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Kasher. La domenica a pranzo a Milano aspettando il capodanno ebraico

venerdì, 07 Settembre 2012 di

Una domenica kasher, ovvero cosa si prova a entrare in contatto con la cultura ebraica, non da turisti in visita al ghetto ma da comuni avventori al ristorante.
Nella zona 7 di Milano si trovano diversi esercizi commerciali che fanno riferimento alla cultura ebraica, probabilmente anche a ragione del fatto che, qui, risiede una comunità numerosa.

Non lontano dalla fermata della metropolitana di Bande Nere, c’è il ristorante Carmel che, per l’appunto, segue i dettami Kasher in cucina. 
Provare piatti volgarmente detti “etnici” è gratificante per il palato e per la mente ma, nella maggior parte dei casi, i ristoratori creano, a misura del cliente, situazioni evocative della cultura d’origine, spesso più facilmente basate su stereotipi che non su effettivi elementi di appartenenza.

Invece, il Carmel è semplicemente un ristorante-pizzeria, con un arredo piuttosto comune nel genere e un menù che include piatti della tradizione, ma anche svariati tipi di pizza e, tanto per fare un esempio che mi chiama in causa, le lasagne al pesto. Il valore aggiunto viene dato dalla clientela che, fatta eccezione per la scrivente e gli amici, era composta solo da membri della comunità ebraica.

Molto rassicurante vedere queste famiglie ebree consumare il pranzo della domenica (anche se, come noto, il giorno festivo nella religione ebraica è il sabato durante cui i pasti si consumano in famiglia; presumo che il pranzo della domenica possa essere vagamente paragonato alla pizza del sabato sera), indice del fatto che il ristorante Carmel risponde ai criteri Kasher e serve piatti che non vengono solo definiti tradizionali ma lo sono effettivamente.

Molto affascinante vedere gli uomini indossare la kippà, il piccolo copricapo che viene utilizzato per non presentarsi mai a capo scoperto a cospetto del Signore, in segno di rispetto; o riuscire a cogliere l’intimità della preghiera di fine pasto anche in un contesto, dove, ovviamente, le chiacchiere difficilmente si fermano.

Il cibo è un aspetto fondamentale della cultura ebraica, ogni festività prevede un elemento edibile dal significato religioso. Sulla tavola sabbatica, ad esempio, figurano cibi diversi da quelli che si consumano durante la settimana, sebbene preparati il giorno prima (durante lo shabbat bisogna astenersi dal lavoro, quindi anche dal cucinare); non potranno mancare le challot, i pani del sabato a forma di treccia, che devono essere due per ricordare la doppia razione di manna caduta dal cielo, alla vigilia del sabato, sugli ebrei nel deserto, per evitare che dovessero raccoglierla nel giorno di festa.

Ancora, per Purim (la festa delle sorti) quando si preparano le orecchie di Hamàn, dolci ripieni di frutta, e si può bere al punto di maledire “i buoni” e benedire “i cattivi”; mentre, per il Capodanno ebraico (che si festeggerà tra pochi giorni, nella notte tra il 16 e il 17 settembre), si consumano cibi in cui prevale la dolcezza, in particolare la mela intinta nel miele, con l’augurio che l’anno nuovo sia felice.

Al Carmel abbiamo assaggiato una serie di specialità: falafel accompagnati da verdure miste, con “dip” di melanzane, hummus e il laffa (sorta di pita); calzones alla libanese, ravioli ripieni di formaggio; kebab di pesce sottoforma di gustose quenelle.
 Va ricordato che, seguendo le regole kasher, i cibi a base di carne devono rimanere separati da quelli contenenti latte e il pasto deve essere o a base di carne o a base di latte (infatti, tutti i secondi proposti dal Carmel sono a base di pesce). Secondo la tradizione, il motivo per cui il latte non va mescolato alla carne è che il primo è un alimento creato per dare la vita, mentre la seconda proviene da un animale morto.


Domenica è stato possibile visitare anche la sinagoga situata in Via Guastalla, in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, momento di condivisione con la comunità ebraica.
 Nel cortile della sinagoga, piccoli stand con altre specialità gastronomiche, dove ho assaggiato il dolce halva, un panetto preparato con tahina (pasta di sesamo), zucchero, acqua e altri ingredienti a piacere, come la vaniglia o i pistacchi; la torta sofra, di semola con pinoli, mandorle e uvetta; nonché il ben noto baklawa.
 Inoltre, era possibile assistere a un corso live sulla preparazione dei piatti più conosciuti della tradizione ebraica realizzato da Labna, il foodblog di cucina ebraica nato dalla passione di due amici, Manuel e Jasmine, molto simpatici e disponibili.

Non resta, quindi, che aspettare il Capodanno: dopotutto festeggiarne due nello stesso anno non è una cattiva idea!

[Paola Caravaggio]