fat Burger, in California, Nevada e Stato di New York, che utilizza carne non congelata e gelato di produzione artigianale per il milkshake. E’ nelle catene regionali che si registrano le maggiori variazioni sul tema. Come il doppio cheeseburger con salse speciali servito dalla catena Duchess, nel Connecticut, oppure l’hamburger di carne magra e pane leggermente tostato e imburrato, venduto nei Culver’s Frozen Custard Restaurants del Wisconsin, o l’hamburger al peperoncino servito dai punti vendita Original Tommy’s, nella California meridionale.

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Il libro non risparmia consigli pratici sul taglio di carne da preferire (in pole position la spalla tritata, con il 20% di grasso che rende l’hamburger morbido a cottura ultimata), su apporto calorico (115 g. di carne cucinata alla griglia più  il pane e gli altri ingredienti fanno 425 calorie), su igiene e modalità di cottura (mai schiacciare la polpetta: appesantirebbe l’hamburger!), sull’attrezzatura, sul tipo di pane da utilizzare (il libro ne propone e ne decrive 10), sul condimento e sul formaggio (in cima alla lista dei 12 preferiti compaiono il Brie, il Cheddar, il Cheez Whiz, la Feta, ma ci sono anche il Gorgonzola, il Parmigiano e il Provolone.

Molto interessante è la sezione dedicata alla guida ai migliori ristoranti di hamburger a conduzione famigliare. Fuori dal tiro delle grandi e piccole catene, è infatti tutto un fiorire di curiosità e indirizzi utili.

Come l’hamburger vegetariano del Café Max&Rosie’s di Asheville, North Carolina o lo starving student special (il “piatto del giorno per lo studente affamato” con hamburger, birra piccola e patatine fritte a $4,59) venduto nel rifugio hippy della cittadina di Boulder, Colorado, o il doppio medaglione da quasi mezzo chilo di spalla tritata al Teddy ‘2 Biggerburgers di Honolulu. Senza dimenticare l’hamburger più caro del pianeta, servito nel DB Bistro Moderne, nel quartiere dei teatri di New York e preparato dallo chef Daniel Boulud, uno dei più conosciuti della città: un hamburger con tartufi a 59 dollari (99 nella versione con doppi tartufi). La versione “economia” di Daniel Boulud è un panino a 29 dollari con costoletta tritata di prima qualità avvolta intorno a coste brasate nel vino rosso con tartufi e foie gras, servita su un panino dolce al parmigiano con conserva di pomodoro e niente ketchup.

Conclude il libro una ricca sezione dedicata alle ricette: 42, per la precisione. Si va dall’hamburger classico alla versione Messy Moe’s in salsa piccante, dal Swissburger con Emmenthal al Kiss-me burger per i patiti dell’aglio, dall’hamburger di salsiccia a quello al pesto, dall’hamburger di fine mese, da preparare con gli avanzi, al Maghreb burger con datteri e tacchino. Più 13 ricette di contorni e salse, 4 di bibite e altrettante di dessert.