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La guida ai cinque piatti migliori di sempre creati da Massimo Bottura

martedì, 22 Marzo 2011 di

All’hotel Cervetta 5 di Modena mi salutano per nome, brutto segno: significa che mi sto facendo vecchio e che vengo troppo spesso a “sciacquare i panni” in Francescana. L’ho scritto e lo ripeto, mi piace questo posto, tra i più belli e eleganti dello stivale. Spazi puliti, mobili firmati nelle edizioni giuste, molta arte contemporanea alle pareti. Un servizio che oramai è diventato uno stile, supervisionato da Beppe Palmieri, sempre più wine coach. E poi lui, Max eterno ragazzo in sneakers d’ordinanza, giovane maestro della cucina italiana che ha segnato questo inizio millennio in maniera forte e indelebile.

Ricordo ancora l’emozione la prima volta che mi sono accomodato a questa tavola, sotto una grande foto di vanessa Beecroft, relativamente sconosciuta. Di arte alle pareti della Francescana da allora ne è passata tanta, come di piatti, secondo il talento al fulmicotone di Chef Bottura. Chissà che fine ha fatto quel divano Hermann Miller all’entrata per il quale ancora sbavo?

E allora ecco l’urgenza di un nuovo gioco. Preso dalla suggestione per alcune nuove invenzioni provate ieri, inizio un viaggio sul filo dei ricordi di quelli che sono stati i piatti che più mi sono restati dentro

1) Inizio subito dalla novità immaginate una mucca al pascolo di primavera, come ci ha detto Massimo un piatto che non ha ancora un nome, nato dallo spunto di una materia prima: una straordinaria cagliata di reggiano, fresca e fragrante. Da qui la suggestione della primavera con i germogli di stagione. Al naso una zaffata di clorofilla e sole, in bocca una dinamicità pazzesca, tra il verde dei germogli e la morbidezza sfacciata del latticino. Una portata che si nutre di contrappunti. Spiazzante

2) Poi  un classico, l’uovo embrionale farcito di brodo di ragù, per questo piatto anni fa dissi la quadratura del cerchio. Come il cerchio di Giotto, un gesto che rompe i confini tra tradizione e innovazioni, tra sapori di casa e di tecnica. Un piatto di grande cucina che si nutre ugualmente di passato e moderno. Rivoluzionario

3) Un evergreen, Omaggio a Monk, ricordo ancora quando lo assaggiai. Un piatto dalla bellezza disarmante. Come tutti i belli, rischiava di essere sopraffatto dall’estetica. Ma appena l’ho messo in bocca nulla è stato più lo stesso. Consistenze, sapori, afrori hanno iniziato a danzare per una portata che sa di mare, tempesta, notte e modernità. Forse il più grande piatto di Bottura, ha tutto! Definitivo

4) Non so più quanti anni fa assaggia per al prima volta cinque età del Parmiggiano Reggiano in diverse consistenze e temperature, ma so perfettamente che è un piatto che amo particolarmente, ha tutto: heimat, materia, consistenza e divertimento. Un gioco serissimo, intorno ad un alimento che dall’Emilia è diventuto simbolo dell’ Italia. Patriottico

5) Chiudo con un’altra invenzione recente, concentrazione di un ossobuco. Una portata in cui tutto è familiare e niente è come sembra. Il classico ossobuco con risotto, viene scomposto e scandagliato al milimmetro. Il riso viene disidratato e fritto, e la carne perde fisicità per diventare profumo. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” (Tomasi di Lampedusa). Poetico

Foto: Paolo Terzi, Per-Anders Jorgensen, Francesco Arena, Alessandro Bocchetti