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Il pomodoro cinese in Italia è solo di passaggio o è una bufala?

martedì, 29 Settembre 2015 di

pomodoro cinese

L’importazione di concentrato (semilavorato) di pomodoro cinese in Italia per la rilavorazione avviene per la quasi totalità  in regime di cosiddetta temporanea importazione. “In pratica le aziende italiane importano il concentrato per rilavorarlo e destinarlo ai mercati esteri”, spiega Giovanni De Angelis, direttore dell’Anicav.

Abbiamo estratto la dichiarazione dal comunicato stampa inviato dall’Anicav, la più grande Associazione di rappresentanza delle industrie conserviere italiane, che rappresenta la risposta – cito testualmente – “alla polemica nata dal servizio delle Iene sui presunti prodotti italiani contenenti pasta di pomodoro cinese“.

Le Iene avrebbero montato quindi una grande bufala e sulle nostre tavole ci sono solo pelati e passate 100% italiani.

pomodori San Marzano

L’inghippo, perché di inghippo stiamo parlando, sarebbe in questa affermazione: Esistono le importazioni di concentrato per la passata di pomodoro, ma sono solo di passaggio.

Ecco, ora dovremmo essere più tranquilli perché “Gettare ombre sull’intera industria di trasformazione del pomodoro, per il mancato rispetto delle normative vigenti da parte di alcune aziende, danneggia l’immagine di un settore d’eccellenza del Made in Italy”.

L’accusa delle Iene sembrava circoscritta solo ad alcune realtà, tre, del sistema conserviero.

Peccato che nel fare chiarezza l’Anicav non dica quali sono i nomi delle aziende.

Azienda numero 1 pomodoro cinese

L’azienda numero 1 è una ditta vicino Napoli più volte inquisita per frodi alimentari che comunque vende nelle più grandi catene di supermercati.

Azienda numero 2 pomodoro cinese

L’azienda numero 2 ha una grossa sede in centro Italia che vende prodotti a base di pomodoro italiano in tutto il mondo e che a loro non risulta avere alcun problema con la legge.

Azienda numero 3 pomodoro cinese

L’azienda numero 3, invece, è stata condannata in primo grado per una truffa legata al pomodoro cinese.

A noi, e penso ai lettori, piacerebbe conoscere i nomi sotto ai bip. Ma forse queste aziende non fanno parte dell’Anicav.

Però, forse, l’Anicav avrebbe dovuto pretendere questa chiarezza alle Iene.

Ad ogni buon conto, ecco il comunicato stampa copia – incollato. Che non si dica che parteggiamo per le bufale. Noi siamo per i migliori pomodori italiani che abbiamo racchiuso in questa classifica.

Anche perché all’Anicav condannano “fermamente ogni tentativo di frodare questo sistema di controllo (del concentrato), a maggior ragione se c’è in ballo la salute del consumatore”.

Le conserve di pomodoro vendute sugli scaffali dei nostri supermercati sono ottenute da prodotto 100% italiano. Gettare ombre sull’intera industria di trasformazione del pomodoro, per il mancato rispetto delle normative vigenti da parte di alcune aziende, danneggia l’immagine di un settore d’eccellenza del Made in Italy”. È la risposta di Antonio Ferraioli, presidente di ANICAV, la più grande Associazione di rappresentanza delle industrie conserviere italiane, alla polemica nata dal servizio delle Iene sui presunti prodotti italiani contenenti pasta di pomodoro cinese.

Secondo il presidente di ANICAV, quella del pomodoro cinese spacciato per made in Italy è una “leggenda metropolitana” alimentare più volte smentita nel corso degli anni, ma dura a morire. “Ipotizzare che barattoli di pelati, polpa o pomodorini  possano essere prodotti utilizzando concentrato, italiano o cinese, è come pensare di poter trasformare il vino in uva – spiega Ferraioli. – Prodotti in scatola come pomodori pelati, pomodorini e polpa possono essere prodotti solo da pomodoro fresco. Quello destinato alla produzione di pelati è al 100% italiano, viene raccolto fra luglio e settembre e viene lavorato in azienda entro poche ore dalla raccolta.”

E anche sull’origine delle materie prime della passata di pomodoro gli italiani possono ritenersi sicuri. Il direttore di ANICAV Giovanni De Angelis ricorda infatti che per la legge italiana vi è l’obbligo di produrla soltanto da pomodoro fresco, che deve essere lavorato entro 24/36 ore dalla raccolta. Per questo, De Angelis aggiunge, “lavorare prodotto fresco proveniente da altri paesi, specie dalla lontanissima Cina, sarebbe impossibile per la distanza, oltre che antieconomico per l’impatto sui costi. Tacere sull’origine degli ingredienti è, inoltre, contro la legge. Per la passata è obbligatorio indicare l’origine della materia prima utilizzata, precisando la Regione o lo Stato in cui è avvenuta la coltivazione del pomodoro”.

Importazioni di concentrato per la passata di pomodoro? Sì, ma solo “di passaggio”

L’importazione di concentrato (semilavorato) in Italia per la rilavorazione avviene per la quasi totalità  in regime di cosiddetta temporanea importazione. “In pratica – prosegue il direttore di Anicav – le aziende italiane importano il concentrato per rilavorarlo e destinarlo ai mercati esteri”.

A proposito dei quantitativi di prodotto importato dalla Cina, ANICAV ricorda che da questo Paese l’Italia importa soltanto concentrato (semilavorato) e non pomodoro fresco o altri derivati del pomodoro. Detto che il consumo di concentrato (dati IRI) in Italia è minimo, pari all’1,6% del mercato dei derivati, secondo l’Istat, dal 2012 ad oggi, l’importazione di concentrato dalla Cina si è ridotta del 80%, passando da circa 72mila tonnellate del 2012 alle 14mila del 2014. Meno del 10% del totale del pomodoro concentrato importato (144mila tonnellate), contro circa 80mila tonnellate importate dagli USA, 33mila dalla Spagna.

Con riferimento al passaggio del servizio delle Iene in cui i produttori cinesi dichiarano che il loro concentrato, anche se avariato, arriva facilmente in Italia per mancanza di controlli alle Dogane, De Angelis tiene a precisare che  “le importazioni di concentrato avvengono nella piena legalità. La merce che arriva in Italia è sottoposta a controlli qualitativi e quantitativi effettuati dalle Autorità doganali a cui vanno aggiunte le verifiche realizzate dalle aziende presso i propri stabilimenti”. In ogni caso l’importazione del concentrato – al pari di qualsivoglia prodotto alimentare – deve rispettare i parametri imposti dal Paese di destinazione (nel nostro caso l’Italia/l’Unione Europea), non di quello di provenienza (Cina, USA, ecc.). Condanniamo fermamente ogni tentativo di frodare questo sistema di controllo, a maggior ragione se c’è in ballo la salute del consumatore. Ci riserviamo di procedere legalmente nei confronti di qualsiasi frode alimentare o truffa che getti discredito sull’immagine del settore”.

I nostri industriali sono da sempre favorevoli all’indicazione di origine obbligatoria. “Ne è testimonianza –  ricorda De Angelis – il fatto che la stragrande maggioranza dei nostri associati già indica sull’etichetta la provenienza italiana del pomodoro, proprio per garantire massima trasparenza al consumatore”.

È indispensabile per ANICAV tutelare il pelato, tutti i derivati del pomodoro e le proprie aziende di trasformazione che, producendo un fatturato pari a oltre 1,5 miliardi di euro sui  3 miliardi di volume d’affari nazionale, rappresentano uno dei principali traini dell’economia italiana.